Lettere in redazione

Caso Parmalat e fallimenti immobiliari

Il caso Parmalat che riempe in queste settimane le pagine dei giornali e gli scermi della tv è significativo, per molti aspetti, ma in particolare perché mette in evidenza le responsabilità del sistema bancario, di chi doveva esercitare funzioni di controllo che non ha esercitato, contribuendo a vanificare i risparmi di tanta gente comune che da un giorno all’altro si è trovata letteralmente gettata sul lastrico. Sembra che i risparmiatori beffati e raggirati almeno non abbiano perso tutte le speranze di vedersi risarciti in tutto o in parte. Spero che sia così, anche perché Parmalat non è un fatto isolato, perché ci sono troppi casi simili, magari di dimensioni minori, ma non meno importanti e che, soprattutto, danneggiano allo stesso modo i lavoratori ed i piccoli risparmiatori. Mi riferisco ad un caso ben noto, in cui sono personalmente coinvolto: quello delle tristemente famose case della R.p.B. e C.S.I. di Cecina di via F.lli Rosselli e dell’ex via Montanara, che io, come molti altri, ho regolarmente comprato e pagato e che, poi, abbiamo ritrovato pesantemente ipotecate da quelle stesse banche che, chissà come e perché, avevano concesso ampi crediti alle società di cui sopra. Per lunghi mesi è stata condotta un’inconcludente trattativa ed una vana attesa speranzosa di vedere concluso un concordato fallimentare, tutte cose che fino ad ora non hanno prodotto nulla. Il mio non vuole essere un semplice sfogo, ma un appello perché le autorità locali, le istituzioni, i partiti, prendano atto che il caso non è chiuso, che occorre fare qualcosa, che occorre garantire chi ha la sola colpa di essere stato onesto.Lettera firmataCecina (Li) Quello segnalatoci dal nostro lettore, purtroppo, non è un caso isolato: secondo il Conafi (Coordinamento nazionale comitati vittime fallimenti immobiliari, www.conafi.net ) negli ultimi dieci anni circa 200 mila famiglie italiane sono rimaste coinvolte in vicende simili, rimanendo senza la casa che avevano regolarmente acquistato o costruito in cooperativa e perdendo anche le somme versate. Lo scorso anno la Camera ha approvato la legge delega n. 38 che, allineandoci ad altri paesi europei, prevede sia l’obbligo per il costruttore di ottenere una fideiussione bancaria o assicurativa che garantisca all’acquirente la restituzione delle somme versate in caso di fallimento, che contratti preliminari di vendita più trasparenti. Inoltre per le famiglie coinvolte in fallimenti avvenuti entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge, verrebbe istituito un fondo di solidarietà. Purtroppo a distanza di un anno il Senato non ha ancora neanche messo in calendario l’approvazione di questa legge (ddl 2195), per la quale, peraltro, sono state individuate alcune correzioni che ne allungheranno ulteriormente l’iter.La lettera tocca però anche un tema più generale, che è quello della responsabilità del sistema bancario. Il caso dei «bond» argentini prima e di quelli Cirio e Parmalat poi, oltre alla vendita di alcuni prodotti finanziari pericolosi (come «My Way» e «4 You»), che hanno mandato in fumo i risparmi di tante famiglie, hanno incrinato il rapporto di fiducia tra banche e consumatori, dimostrando anche che chi doveva controllare – Banca d’Italia o Consob poco importa – non lo ha fatto a dovere. Claudio Turrini