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RAPPORTO ISTAT, METÀ DELLE FAMIGLIE GUADAGNA MENO DI 2.300 EURO; SEMPRE PIU’  BASSA LA FECONDITA’;

“Il Pil italiano cresce dell’1,9, in netto progresso rispetto al 2005, attestandosi vicino al livello della Francia, ma al di sotto degli altri paesi membri dell’Unione. Significativa la ripresa nel settore industriale (crescita del 2,6% nella produzione)”. È uno dei dati che emerge dal Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2006 dell’Istat, presentato oggi a Roma. Sono sempre presenti aree di vulnerabilità e frammentazione nel mercato del lavoro italiano e sono connesse con le caratteristiche strutturali del nostro sistema produttivo, riguardano in particolare le imprese individuali e di piccole dimensioni. Aumenta la quota di popolazione inserita nell’attività lavorativa, anche grazie alla flessibilità (part-time, tempo determinato, lavoro interinale), ma perdura l’ampiezza del mercato del lavoro “irregolare”: si stimano in quasi 3 milioni (il 12,1%) le unità di lavoro irregolari nel 2005. “Sono soprattutto nel Mezzogiorno coloro che cercano lavoro (disoccupazione al 12,3%), sono giovani (tasso di disoccupazione 21.6%) e sono donne”. Rimane, comunque, difficile l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro, condizionate dagli impegni familiari; dal carico di lavoro domestico, dall’offerta inadeguata di servizi per l’infanzia e da un sistema di welfare che non sostiene in maniera adeguata le attività di cura e assistenza alla famiglia. Si registrano soprattutto nel Mezzogiorno, rileva il Rapporto Istat 2006, “i problemi principali del mercato del lavoro italiano”. Considerando la situazione dell’occupazione nei sistemi locali del lavoro nel Mezzogiorno sono soltanto “in Abruzzo e Sardegna le situazioni migliori”, mentre nelle altre regioni della ripartizione “il divario con il resto dell’Italia e con l’Ue rimane”. Un ampio gruppo, che comprende circa il 42% della popolazione del Mezzogiorno, è caratterizzato da una forte sottoutilizzazione delle risorse: “si tratte di aree collocate in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia”. Più basso che nel resto del Paese, il tasso di occupazione delle donne nella stessa ripartizione: il 31,1%, 15 punti percentuali al di sotto della media nazionale; particolarmente grave il ritardo nella partecipazione al mercato del lavoro per le donne in coppia con figli tra 35 e 44 anni, ritardo dovuto a impegni di cura; in questa fascia il tasso di occupazione si attesta attorno al 38% nel Mezzogiorno, mentre oscilla tra il 63 e il 72 nelle altre ripartizioni. Altro problema riscontrabile al Sud è “quello della diffusione dell’occupazione irregolare; l’incidenza di questa tipologia di lavoro in alcune regioni è vicina o superiore al 20%, circa 3 volte i valori del Nord”.

“È stato di circa 2.750 euro (inclusi i trasferimenti monetari a favore, circa 750 euro, e i fitti imputati delle abitazioni) la media del reddito per le famiglie residenti in Italia nel 2004”: questo è uno dei dati del Rapporto Istat 2006, che utilizza i dati della nuova indagine europea sui redditi (Eu-Silc). Tuttavia, “metà delle famiglie ha guadagnato meno di 2.300 euro; il reddito medio più basso è quello percepito dalle famiglie di anziani soli: circa 1.400 euro”. Per quest’aspetto il divario territoriale è forte: “le famiglie del Mezzogiorno hanno un reddito pari a circa tre quarti del reddito delle famiglie del Nord”. Nella distribuzione del reddito, le famiglie che si collocano nel 20% più povero, percepiscono soltanto il 7,8% del reddito totale, mentre la quota di reddito del 20% più ricco risulta del 39,1%. Il reddito medio equivalente delle famiglie della fascia più povera supera di poco i 1.000 euro al mese. Nel 2005 le famiglie che hanno registrato una spesa per consumi inferiore alla soglia di povertà sono 2,6 milioni, pari all’11,1% delle famiglie residenti. “Un elevato numero di componenti, la presenza di figli, specialmente di minori, o di anziani in famiglia, un basso livello di istruzione e scarsa partecipazione al mercato del lavoro” sono i fattori associati alla povertà che contribuiscono a determinare forti divari territoriali.

“È bassa la fecondità in Italia: 1,35 figli per donna nel 2006”: è quanto emerge dal Rapporto Istat 2006. Aumenta, invece, la speranza di vita grazie alle migliori condizioni di vita e ai progressi in campo medico. “Questi fattori collocano il nostro Paese – rivela il Rapporto – ai primi posti della graduatoria mondiale della speranza di vita: 78,3 anni per gli uomini e 84,0 per le donne alla nascita; 16,8 per gli uomini e 20,6 per donne, a 65 anni. Siamo perciò il Paese più vecchio d’Europa”. Con l’invecchiamento aumentano i rischi sociali e le spese per servizi di assistenza, con notevoli aggravi di costo sulle famiglie. La quota maggiore della ricchezza del paese viene destinata ai trasferimenti monetari e alle prestazioni in natura a favore degli anziani: 51,3% contro il 41,2 dell’Ue15. Vengono quindi compresse le risorse da destinare alle politiche per le famiglie (il 4,4% contro il 7,8% dei paesi Ue15). È la spesa previdenziale, dunque, l’uscita più rilevante del bilancio della protezione sociale. Nel 2005 sono stati spesi in Italia 215 miliardi di euro per prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali, ma la maggior parte dei pensionati (il 55%) percepisce un importo mensile che non supera i 1.000 euro e il 23% si trova nella fascia tra i 1.000 e i 1.500 euro.

“Sono 2,8 milioni al 1° gennaio 2006, il 4,7% dei residenti totali, gli stranieri con regolare permesso di soggiorno presenti nel nostro Paese”: è uno dei dati del Rapporto Istat 2006. I due terzi della presenza regolare sono stranieri provenienti da 15 paesi di ogni area geografica del pianeta, mentre “circa un terzo della quota totale si distribuisce tra le 3 cittadinanze, con oltre 200 mila presenze regolari: Romania, Albania e Marocco; con oltre 100 mila presenza regolari seguono Cina e Ucraina”. Riguardo alle comunità cresciute più intensamente, sono quelle provenienti dall’Est europeo: al 1° gennaio 2006 superavano il milione di unità, pari al 38,4% dei residenti stranieri in Italia. Rilevante anche l’incremento degli studenti di cittadinanza non italiana, più che raddoppiati negli ultimi cinque anni. Più alta la propensione ad avere figli tra le donne straniere rispetto alle italiane, 2,45 figli per donna; su 554 mila iscritti in anagrafe per nascita nel 2005, il 9,4% è di cittadinanza straniera. Crescono i matrimoni tra gli stranieri celebrati in Italia. Nel 2005 oltre 33mila nozze con almeno uno sposo straniero, il 13,5% dei matrimoni registrati in Italia. Aumentano anche i matrimoni misti (circa 23.500 nozze), che costituiscono anche la causa più frequente di acquisizione della cittadinanza italiana.

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