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Scienza & vita: per parlare di obiezione di coscienza occorrono parole nuove

Introdotta dai saluti della rinnovata presidenza associativa, Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, la giornata è stata attraversata da un filo rosso che ha evidenziato come la società stia affrontando la rinnovata complessità dell’emersione di nuove problematiche concernenti la vita umana e il diritto all’obiezione.

“Di fronte agli scenari problematici che attraversano il territorio civile del nostro Paese, occorre arricchire il nostro vocabolario di parole nuove che dicano con energia e con rispetto lo sfondo valoriale e le motivazioni giuridiche che vivono dentro la sfera dell’obiezione e che vanno oltre le scelte religiose, deontologiche, politiche”, così la Presidente Paola Ricci Sindoni nel suo intervento di apertura che ha delineato anche le tematiche trattate durante la due giorni del Convegno. L’obiezione di coscienza, ha detto, è un “felice paradosso della giurisprudenza” secondo la quale “per legge si può rifiutare una parte della legge, non contra legem ma secundum legem”. L’obiezione, così, si configura come “il segnale di attenzione al comune sentire dell’uomo: non c’è libertà senza responsabilità e viceversa. Medici e operatori sanitari vengono spesso lasciati soli, pertanto occorre – ha spiegato – arricchire il nostro vocabolario di parole” affinché “esprimano con energia e rispetto lo sfondo valoriale e giuridico sottostante, che va oltre scelte religiose, deontologiche e politiche”. Serve, ha auspicato, “coniugare principio e fatto, valore ed esperienza, riflessione e pratica”.

Storicamente fondata e arricchita da questioni etico-giuridiche la Lectio magistralis di Francesco Paolo Casavola, Presidente del Comitato nazionale di bioetica, che, dopo una lunga disamina della nascita e dell’evoluzione del diritto all’obiezione di coscienza, ha chiuso il suo intervento con un interrogativo: “Come non vedere che nella escussione del pendolo tra libertà di coscienza e responsabilità sociale dei nostri comportamenti non siamo stati allineati a quei valori che invochiamo ma che non riusciamo a realizzare?”.

Di grande impatto e respiro antropologico e giuridico le tre relazioni di Maurizio P. Faggioni, Luciano Eusebi e Angelo Fiori, che hanno declinato il tema con approfondimenti mirati che hanno contribuito a favorire l’ampliarsi del dibattito sotto diverse prospettive.

“La legge nel mondo moderno – ha detto padre Faggioni – vive un conflitto non tra leggi valoriali equivalenti, ma tra interno ed esterno, soggetto e legge sociale. La coscienza, ossia la ‘presenza a se stessi’, è un’istanza etica essenziale: l’uomo in quanto libero pone sé stesso di fronte al senso dell’esistere”. L’obiezione di coscienza evoca il conflitto possibile tra “l’ingiunzione di una legge” e “la concezione di bene”, configurandosi come “baluardo per la persona davanti allo Stato che impone le sue leggi e le sue prospettive: non un’opposizione tra ius e lex, ma tra ciò che si sente e ciò che è possibile fare”. In quest’ottica, “lo Stato deve accordare l’obiezione di coscienza non per rispetto di qualunque privatezza, ma per i valori che la società condivide. Occorre spostare l’attenzione dal rispetto della soggettività ai valori condivisi per cui ci sentiamo non in grado, in coscienza, di obbedire all’ingiunzione di una determinata legge”.

Secondo Luciano Eusebi, docente di Diritto penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, “siamo uguali perché i diritti non ci verranno riconosciuti in base a un giudizio, ma solo dall’esistenza in vita. Se viene messo in discussione il diritto alla vita si pone in dubbio il diritto all’uguaglianza. Non sono in gioco diritti negoziabili laddove la Chiesa stabilisce che certi diritti sono di sua competenza e non intende discuterne: essi hanno a che fare col cardine stesso dello stato moderno”. “In tutto questo – ha spiegato – l’obiezione di coscienza si pone sulla base della continua scommessa del dialogo nella nostra società. Non abbiamo da un lato la fedeltà al diritto e, dall’altro, un obiettore infedele: quando è in gioco un diritto inviolabile, quel diritto deve essere riconosciuto e – ha concluso – non si tratta di impuntature religiose”. Sul rapporto tra scienza e coscienza si è soffermato Angelo Fiori, docente emerito di Medicina legale alla Cattolica: due “fenomeni”, secondo l’esperto, “incrinano la prassi della scienza medica, la medicina alternativa e quella difensiva. Quest’ultima, esosissima: in Italia costa 13 miliardi di euro l’anno, a fronte di una spesa totale della sanità italiana pari a circa 120 miliardi. L’evoluzione della medicina – ha concluso – propone sempre più seri ma trascurati problemi di coscienza”.

Per “legittimare l’obiezione di coscienza la libertà religiosa e di pensiero non bastano”, ha detto da parte sua il presidente nazionale del Movimento per la vita, Carlo Casini, intervenendo al seminario di  Scienza&Vita. Per Casini occorre “che ci sia in gioco un valore così grande da giustificare una apparente contraddizione. Deve, cioè, trattarsi di un valore riconosciuto come fondamentale anche dall’ordinamento giuridico: e la vita umana è il valore fondativo di un sistema politico-giuridico giusto”. L’obiezione, che “è sotto attacco”, ha per il presidente del Mpv non solo la funzione “di difendere la coscienza individuale”, ma anche di mantenere “nella coscienza sociale la percezione del valore anche quando l’ordinamento si ritiene obbligato a violarlo”. Così l’iniziativa di raccolta di firme “Uno di noi”, ha aggiunto Casini, è “l’obiezione di coscienza dei popoli: se il concepito non è ‘uno di noi’, le motivazioni dell’obiezione diventano irragionevoli, sono soltanto discutibili opinioni effetto di scrupoli religiosi. Diversa è la situazione se la coscienza dei popoli grida ‘uno di noi’. In questo modo La scienza il sentire popolare si uniscono e sostengono a vicenda”, ma soprattutto, ha concluso, “sostengono chi non ha voce e chiede di essere salvato e accolto. Diventerà difficile non vederlo e ucciderlo”.