Italia

Tra Genoa e Pisa, le due facce dello sport

di Andrea Bernardini

Genova, domenica 22 aprile. Allo stadio Marassi ventidue giovani rincorrono un pallone. In palio: tre punti utili per continuare a giocare in serie A anche nella prossima stagione. I bianconeri toscani partono molto bene. Alla fine del primo tempo sono già in vantaggio di tre gol. Ad inizio della ripresa Luigi Giorgi, un ragazzone alto un metro ed 85 cm, segna un’altra rete. I tifosi locali si imbufaliscono. Contestano i loro beniamini. Lanciano in campo fumogeni. Chiedono ai rossoblù la restituzione della maglia. Partita sospesa per quaranta minuti. I calciatori, a bordo campo, piangono a dirotto. La condanna del governo del calcio non tarda. Molti invocano «tolleranza zero».

Pisa, domenica 22 aprile. Al palazzetto dello sport trecento giovani corrono, saltano, lanciano pesi, ridono, si abbracciano. In palio: una medaglia da affiggere in bacheca a ricordo della quarta edizione delle Olimpiadi interparrocchiali. Ad inizio giornata viene letto il «decalogo» dello sportivo. In pista si confrontano adolescenti in fiore e ragazzi appesantiti dall’eccessivo consumo di merendine. Il pubblico applaude gli uni e gli altri. Lo speaker meleggia la solita squadra di campioni ed incoraggia tutte le altre. Poi tutti a Messa. Dove gli atleti che hanno al collo la medaglia d’oro danno la mano ai ritardatari: tutti si riconoscono fratelli, perché figli di uno stesso Padre.

I due volti dello sport. Lo sport-industria, dove trovano spazio sacche di illegalità, sostanze dopanti, tanto denaro e cattivi maestri. E quello puro, disinteressato. Lo sport che educa alla lealtà, alla perseveranza, all’amicizia, alla condivisione, alla solidarietà. Lo sport educativo.

Ne hanno fatto un manifesto l’ufficio nazionale della Cei per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport, la Fidae e gli enti sportivi di ispirazione cristiana.

Quel documento è stato presentato dall’incaricato Cet Marcello Tognoni in occasione della recente assemblea regionale del Csi, tenutasi nel salone d’onore del Museo del calcio in Coverciano.

Carlo Faraci, pisano, è il nuovo presidente regionale del Centro sportivo italiano, una delle sigle che aderiscono al manifesto. Forse la più significativa: in Toscana il Csi organizza l’attività di 700 società sportive e di 45mila tesserati.

Qual è la vostra idea di sport?

«La stessa di papa Benedetto: lo sport possiede un notevole potenziale educativo. Praticato con passione e vigile senso etico, diventa scuola di formazione ai valori umani e spirituali. Una occasione che deve essere fornita a tutti».

Sì, a tutti. «Sogno una squadra di schiappe» ha detto il vescovo di Livorno Simone Giusti…

«Anch’io. Guardiamoci intorno. Troppi ragazzi, se poco dotati, non trovano spazio per fare sport. Se nessuno si occupa di loro, beh, lo facciano almeno gli oratori, le società sportive nate all’ombra del campanile».

Ce l’avete con i campioni?

«Oggi non augurerei mai ad un giovane di provare a calcare il terreno praticato da  un club professionistico: troppa selezione, la possibilità di uscire da quell’esperienza umiliato, frustato, è molto alta. Il risultato ha un peso eccessivo. Per arrivarvi molti sono convinti di poter aggirare anche le regole più elementari. E però sono certo che lo sport professionistico, da modello negativo, possa trasformarsi in un esempio positivo per le giovani generazioni».

Come?

«Se saprà rinnovarsi ed aprirsi al territorio. Potremo allora vedere campioni dello sport diventare testimonial preziosi per i nostri ragazzi».

Non è un caso se il Csi ha siglato intese con grandi club come l’Inter ed il Milan, con la lega Pro e con l’Associazione italiana allenatori finalizzate alla promozione dello sport oratoriale.

Il manifesto delle associazioni«A noi interessa uno sport per l’uomo aperto all’Assoluto, uno sport che sappia educare ai fondamenti etici della vita e consideri la persona nella sua dimensione unitaria: corpo, anima, spirito»: così i firmatari del «manifesto dello sport educativo», promosso dall’ufficio nazionale della Cei per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport, e sottoscritto da Fisae, Federazione italiana sportiva istituti attività educative, Centro sportivo italiano, Compagnia delle Opere, Libertas, Cnos (salesiani per lo sport), Us Acli, Confcooperative, Polisportive giovanili salesiane, Noi associazione oratori & circoli, Sportmeet, Entel, l’ente nazionale tempo libero di Mcl, e da Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia).

– «Ci riconosciamo nelle parole del beato Giovanni Paolo II, pronunciate in occasione del giubileo dello sportivo del Duemila: “grande importanza assume oggi la pratica sportiva, perché può favorire l’affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l’amicizia, la condivisione, la solidarietà”».

– «Riteniamo che lo sport non debba essere asservito alle logiche del mercato e della finanza, basato sull’arroganza dei “cattivi maestri”, sulla selezione dei più forti a scapito di uno sport per tutti, sull’illegalità, sull’uso di sostanze dopanti e che propone modelli e stili di vita centrati sull’egoismo, l’individualismo e il consumismo».

– «Siamo convinti – scrivono i firmatari dell’appello – che è possibile affrontare attraverso lo sport la “sfida educativa”, agendo con intenzionalità per il raggiungimento di valori, capacità personali, bagagli esperienziali, tradizioni culturali, sensibilità spirituali che sono la storia ed il presente delle nostre associazioni».

– «Noi crediamo che “l’attività sportiva rientra tra i mezzi che concorrono allo sviluppo armonico della persona ed al suo perfezionamento morale” (Benedetto XVI ai maestri di sci, 2010). Pertanto riteniamo necessario promuovere una rigenerazione della cultura sportiva che le restituisca la sua funzione educativa, ludica, ricreativa e la sua dignità culturale e civile. Risvegli negli operatori sportivi l’intenzionalità educativa attraverso un modello pedagogico attento ai “segni dei tempi” e sappia mettere la persona al di sopra dell’organizzazione, al di sopra dello spettacolo e al di sopra dei trofei. Investa nella formazione permanente degli educatori (allenatori, animatori, istruttori, dirigenti sportivi, arbitri, giudici di gara, operatori): solo una rigorosa formazione degli educatori, in tutti i loro ruoli, è condizione preliminare per conferire qualità umana, tecnica ed educativa all’esperienza sportiva. Solleciti le nostre associazioni ad essere sempre più un’esperienza formativa permanente: la dimensione associativa dello sport costituisce infatti un’importante risorsa di relazione e interazione sociale, una preziosa esperienza di educazione alla democrazia, alla partecipazione, alla corresponsabilità e all’esercizio della cittadinanza attiva e responsabile».