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Crisi di governo: Mattarella convoca Conte al Quirinale per ricevere il nuovo incarico

Con la convocazione al Quirinale di Giuseppe Conte – ovviamente per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo – arriva a una svolta la crisi provocata l’8 agosto dalla Lega con una dichiarazione politica diffusa pubblicamente. Il secondo giro di consultazioni, infatti, ha fatto emergere la volontà di M5S, Pd, Leu e gruppo delle autonomie al Senato (queste sono le forze della potenziale maggioranza parlamentare) di concorrere al tentativo di costruire un nuovo esecutivo guidato, appunto, da Conte.

Il Capo dello Stato ha potuto registrare questo accordo politico e ha quindi provveduto alla convocazione dell’interessato.

L’affidamento dell’incarico – è bene ricordarlo – non è l’atto di nascita di un nuovo governo. Adesso toccherà a Conte cercare di risolvere i molti nodi aperti sul piano programmatico e della compagine ministeriale. Quindi il Presidente del Consiglio incaricato tornerà al Quirinale per riferire al Presidente della Repubblica e sciogliere in positivo o in negativo la riserva con cui secondo la prassi si accetta l’incarico di formare il governo. Per Conte si tratta di una terza volta: la prima – era il 23 maggio dello scorso anno – finì con una rinuncia. La seconda – il 31 maggio successivo – fu quella che portò alla nascita del governo M5S-Lega, la cui esperienza si è conclusa formalmente con le dimissioni del Presidente del Consiglio il 20 agosto scorso.

Dell’incarico a Conte si parlava da giorni, ma il cammino è stato comunque tortuoso e irto di difficoltà. L’ultimo intoppo è venuto dalla possibilità che il M5S condizionasse l’assunzione di un impegno politico all’esito di una consultazione telematica degli iscritti sulla piattaforma Rousseau. Ferma la libertà di ogni partito di organizzare autonomamente le procedure decisionali interne, dal Quirinale era stata fatta filtrare la puntualizzazione che il Capo dello Stato avrebbe preso in considerazione le indicazioni formalmente espresse dai gruppi parlamentari nelle consultazioni al Colle. Visto l’esito, tali indicazioni sono andate nella direzione che ha portato alla convocazione di Conte.

Nel discorso al termine del primo giro di consultazioni, il 22 agosto, Mattarella aveva sottolineato il «dovere ineludibile» di consentire fino in fondo la verifica dell’esistenza di una maggioranza parlamentare, prima di ricorrere allo scioglimento delle Camere e a nuove elezioni. E questo «dovere» costituzionale lo ha esercitato modulando saggiamente i passi concreti in relazione alla situazione generale e alle esigenze del Paese. Lo scorso anno, dopo il voto del 4 marzo, aveva lasciato un tempo molto lungo a Lega e M5S per approfondire il programma e arrivare, alla fine del percorso, a indicare un nome condiviso per la presidenza del Consiglio.

Aveva scongiurato, in questo modo, la prospettiva altamente rischiosa di dover riportare il Paese alle urne dopo due-tre mesi. Stavolta ha impresso all’iter un ritmo molto serrato, mettendo i partiti nelle condizioni di una tempestiva assunzione di responsabilità che consentisse di arrivare rapidamente a un incarico. Un metodo più tradizionale – se così si può dire – che mette nelle mani del Presidente del Consiglio incaricato il compito di verificare e definire gli accordi di governo.

Si è così riusciti a evitare che l’ambiguità delle forze politiche creasse un pericoloso stallo in una situazione che, sul piano interno e internazionale, impone «decisioni chiare» e «in tempi brevi».

La possibilità di elezioni anticipate resta comunque sullo sfondo perché è l’unica via d’uscita nel caso in cui il Parlamento non riesca ad esprimere una maggioranza, ma adesso c’è in campo un tentativo concreto e costituzionalmente corretto di dare un governo al Paese. Un governo che, se vedrà la luce, nascerà in Parlamento come il precedente e come tutti i governi della Repubblica.