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Venezuela: sabato tanta gente in strada. Repressioni e arresti

Proteste in tutto il Paese, sabato scorso, per esprimere appoggio al presidente autoproclamato e riconosciuto da numerosi Paesi, Juan Guaidó. Non sono mancati gravi momenti ed episodi di repressione da parte della Guardia nazionale e dei «colectivos» fedeli a Maduro, specie a Maracaibo

Contrariamente a chi prevedeva un momento di «stanca» e difficoltà nella mobilitazione del popolo venezuelano, sono state numerosissime in tutto il Paese le persone scese in piazza sabato scorso per chiedere un cambiamento politico ed esprimere il proprio appoggio al presidente autoproclamato e riconosciuto da numerosi Paesi, Juan Guaidó. Non sono mancati gravi momenti ed episodi di repressione da parte della Guardia nazionale e dei «colectivos» fedeli a Maduro, soprattutto nello stato nordoccidentale del Zulia e nella sua capitale Maracaibo.

Le proteste si sono svolte in 358 punti del Paese e hanno rappresentato il primo momento della cosiddetta «Operazione libertà» lanciata da Guaidó, che consiste nel creare, in tutto il Venezuela, migliaia di «comitati di liberazione». «Pensavano che parlando di inabilitazione e della mia immunità cominciassimo ad avere paura. Pensavano che ci abituassimo a vivere senza luce e senza gas», invece «Miraflores (la residenza di Maduro, ndr) trema perché siamo nelle strade», ha detto il presidente autoproclamato, il quale ha rivolto un duro attacco a Cuba, accusata di finanziare e armare i gruppi paramilitari che provocano terrore nel Paese, annunciando che cesseranno i rifornimenti di petrolio al Paese caraibico. Maduro, dal canto suo, mentre chiedeva a Messico, Uruguay e Bolivia di riprendere i loro sforzi per arrivare a una soluzione pacifica della crisi, ha intensificato la repressione.

Continua a essere Maracaibo la città che in Venezuela soffre maggiormente per la repressione governativa e la situazione economica e sociale. Nella capitale del Zulia e nel resto dello Stato i razionamenti del Governo costringono la popolazione a vivere con quattro o cinque ore di luce e corrente elettrica al giorno, dopo gli estenuanti blackout delle scorse settimane. Qui le manifestazioni di sabato scorso sono state represse nel modo più violento. Si è parlato di 200 arresti, il Foro penale ha denunciato 16 detenzioni di politici dell’opposizione, tra cui due deputate, poi liberate.

Dice al Sir padre José Andrés Bravo, direttore del centro diocesano di Studi di dottrina sociale e docente all’Università Cattolica Cecilio Acosta di Maracaibo: «Il regime, non sapendo rispondere con razionalità e con soluzioni valide ai problemi sollevati dal popolo, risponde con la crudele repressione. Sabato nel Zulia è stata brutale, ma anche in altre zone del Paese. La gente non sa come difendersi, vuole solo manifestare la sua opposizione a una dittatura usurpatrice e chiede la cessazione di tale usurpazione, per andare verso la costituzione di un nuovo governo di transizione e poi a elezioni libere e trasparenti. Questo è il sogno, la ragione per la quale lottiamo con sacrifici. Se il regime risponde con la violenta repressione, vuol dire che è in difficoltà, è indebolito e la sua sconfitta è vicina».

Prosegue il docente: «Come cristiani dobbiamo, pur rischiando, alzare le nostre voci per denunciare e annunciare, ispirati dal Vangelo di Gesù e orientati dalla Dottrina sociale, per dare motivazioni alla lotta di liberazione del nostro popolo venezuelano». Una missione che deriva dalla necessità di «liberare gli oppressi», e «non da qualche ideologia e o per conquistare un qualche potere, ma per accompagnare il popolo nel deserto quaresimale, lasciando indietro la schiavitù e cercando una patria libera e prospera, degna della persona umana».