Opinioni & Commenti

Tutti colpevoli per una crisi che costerà soprattutto ai cittadini

Questa volta dovranno rispondere sempre «presente» quando verranno chiamati: in Parlamento torneranno molti meno deputati e senatori grazie a una legge che allontanerà ancor di più eletti ed elettori. Avremo meno parlamentari ma la legge elettorale non è certo quella giusta per questa riforma. Il voto poi in autunno, il 25 settembre, mai successo, e il rischio che il nuovo Parlamento non riesca ad approvare la legge di Bilancio. Di certo le elezioni le avrebbero evitate volentieri gli italiani, che ormai pensavano all’appuntamento di fine legislatura, a primavera. E sono quest’ultimi che pagheranno il prezzo più alto. Non tanto perché qualche volta saranno costretti ad ascoltare comizi e a leggere i giornali (magari accadesse davvero!). In realtà sono loro che vedranno svuotarsi i loro conti correnti. Il primo passo è stato l’aumento dei tassi deciso dalla Bce dopo 11 anni.

Mario Draghi, non certo un politico di professione, questa volta ha colto in contropiede anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, convinto di riuscire a farlo tornare indietro mentre i partiti che formavano la strana maggioranza tiravano la corda sicuri che non si spezzasse. Invece quel «Siete pronti?», ripetuto più volte nell’intervento in Senato dall’ex premier, andava preso sul serio.

Ora il Paese rischia non poco perché queste elezioni potrebbero dividere davvero in due gli italiani. Da una parte quelli che andranno a votare, per il centrodestra o il centrosinistra (o per uno dei tanti partiti che rincorrono il centro), dall’altra quelli che faranno crescere la percentuale degli astenuti e che alla fine saranno coloro che consentiranno a una o all’altra parte di vincere. Il centrodestra, con Giorgia Meloni coerente fino alla fine, secondo i sondaggi potrebbe prevalere. Ma per la leader di FdI non sarà facile mettere da una parte Silvio Berlusconi, che vuole tornare protagonista, e Matteo Salvini che ha subito ripreso i vecchi cavalli di battaglia: immigrazione, pensioni, e anche immagini sacre che non si capisce bene cosa c’entrino con la politica.

Nel centrosinistra Enrico Letta ha compreso subito, ma sempre troppo tardi, il grave errore di scommettere sull’alleanza con il M5S di Giuseppe Conte. Quest’ultimo non ha mai perdonato a Draghi di avergli soffiato il posto e, come un bambino, da mesi aspettava l’occasione per vendicarsi. Lo ha fatto ma ora è costretto a chiedersi cosa accadrà di un movimento che 5 anni fa aveva la maggioranza relativa del Parlamento e che rischia di scomparire. Calenda e Renzi si contendono il centro ma il secondo sembra aver, al momento, poche chance rispetto a quello che era ministro del suo governo in un’altra era storica. Al centro c’è la corsa ma Letta sa bene che se va troppo verso Calenda o Renzi perde a sinistra, e viceversa.

E un’altra accozzaglia di nomi e simboli non avrebbe futuro. Nessuno sa davvero cosa succederà da qui al 25 settembre. Di certo c’è che il governo Draghi resta in carica per gli affari correnti, dove però questa volta per affari correnti s’intendono tutti quei provvedimenti che devono far arrivare ancora 19 miliardi di Pnrr. Non proprio noccioline. Tutti hanno la loro ricetta ma la verità è che a oggi c’è solo un futuro incerto, dove i politici proseguono a farsi una guerra che non ha senso per un Paese che stava piano piano uscendo dal Covid ed è piombato in un conflitto quasi ai suoi confini. Come avviene ormai da 30 anni il mondo cattolico sta alla finestra, guarda e probabilmente alla fine non andrà a rimpinguare troppo le file dell’astensionismo.

Ancora una volta non sarà però determinante perché troppo frammentato. «Dobbiamo pensare alla sofferenza delle persone e garantire risposte serie, non ideologiche o ingannevoli», ha detto senza traccheggiare il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, il cardinale Zuppi. Se quest’affermazione fosse tenuta presente nel quotidiano forse i cristiani potrebbero tornare a contare. Chi vincerà? Tutti, logicamente, come dopo ogni tornata elettorale. Tutti meno il popolo soprattutto se il 26 settembre si scoprisse che la percentuale più alta fosse quella degli astenuti.