Lettere in redazione

Dove ci porterà il liberal Kerry?

Sappiamo che le posizioni del candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti, John Kerry, sono molto diverse da quelle del repubblicano Bush sulla guerra in Iraq e al terrorismo islamico. Forse, con lui presidente, gli Usa inaugurerebbero una politica neo-isolazionista, chissà.

Ma cosa significherebbe una vittoria di Kerry, cattolico, per i cattolici? È noto che egli, a differenza di Bush, è a favore dell’aborto, della libera ricerca biogenetica, dell’eutanasia, delle unioni omosessuali. Il senatore Kerry negli ultimi sei mesi non ha mai votato in Senato essendo stato troppo occupato nella campagna elettorale. Ma ha trovato il tempo per attraversare mezza nazione e trovarsi a Washington per votare contro una legge che stabilisce pene per chi nel corso di un’azione prevista come delittuosa dalle leggi federali colpisce dannosamente la vita di bambini non nati che vi siano coinvolti. Kerry sapeva che, grazie ai voti della maggioranza repubblicana, la legge sarebbe passata ma ha voluto farsi vedere a votarle contro per assicurarsi l’appoggio elettorale della lobby abortista. Già si parla di un parallelo tra Kerry e Kennedy: quest’ultimo, quand’era (anch’egli) candidato democratico, nel famoso discorso di Houston del 1960 dichiarò che la sua fede cattolica non avrebbe affatto influenzato le sue scelte come presidente. E mantenne. Ma in quattro decenni tanta acqua è passata sottto i ponti. Quali potrebbero essere, oggi, gli scenari? Già il Canada ha una legislazione che considera «crimine odioso» parlar male dell’omosessualità. In certi stati americani si discute se agli studenti debba essere interdetta la preghiera a scuola in nome della «laicità» delle istituzioni (però li si costringe all’«educazione sessuale» con istruzioni sull’uso del preservativo). Stati come la California e il Massachusetts stanno per riconoscere il cosiddetto «matrimonio omosessuale» e cresce la pressione sulla Chiesa cattolica, colpevole di essere «discriminatoria» nel rifiutare di dare solennità liturgica a tali «unioni». Su questa via, potrebbe darsi che le femministe prima o poi chiedano al governo di agire contro una Chiesa che rifiuta l’ordinazione sacerdotale alle donne e che si cerchi di far mettere fuori legge chi protesta contro l’aborto. Strana libertà, quella proposta dai libertari: libertà solo per loro, e divieti per tutti gli altri. don Antonio Marinicasie@libero.it John Forbes Kerry ha dichiarato che se verrà eletto non sarà «un presidente cattolico», ma un «cattolico presidente». Affermazione sacrosanta che condividiamo in pieno. È vero però, come sottolinea don Marini, che il candidato democratico non nasconde la sua simpatia per il libertarismo più estremo, con tutto quello che comporta. Su questo punto è innegabile che l’attuale presidente Bush ha mostrato un atteggiamento opposto di grande fermezza (basti pensare al recente altolà ai matrimoni gay in California). Ma trovo fuorviante giudicare il presidente degli Stati Uniti, cioè dell’unica vera superpotenza mondiale, capace di influenzare con le sue scelte economiche, politiche e militari la vita di miliardi di persone, solo dalla sua simpatia per femministe e gay. Ci auguriamo che gli elettori americani scelgano il loro presidente a partire dalla sua visione del ruolo, dei compiti e delle responsabilità degli Stati Uniti nell’ambito di un’economia e di una politica sempre più globalizzate.Claudio Turrini