Italia

SETTIMANALI CATTOLICI: CONVEGNO FISC; DE SIERVO: FARE CHIAREZZA NEI RAPPORTI STATO E REGIONE

“Il nostro regionalismo attualmente soffre di una mancanza di chiarezza. Questo viene pagato soprattutto dalle aree più in difficoltà come la Calabria e il Sud Italia”. È quanto ha detto questa mattina a Reggio Calabria il giudice costituzionale Ugo De Siervo parlando su “Stato e Regioni: unità e autonomie. Per una riforma condivisa”, nel corso della seconda giornata del convegno nazionale della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) in corso nella città dello Stretto fino a domani. “Dopo i grandi dibattiti – secondo De Siervo, che ha ricordato come in Italia siano nate le regioni senza un vero regionalismo – occorre realizzare concretamente ciò che è già presente nella nostra Carta costituzionale: ed è molto”. Si tratta “di fare chiarezza nelle responsabilità e nei confini tra Stato, Regioni ed Enti Locali”, di “finanziare in modo autonomo Regioni ed Enti locali stabilizzandoli. Solo dopo tutto questo, che va fatto rapidamente, si potrà rivedere, forse in qualche punto particolare, la Costituzione, ma per ora ciò che occorre con grande urgenza è riportare chiarezza tra i confini dei vari organi istituzionali”. Per De Siervo, quindi, bisogna “valorizzare la dimensione istituzionale. La politica deve smetterla di fare tutto a prescindere dai quadri di chiarezza e di legalità”. Secondo il costituzionalista le tre riforme costituzionali apportate otto anni, pur con i loro limiti e alcune incongruenze (per esempio nella ripartizione delle competenze) devono essere completate da una legislazione ordinaria del Parlamento, che stabilisca tempi, modi e regole della riforma regionalista. La mancanza di queste norme di contorno ha portato ad un aumento esponenziale di ricorsi alla Corte Costituzionale (quelli per controversie tra Stato e Regioni sono passati da una media del 20% all’attuale 50%), ma non spetterebbe alla Corte risolvere questi conflitti quanto piuttosto al Parlamento. De Siervo ha anche individuato tre nodi da sciogliere perché il nostro sistema delle autonomie regionali funzioni davvero: dare seguito all’articolo sull’autonomia impositiva delle regioni, riorganizzando tutto il sistema della finanza pubblica, rivedere la ripartizione delle materie di competenza dello Stato e delle Regioni chiarendo meglio attraverso leggi ordinarie le procedure decisionali, coinvolgere le autonomie locali nel processo decisionale sulla materie miste: a questo proposito, in attesa di un’eventuale riforma del bicameralismo della quale si parla da tempo, potrebbe essere attuata la norma costituzionale che prevede già la sperimentazione di forme di collegialità. Anche le Regioni da parte loro, ha detto ancora De Siervo, hanno le loro colpe. Cinque su 15 di quelle a statuto ordinario non hanno ancora approvato un nuovo Statuto così come chiedeva la riforma del 1999. E la mancanza di questi Statuti impedisce di avere regole chiare nei rapporti tra le varie istituzioni regionali (consiglio, giunta, presidente…). “Occorre lavorare sempre più per soddisfare i bisogni della gente mentre oggi le regioni italiane sembrano meno attive nel fare leggi e decreti attuativi. La promulgazioni di leggi e la definizione di regole sono fondamentali per orientare al bene comune il potere dei nostri amministratori regionali”. Così il giudice costituzionale Ugo De Siervo ha risposto ad alcune domande dei partecipanti al convegno nazionale della Fisc. Secondo De Siervo, “intorno alle istituzioni si creano spesso delle sacche di potere insopportabili”: fare leggi e dare regole “non è, quindi, aumentare la burocrazia ma limitare la creazione di queste sacche”. Il giudice costituzionale soffermandosi poi sul ruolo delle cinque Regioni italiane a Statuto speciale ha ricordato che esse hanno trovato la loro “legittimazione originale in speciali situazioni sociali ed economiche” o in “difficili situazioni di necessaria convivenza fra popolazioni locali di lingua e culture del tutto tipiche, superando inaccettabili regimi giuridici precedenti”. Da ciò – ha detto De Siervo – sono derivati “modelli organizzativi tra loro alquanto differenziati e certo alquanto diversi da quello uniformemente riconosciuto a tutte le altre Regioni”. Dopo sessant’anni dalla loro costituzione queste Regioni, secondo il costituzionalista, a causa anche dei mutati sistemi istituzionali, dovrebbero “mutare il loro assetto giuridico”: una mutazione “naturale al di là di alcuni timori delle classi politiche locali”. Per De Siervo, le ragioni della “specialità” di queste Regioni devono “rivivere nel diverso assetto del regionalismo italiano, senza arroccamenti su istituzioni desuete o su caratteristiche che erano tipiche del regionalismo di sessant’anni fa”. La classe politica italiana – ha proseguito – “attenta ai profili economico-sociali” è “povera” sul piano della “conoscenza effettiva dei fenomeni istituzionali”. Ciò – ha concluso – può aiutare a spiegare “gli improvvisi e singolari mutamenti degli anni più recenti quando si è cominciato a parlare di federalismo senza un minimo realistico riferimento a cosa sono davvero i moderni Stati federali, con le loro enormi differenze, rispetto alle istituzioni da noi esistenti, in termini di competenze, di mezzi finanziari e di apparati”. (FONTE: SIR)