Mondo

Nicaragua: vescovi, ancora «disposti ad accompagnare dialogo»

In occasione dell'Avvento i vescovi del Nicaragua hanno indirizzato al popolo un messaggio con una riflessione sull'attuale momento che sta vivendo il Paese, a oltre sette mesi dall'inizio delle manifestazioni pacifiche nei confronti del governo del presidente Daniel Ortega e di fronte alla repressione sempre più forte e agli attacchi diretti alla Chiesa da parte del regime.

«La lacrime del nostro popolo sono le lacrime di Dio. Egli cammina con noi nel mezzo del dolore ed è solidale con la nostra sofferenza». Infatti, «nella morte, nella sparizione di qualsiasi essere umano, nella detenzione e nell’ingiusta carcerazione, nell’esilio forzato delle famiglie, nella manipolazione della coscienza soprattutto attraverso alcuni mezzi di comunicazione e i social network, spesso promotori di notizie false, e nella divisione del popolo, Dio stesso è negato». Lo affermano in un messaggio a tutto il popolo del Nicaragua, scritto in occasione dell’Avvento, i vescovi della Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen). Il messaggio offre, alla luce del Vangelo, una riflessione sull’attuale momento che sta vivendo il Paese, a oltre sette mesi dall’inizio delle manifestazioni pacifiche nei confronti del governo del presidente Daniel Ortega e di fronte alla repressione sempre più forte e agli attacchi diretti alla Chiesa da parte del regime. Tanto che, scrivono i vescovi, «ci chiediamo se un nuovo orizzonte per un Nicaragua migliore sia possibile, dato l’aumento allarmante degli indici di violenza nel Paese e il modo aggressivo in cui anche tra i fratelli si nasconde il desiderio di vendetta».

Ma i vescovi invitano alla speranza, constatando che «nasce un nuovo orizzonte per i nicaraguensi, attraverso espressioni che nascono dalla preoccupazione della persona umana. I gesti di solidarietà, di amore e di perdono sono la chiave per affrontare la violenza che cerca di generare circoli di morte. In effetti, assumere i valori umani fondamentali è una forma di lotta civica soprattutto nel momento in cui tutti prendiamo sul serio la libertà di espressione, la protesta pacifica, ecc. Noi cristiani dobbiamo raddoppiare le nostra vita di preghiera e testimonianza di fronte alla paura e al pessimismo che ci vorrebbe imporre, prima nei cuori e poi nei vari momenti della vita umana, comprese le nostre comunità cristiane».

«Possiamo affermare che la situazione attuale ha portato allo scoperto la realtà della nostra nazione». E «il dialogo, come via d’uscita pacifica, continua ad essere necessario». Lo scrive la Conferenza episcopale nicaraguense, nel messaggio a tutto il popolo diffuso all’inizio dell’Avvento e dedicato soprattutto alla difficile situazione che sta vivendo il Paese.

«In realtà – si legge – tutti siamo stati danneggiati da questa crisi sociale». Questa triste realtà «ci permette di rompere con il velo dell’indifferenza per assumere la responsabilità che ci compete come figli di questa patria. Nessuno deve restare con le braccia incrociate di fronte al dolore di coloro che nonostante siano avversari, non cessano di essere fratelli». Prosegue il messaggio: «In mezzo a questa ingiustizia il nostro sguardo deve restare fermo in Gesù Cristo, poiché siamo convinti che la disumanità può arrivare solo dalla mancanza di conversione. La ricerca di soluzioni pacifiche per la situazione del Nicaragua deve passare per un’autentica conversione a Lui».

Da qui l’invito a rinunciare alle «lotte fratricide», le quali «non ci hanno reso più umani, ma, al contrario, hanno aperto ferite che non sono ancora state curate e causano odio e violenza». Per questa ragione, «esortiamo i nicaraguensi a non lasciarsi sedurre da soluzioni immediate, ma ad agire da cittadini, perché il nuovo Nicaragua ha bisogno di leader non violenti, che conquistino, grazie alla mano di Dio, traguardi di libertà e giustizia. La non violenza attiva rompe la logica bellica che ha inghiottito il mondo attuale, nel quale le armi valgono più della persona umana».

«È di vitale importanza riconoscere che la situazione nazionale, per quanto caotica che sia, ci presenta varie opportunità delle quali dobbiamo approfittare», scrive la Conferenza episcopale nicaraguense, nella seconda parte del messaggio a tutto il popolo diffuso all’inizio dell’Avvento. Il testo individua, in particolare, sette di queste opportunità e situazioni. Innanzitutto, «mai come ora dobbiamo tornare alle nostre radici nicaraguensi, soprattutto le radici cristiane». In secondo luogo, «noi nicaraguensi dobbiamo ricordare che siamo conosciuti per lo spirito di solidarietà e ospitalità», da esercitare in questo momento «attraverso le opere di misericordia, da rivolgere attivamente in azioni comuni senza alcuna esclusione».

Ancora, i vescovi ricordano l’esigenza della ricerca «del bene comune, della giustizia e della pace», un’attitudine che permetterebbe di «unire le forze». In quarto luogo, si legge nel messaggio, «ricordiamo che siamo davanti a una crisi che ha profonde radici nel peccato strutturale o sociale». Si fa poi presente che «il mondo attuale ha bisogno anche della testimonianza di profeti non armati». Il sesto punto è la possibilità di un dialogo che «dev’essere orientato ad aprire prospettive che oggi non ci sono». Esso richiede «coraggio, audacia, rispetto per l’altro e, soprattutto, amore per la patria». Infine, «riconosciamo – scrive la Cen – che in questo dialogo con lo Stato e la società, la Chiesa non ha soluzioni per tutte le questioni particolari. Però, insieme alle diverse forze sociali, noi vescovi siamo disposti ad accompagnare le proposte che maggiormente rispondano alla dignità della persona umana e al bene comune. Con il dialogo c’è futuro, senza di esso qualsiasi sforzo è destinato a fallire». Il dialogo «è la via d’uscita pacifica a questa crisi sociopolitica».