Lettere in redazione

La Resistenza in convento

Nel numero 18 del 9 maggio 2004, Toscanaoggi dedica due pagine al tema della Resistenza. Il prof. Pier Luigi Ballini così esordisce: «Il tema della Resistenza e quello delle stragi naziste vanno affrontati con un criterio di fondo che è il rispetto della verità». Non si poteva dire meglio. Per stabilire la verità è necessario conoscere i fatti e le vicende di quegli anni. Da qualche anno sono state raccolte molte notizie, in ponderosi volumi come: «Chiese toscane – cronache di guerra» o gli articoli di Roberto Beretta su Avvenire e il breve trafiletto su Toscanaoggi del 9 maggio.Una zona inesplorata è sicuramente quella dei conventi. Figure come P. Reginaldo Santilli e P. Cipriano Ricotti, sono state significative per Firenze. Il Cardinale Dalla Costa a chi gli chiedeva accoglienza rispondeva che aveva «tutti i conventi pieni». Farne una mappa potrebbe essere utile.

Se tutti i conventi erano pieni, quegli degli Scolopi erano particolarmente disponibili perché i collegiali, per ovvii motivi, erano assenti. Nell’agosto del 1944, alla Badia Fiesolana erano stati invasi gli enormi scantinati. Gli ospiti, stretti dalla pressione tedesca, che sulla linea di San Domenico aveva stabilito una linea difensiva, arrivarono fino a cinquecento.

Le violenze quotidiane non si contano. Il P. Lidio Scalabrella era particolarmente attivo e dovette subire non poche angherie da parte dei tedeschi, anche se la sua bonomia gli ha consentito di gestire i rapporti «col nemico» in modo da neutralizzare non poche prepotenze.

Chi ha sfamato tutta quella gente ? Non era facile arrivare alla sera, ma c’erano provviste raccolte dall’economo del Collegio, visto che i ragazzi erano tutti tornati in famiglia. Di quel mese c’è nell’Archivio degli scolopi un resoconto dattiloscritto, lasciato dal P. Lidio. È molto interessante perché di quel mese di agosto ci dà un ritratto drammatico e vivissimo.

Al Pellegrino invece gli ospiti furono una quarantina, alloggiati nel refettorio. Ne fa ancora un vivo ritratto il P. Alfredo Fantacci, allora fresco di messa e tuttora pronto a ricordare episodi e fatti. Se le visite tedesche non furono mai drammatiche, il P. Aladino Moriconi rischiò molto di più. Tornando al Pellegrino, dal tram della vecchia Bolognese vide un carro armato tedesco con la croce rossa, a evidente scopo difensivo. In guerra succede questo ed altro. II P. Moriconi però, essendo di carattere piuttosto fumino, si direbbe a Firenze, non si trattenne da alcuni apprezzamenti a voce alta, in termini pesanti. Quando scese dal tram, per tornare in convento, fu affiancato da due distinti signori che senza tante cerimonie lo accompagnarono alla vicina «Villa triste», di cui Firenze conserva una ben «triste memoria». Durante la sua permanenza il P. Fantacci gli doveva portare da mangiare. P. Moriconi non era un colosso, ma a «Villa Triste» c’era poco anche per lui. Il P. Fantacci ebbe modo di conoscere diverse situazioni tragiche e per evitare guai maggiori al confratello, fu fatto intervenire il Cardinale che riuscì, dopo alcuni giorni, a far rilasciare il P. Moriconi.

La Badia Fiesolana e il Pellegrino poi utilizzavano l’Istituto di via Cavour per mettere meglio al sicuro qualche personaggio più «ingombrante». Nel centro della città era più facile nascondersi e sono ricordati diversi di questi episodi. Anche se l’Istituto era stato parzialmente distrutto da un bombardamento nel settembre del 1943, nonostante questo c’era stato l’impegno di tenere aperta e operante la scuola, con le difficoltà che è facile immaginare.P. Giancarlo RocchiccioliFirenze Ringraziamo p. Rocchiccioli per queste testimonianze. Sarebbe davvero auspicabile che il 60° anniversario della Liberazione favorisse una ripresa degli studi storici su quegli anni per mettere in luce anche il ruolo di primo piano che ebbero sacerdoti e religiosi. Una prima «mappa» di parrocchie e conventi fiorentini che ospitarono e nascosero ebrei negli anni 1943-’44 è stata pubblicata nel volume «Ebrei a Firenze 1938-1944. Persecuzione e Resistenza», a cura di M. Giovanna Bencistà, Silvano Priori e Giovanni Verni (ed. Amministrazione Provinciale di Firenze, 2004). Su questi temi contiamo di tornare su uno dei prossimi numeri, completando anche l’elenco dei parroci toscani uccisi dai nazi-fascisti, che – come ci ha fatto notare un lettore di Castelfranco di Sopra, lamentandosi per la mancata citazione di don Ferrante Bagiardi – era largamente incompleta.Claudio Turrini

La Toscana fa i conti con la storia