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Un grazie al toscano Carlo Azeglio Ciampi, cittadino prestato alla politica

di Franco CardiniEra un cittadino «prestato alla politica». È stato un buon soldato, che l’8 settembre non ha buttato uniforme e stellette alle ortiche e non ha pensato a salvar la buccia, ma ha fatto quel che la coscienza gli dettava. Il punto non è che sia andato da una parte o dall’altra, che abbia o no scelto il fronte giusto. Ma il punto è che non ha pensato a sé, ha pensato al paese: e ha fatto quel che ha ritenuto bene. È stato un professionista e un alto funzionario pubblico di alta qualità, di prim’ordine. È stato un presidente del Consiglio che ha lavorato con dignità. Era un uomo di «Giustizia e libertà», un «azionista»: era, sia pur sempre con stile e dignità, un uomo di parte. Risparmiamogli e risparmiamoci l’umiliazione del fervorino dolciastro, non diciamo che è stato il migliore dei Presidenti, che ha avuto sempre ragione, che ha fatto sempre le scelte migliori.Carlo Azeglio Ciampi lascia il Quirinale. Non voglio dir che ci lascia: al contrario – diciamolo da toscani, fra toscani – torna fra noi. Del resto, il suo bell’accento livornese non lo aveva mai abbandonato, e di quando in quando faceva capolino anche nelle occasioni più solenni: con grande sdegno per le orecchie pisane, forse, ma in fondo con soddisfazione di tutti. Un toscano al vertice della Repubblica è pur sempre un grande onore e una bella soddisfazione per tutti. Tra le immagini più recenti che ho di lui, due mi hanno commosso.

La prima è profonda e dolorosa. Quel suo gesto paterno e quasi sacerdotale, il protendere in alto le due palme delle mani per toccare la bara avvolta nel tricolore di uno dei nostri alpini caduti in Afghanistan. Un gesto terribile, che mi ha ricordato quello del levita che nella Bibbia si precipita a sostenere l’arca dell’alleanza che sta oscillando, e cade fulminato al suolo. Una pagina tragica.

Nelle foto di repertorio, il profilo del presidente è teso. S’indovina che sta trattenendo le lacrime, che pensa che in quella cassa di legno potrebb’esserci suo figlio o suo nipote; di più, che il corpo chiuso là dentro è un po’ sul serio quello di un figlio, perché in fondo, anche dopo un secolare processo di laicizzazione, un Capo di stato resta sempre un po’ il padre del suo popolo. Senza il volere di Carlo Azeglio Ciampi, senza la sua firma, quel ragazzo non sarebbe morto. Intendiamoci, questo non è un rimprovero, al contrario. Fra l’altro, sappiamo bene tutti (e non è un segreto per nessuno) che il presidente non ha mai granché né apprezzato né condiviso le nostre avventure militari in Afghanistan e in Iraq: e tanto più debbono pesargli, non sulla coscienza ma sul cuore, quei nostri morti che ormai cominciano a doversi contar a decine. L’essserne responsabile, come Capo supremo delle Forze armate e come Guida del paese, richiama al dramma del potere, che per i peggiori è arbitrio e magari piacere, ma per i migliori è peso costante, servizio continuo, e non c’è consistenza di emolumenti né sfarzo di sale di rappresentanza che paghi adeguatamente quel peso e quel servizio. La seconda immagine che mi piace di Ciampi è in apparenza più banale. Il volto disteso e sorridente, finalmente segnato dal sollievo, dopo la decisione che qualcuno, citando Dante a sproposito, ha definito «il gran rifiuto». Il laico Ciampi coltiva la religione delle istituzioni, soprattutto quella della costituzione: a dei cattolici, ciò può dar fastidio, ma è una scelta degna di rispetto. E avrebbe dovuto immaginare un qualche vulnus alla costituzione, magari veniale e rimediabile, per accettar di reinsediarsi di nuovo sul Colle. Non ha voluto farlo. Forse, se avesse accettato, ci avrebbe risparmiato ulteriori problemi, ulteriori crisi iniziali di questa nuova legislatura che non si annunzia facile. Ma in quella foto che mi è piaciuta si vede bene che lui sta pensando a Ginevra.

Il Presidente è bisnonno, Ginevra la sua bisnipotina. Che grazia di Dio, in questi anni che stiamo vivendo, il constatare come ci sia sempre più gente che riesce a veder crescer i propri bisnipoti; e tanti bisnipoti che riescono a parlare, a giocare, a ridere con i bisnonni! Noialtri non più giovanissimi, diciamo «nonni» e pensiamo immediatamente alla nostra esperienza, quella di vecchietti malandati che morivano quando eravamo ancor adolescenti o giovanissimi. Oggi, un ragazzo o una ragazza fanno a tempo a diventar adolescenti e a conservare l’immagine del padre dei loro nonni che è ancor allegro, vivo e vegeto, che magari si fa delle belle mangiate nei giorni di festa e al mattino si mette in tuta da jogging.

Enrico IV di Francia stabilì, alla fine del Cinquecento, che Parigi valesse bene una messa. Ma Ciampi, forse più saggiamente, ha pensato che Ginevra valeva bene il Quirinale e ancora di più. Gli auguro che i suoi anni di riposo siano lunghi, sereni, allegri, con Ginevra e con gli altri suoi cari. Onore a questo anziano signore che a un certo punto esce volontariamente in punta di piedi dalle auree sale del potere e torna nella sua città sul mare: come il grande Diocleziano, che dal suo riposo a Spalato sosteneva che non avrebbe mai barattato un ritorno sul trono con i bei cavoli che coltivava nel suo orticello. Congratulazioni per il Suo coraggio, la Sua lucidità, la Sua saggezza, signor Presidente. Ci vada solo piano col cacciucco e con le torpedini.

Napolitano votato da una parte ma presidente di tutti