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Anche noi «pellegrini» con Benedetto per una fede più matura e una speranza più gioiosa

Lo sapevamo tutti che giovedì 28 febbraio sarebbe stata una giornata particolarissima. Una giornata unica, destinata a rimanere nella storia. Dopo averla vissuta, sento quanto sono vere le parole citate dal card. Gianfranco Ravasi nel libro che raccoglie i suoi interventi negli Esercizi spirituali predicati a papa Benedetto nell’ultima sua Quaresima da Papa. Il noto scrittore-aviatore francese autore del Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944) ha scritto agli uomini d’oggi: «Nulla manca / tranne il nodo d’oro / che tiene insieme tutte le cose. / E allora tutto manca».

In questa giornata non è mancato nulla: la gente, la commozione, le parole semplici, delicate, intensissime del Papa, il saluto uno per uno a tutti i cardinali, la partenza dell’elicottero dal Vaticano, il saluto della folla a Castel Gandolfo, la chiusura della porta del palazzo apostolico alle ore 20.

Nella Sala Clementina, al mattino, il Papa ha voluto incontrare tutti i cardinali per un saluto di congedo. E ci ha fatto sentire non solo il suo affetto, ma anche la sua serenità e la sua fede profonda. Ha citato le parole di Romano Guardini in un libro autografato per il giovane teologo Ratzinger durante il Concilio: «La Chiesa non è una istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente. Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente,  trasformandosi. Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo». Grande conforto gli ha dato la grande udienza del mercoledì e le attestazioni senza numero che gli hanno ripetuto affetto, espresso gratitudine, assicurato preghiera. Ha anche detto: «La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime che, come la Vergine Maria, accolgono la parola di Dio… e diventano capaci di generare Cristo oggi nel mondo».

Il clima era di intensa commozione, vibrava nell’aria la consapevolezza di vivere un momento storico importantissimo per la Chiesa e per il mondo, mentre il Papa Benedetto salutava personalmente ogni cardinale. Molti di noi in questo «addio» erano emozionati. Io so che cosa avevo nel cuore, ma non so che cosa gli ho detto salutandolo. I suoi occhi, mentre ci stringeva le mani, dicevano gratitudine ed affetto, promessa e richiesta di comunione specialmente nell’Eucaristia quotidiana. «Così – aveva detto nel saluto – serviamo la Chiesa e l’intera umanità. Questa è la nostra gioia che nessuno ci può togliere».

Nel pomeriggio, dal terrazzo della casa delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione dove sono alloggiato ad un passo dalle mura Vaticane, abbiamo visto partire l’elicottero, lo abbiamo salutato agitando le mani e i fazzoletti ed abbiamo accompagnato con gli occhi il lungo giro sulla città di Roma per poi dirigersi verso Castel Gandolfo.Alla televisione vaticana abbiamo veduto la folla che lo attendeva in piazza e che lo ha clamorosamente salutato. Nelle parole che abbiamo potuto ancora sentire dalla sua bocca, le ultime come Papa, è risuonata la parola «pellegrino»: sono pellegrino con voi!

Quando la grande porta del palazzo apostolico si è chiusa, è iniziato il pellegrinaggio di Benedetto XVI, Papa emerito: nascosto al mondo, ma presente alla Chiesa con la sua fede profonda e serena, la sua preghiera di intercessione e l’offerta totale della sua vita. Continua anche il nostro pellegrinaggio, che, rinnovato dall’esempio di Papa Benedetto, sarà un canto di fede più matura, di amore più ardente, di speranza più gioiosa.

Il nodo d’oro della fede luminosa e serena, dell’amore che si dona interamente, della speranza che non delude, tiene insieme tutto e davvero non è mancato nulla. Un tramonto bello che promette domani bel tempo.

* cardinale, arcivescovo emerito di Firenze