Mondo

Alfie Evans: la Corte suprema respinge il ricorso dei genitori. «Non ci sono motivi per ulteriori ritardi»

«Respinto» dalla Corte suprema il ricorso dei genitori Kathe e Thomas Evans che chiedevano la vita per il proprio figlio. Oggi la Corte ha emesso il verdetto su questo «caso disperatamente triste», si legge nella sentenza, triste per i genitori e per «le persone che hanno mantenuto Alfie in vita per così tanto tempo». 

I giudici scrivono che «è opinione unanime dei dottori che hanno esaminato» il piccolo che «quasi tutto il suo cervello è stato distrutto» anche se «nessuno sa perché», e ciò fa sì che «Alfie non possa respirare, mangiare o bere senza trattamenti medici sofisticati» e che non c’è speranza che possa migliorare. I giudici hanno «esaminato meticolosamente» le prove. La prima volta in cui i genitori si erano rivolti alla Corte d’appello, era stato loro negato il permesso di appello e la Corte europea dei diritti umani aveva ritenuto inammissibile la domanda dei genitori, perché «non era nel migliore interesse che il trattamento che lo teneva in vita continuasse o che fosse trasportato in un altro Paese». Ora però la richiesta d’appello si basava sul diritto dell’«habeas corpus», considerando il loro figlio ingiustamente trattenuto in ospedale.

La Corte nella sentenza argomenta le ragioni per cui questo diritto non sia applicabile in questo caso e come «il migliore interesse del bambino» resti il riferimento «adottato non solo dalla nostra giurisprudenza, ma anche riflessa negli standard internazionali». Quindi «i genitori non hanno il diritto di appellarsi all’habeas corpus» per «acquisire la custodia del loro figlio se questo non è per il migliore interesse del bambino» e perché, hanno ritenuto i giudici nelle precedenti sentenze, «i genitori non hanno diritto di guidare il trattamento medico futuro» per Alfie.

«Non c’è motivo di supporre che in questo caso la legge britannica sia contraria alla Convenzione europea per i diritti umani o alla giurisprudenza dell’Ue». Per altro una persona incapace di muoversi perché tenuta in vita nella terapia intensiva «non è privata della sua libertà». L’unico «rilascio» a cui ha titolo è il rilascio «dall’imposizione del trattamento che non è nel suo migliore interesse». «Non ci sono motivi per ulteriori ritardi» e «l’ospedale deve essere libero di fare quello che è stato deciso essere nell’interesse migliore per Alfie». Nessun ricorso alla Corte europea «potrà o dovrà modificare» questa decisione.