Opinioni & Commenti

Commissione grande rischi: sarà un terremoto «salutare»?

Non conosco Marco Billi, il giudice del Tribunale dell’Aquila che il 25 ottobre ha emesso la sentenza di condanna a 6 anni di carcere per i sette componenti della Commissione grandi rischi, organo tecnico-consultivo della presidenza del Consiglio, composta nel 2009 da Franco Barberi, presidente vicario della commissione, Bernardo De Bernardinis, già vicecapo del settore tecnico della Protezione civile, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gianmichele Calvi, direttore Eucentre, Claudio Eva, ordinario di fisica all’università di Genova, Mauro Dolce, direttore Ufficio rischio sismico della Protezione civile.

Tutti condannati per omicidio, disastro colposo e lesioni personali colpose per aver dato informazioni inesatte il 31 marzo 2009 e nei giorni precedenti la tragica scossa del terremoto in Abruzzo che nella notte del 6 aprile provocò la morte di 309 persone.

Il magistrato non è di quelli a cui piace il protagonismo. Dopo aver letto la sentenza che ha fatto tanto scalpore ed ha poi provocato un terremoto di dimissioni, il giudice si è astenuto da ogni passerella e si è tenuto lontano dai riflettori mediatici e dai salotti televisivi.

Se Marco Billi, nella sua veste di giudice monocratico del processo durato 30 udienze, ha ritenuto di decidere una condanna a 6 anni, invece dei 4 chiesti per i 7 imputati dal pubblico ministero Fabio Picuti, ci sarà ben una spiegazione e – come per tutte le sentenze – prima di affrettati commenti , bisognerà saper attendere la pubblicazione delle «motivazioni» della sentenza. Il processo era iniziato il 20 settembre 2011 e secondo la tesi del pm nella riunione del 31 marzo 2009 dell’organismo consultivo ci fu «una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione alla attività della Commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico» e dopo quella stessa riunione la Commissione fornì «informazioni imprecise, incomplete e contradditorie sulla pericolosità dell’attività sismica, vanificando le attività di tutela della popolazione».

In realtà fu una «riunione lampo», quella tenutasi all’Aquila e convocata per il tardo pomeriggio dal capo della Protezione civile Bertolaso con l’intento di tranquillizzare la popolazione e lo stesso sindaco dell’Aquila che voleva chiedere «lo stato d’emergenza» per i danni già subìti dalla città nelle scosse precedenti.Sette scienziati convocati per una riunione che è durata sì e no 45 minuti, con l’orologio in mano, per poi improvvisare – presenti solo alcuni di loro – una conferenza stampa per i giornali, agenzie, radio e tv locali. Una riunione anomala: non c’è traccia di registrazione degli interventi e al termine non viene redatto alcun verbale o comunicato.Ironia della sorte soltanto il 6 aprile 2009, con l’Aquila nel caos per i crolli, con centinaia di vittime, uno spaventato Mauro Dolce, capo dell’Ufficio rischio sismico della Protezione, inseguì e mostrò a Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, una specie di verbale della riunione del 31 marzo e insistette perché lo firmasse. Boschi ricorda di averlo fatto, tra le macerie, appoggiando il foglio ad un muro sbrecciato, per strada.

Enzo Boschi ebbe però anche modo di dire: «Fare una riunione senza un verbale, equivaleva a non farla». La verità è che quella convocazione era stata un’operazione mediatica di Guido Bertolaso per convincere la popolazione che non c’erano rischi imminenti e anche per «sbugiardare» Giampaolo Giuliani, ex tecnico dei Laboratori nazionali del Gran Sasso ora in pensione, il quale – dai suoi studi sui rilevatori di gas radon fuoriuscito dalle rocce – riteneva di poter prevedere il giorno e il luogo dove ci sarebbe stata una scossa violentissima. 

All’Aquila su 309 morti almeno 29, secondo il processo, rimasero in casa, invece che andarsene all’aperto, tranquillizzati dagli scienziati di Bertolaso. Ma qui va detto che la scienza non c’entra niente. Gli scienziati diedero informazioni se non menzognere, certo reticenti per compiacere il grande Nembo Kid, capo della Protezione Civile.Il Ministro dell’ambiente Corrado Chini – non nuovo a sortite affrettate – si poteva risparmiare di scomodare a sproposito Galileo Galilei. E componenti della comunità scientifica italiana potevano avere meno impazienza nel ritenere lesa dal giudice «Sua Maestà la Scienza», attendendo almeno di leggere le motivazioni della sentenza del giudice Billi.  Le dimissioni date polemicamente all’indomani della sentenza dagli attuali componenti della Commissione grandi rischi, rientreranno quanto prima,visto che lo stesso Consiglio dei ministri le ha respinte. Il presidente della Commissione grandi rischi, il fisico Luciano Maiani, ha convocato per il 30 ottobre una riunione dell’ufficio di presidenza della commissione proprio per esaminare la questione delle dimissioni. Dopo le scosse di magnitudo 5, registrate nel massiccio del Pollino, tra Basilicata e Calabria, sarà bene che gli scienziati-esperti tornino sulle loro «torri di avvistamento» e d’ora in poi dicano con serietà e chiarezza quello che «sentono e vedono». Franco Gabrielli, il nuovo capo della Protezione civile al posto di Bertolaso, ha parlato chiaro: «Mi auguro che gli scienziati ora riflettano. Spero che seguiranno degli interventi che tutelano la libera autonoma partecipazione della comunità scientifica».