Lettere in redazione

Senza preferenza non andrò a votare

Il 7 maggio la Regione toscana ha abolito il voto di preferenza, una legge antidemocratica, il solito pateracchio fra partiti politici. In questo modo si esclude dall’elettorato attivo liste giovanili di rinnovamento, si garantiscono in questa maniera i dirigenti politici in carica con il mantenimento a se medesimi dei seggi, per tutelarsi, a mio parere i lauti stipendi.Ciò ricorda tristemente regimi totalitari tipo marxista, titoista, mussoliniano. E dire che in molte bandiere dei partiti c’è la dicitura «partito democratico». Si scrive una cosa e se ne fa un’altra… Questa non è coerenza.Come cittadino sono indignato per questo atto che ritengo grave in sé e pertanto mi asterrò dal voto alle prossime regionali.Severino BergamoFirenze Lei usa parole molto dure per condannare quanto è accaduto in Toscana con il varo di una nuova legge elettorale che esclude il voto di preferenza. Parole forse eccessive, perché un sistema politico non lo si può giudicare esclusivamente da questo dettaglio, pur importante. Da sempre, del resto, abbiamo votato per il Senato o per i consigli provinciali con collegi uninominali, senza possibilità di scelta tra candidati di uno stesso partito e nessuno lo ha mai considerato un metodo «non democratico». Per onestà dobbiamo però aggiungere che quello scelto per le regionali non è neanche un sistema uninominale, dove almeno in linea di principio si instaura un rapporto stretto tra l’eletto e il territorio. La preferenza è stata abolita con la motivazione che induce un’eccessiva competizione tra i candidati, favorendo in questa corsa di tutti contro tutti chi dispone di maggiori risorse economiche. E per prevenire la critica di aver rimesso la selezione della classe politica esclusivamente nelle mani delle segreterie dei partiti, hanno auspicato con una mozione l’indizione di elezioni «primarie», che rimangono però avvolte ancora nel limbo delle buone intenzioni e che mai potranno sostituire il voto vero e proprio.Nella sostanza sono quindi d’accordo con lei: le classi dirigenti attuali preferiscono essere loro a determinare l’ordine di elezione dei candidati, piuttosto che lasciarlo nelle mani dei cittadini e per maggiore sicurezza hanno anche provveduto ad aumentare del 30% il numero dei consiglieri regionali (passati da 50 a 65). E sono state così determinate nel raggiungere l’obiettivo che hanno ignorato anche le 20 mila firme raccolte da numerose associazioni in difesa del voto di preferenza. Il rischio è che i cittadini si sentano traditi dalle istituzioni e decidano – come lei annuncia – di non recarsi nemmeno alle urne. Nonostante tutto non mi sembra una buona idea perché il voto –indipendentemente dalle modalità con le quali si esercita – è un’opportunità che non va sprecata.Claudio Turrini

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