Toscana
350 toscani in Terra Santa
La strada verso Nazareth offre un panorama incantevole. La città della Galilea tagliata nel mezzo dalla via Paolo VI (a lui dedicata dopo la visita del 1964) è quanto di più rasserenante ci possa essere. Alle 10 del mattino forse anche perché è tempo di ramadan non c’è quasi nessuno in giro, neppure altri gruppi di turisti. La giornata è limpida. Per strada tutto è pulito. Anche al suk, il tipico mercato dentro la parte più vecchia della città, tutto tace. Si capisce che hanno aperto da poco perché i negozianti sono ancora intenti a sistemare a dovere le loro merci.
Nella Basilica dell’Annunciazione tutti i toscani si ritrovano per assistere alla Messa. I concelebranti sono 38. Il padre guardiano del convento dei Francescani ringrazia: «Grazie per essere qui. Con questo semplice gesto voi siete motivo di speranza per le comunità che si trovano in Terra Santa. Grazie perché voi siete gli annunciatori della pace in questa terra che anela da sempre alla pace». In effetti a quattro anni dalla cosiddetta «Seconda Intifada», scoppiata nei territori palestinesi in seguito alla visita di Sharon alla spianata di Haram ash-Sharif, la mancanza di pellegrini si fa sentire. «Ultimamente c’è una ripresa dice il vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, Rodolfo Cetoloni e mi risulta che l’aumento è portato dagli italiani, sicuramente i più coraggiosi. Qualcuno arriva anche dalla Polonia e dalla Croazia ma le altre nazioni stentano a riprendere i pellegrinaggi».
Un’iniziativa che ha richiamato nella città di Gesù Bambino oltre mille pellegrini provenienti da ogni parte d’Italia (ben 350 dalla sola Toscana, legata in modo particolare a Betlemme, ma anche dall’Umbria, Emilia Romagna, Campania, Lombardia, Veneto, dal Lazio e dalla Repubblica di San Marino) come pure dalla Germania e dal Giappone. Così come non sono mancate autorità istituzionali italiane, europee e arabe. Sono molte le facce toscane che si incontrano nella piazza: fra i primi intravediamo il sindaco di Pratovecchio, Angiolo Rossi, da sempre impegnato nella solidarietà verso la Terra Santa, e il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini.
Fortemente voluta dalla Custodia di Terra Santa e dal francescano padre Ibrahim Faltas in qualità di direttore del «Terra Sancta school», la scuola è stata realizzata dalla Conferenza episcopale italiana (per l’occasione rappresentata da monsignor Piergiuseppe Vacchelli), con il contributo delle diocesi di Fiesole e Montepulciano-Chiusi-Pienza, l’Antoniano di Bologna, la Provincia Toscana dei frati minori, l’Unicoop di Firenze e di molti altri soggetti pubblici e privati.
Quello che è stato definito «Il cantiere della speranza» fu iniziato nel 1998. Nella drammatica situazione palestinese, la costruzione del nuovo asilo a Betlemme è stato per anni l’unico cantiere aperto in città, persino durante il coprifuoco, che ha permesso ad una cinquantina di operai di lavorare garantendo, sul momento, uno stipendio alle loro famiglie e, per il futuro, una istruzione primaria a più di trecento bambini.
Concepita ed arredata alla luce dei più moderni criteri di pedagogia e formazione per la prima infanzia, la scuola si sviluppa su sei piani. Oltre a 12 aule (di circa 30 metri quadrati, con tanto di servizi igienici), colorate di verde, giallo, rosa e azzurro, su una superficie complessiva di oltre 3200 metri quadrati vi sono tre laboratori per le attività artistico-manuali, un’area per l’attività motoria e due grandi spazi attrezzati per il gioco. Più precisamente, al piano terreno c’è un giardino di inverno per i giochi al coperto, mentre al primo piano c’è un ampio porticato sempre per i giochi. Al secondo, terzo, quarto piano ci sono le aule e una cucina per gli insegnanti. La struttura può ospitare fino a trecento bambini sia cristiani che musulmani dai tre ai sei anni. Venti gli insegnanti.
«È una scuola da vivere non solo nelle aule ma anche dall’esterno ha spiegato Angiolo Rossi a cominciare dalle sue linee e dal suo progetto architettonico. Una creazione che si affaccia su Betlemme ma non la domina; guarda Gerusalemme, fa da ponte verso la Città Santa superando tutti i muri e le barriere costruite dagli uomini».
Il nastro inaugurale della scuola, intitolata a Giorgio La Pira nel centenario della sua nascita e a Mariele Ventre, è stato tagliato dopo le una ma quella che si è rivelata una domenica davvero speciale per Betlemme, una sorta di Natale anticipato, come qualcuno l’ha definita, era cominciata prima: con l’appuntamento, alle 10, nell’auditorium ma una volta era un campetto da calcio per la celebrazione della Messa. In un’aula gremita da tremilacinquecento fedeli, con le autorità sedute nelle prime file, hanno fatto ingresso gli scout con le loro cornamuse e i loro corni. Quindi la processione dei concelebranti, un centinaio in tutto. Ha presieduto mons. Luciano Giovanetti vescovo di Fiesole, con accanto padre Rodolfo Cetoloni, vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, il vescovo emerito di Volterra Vasco Bertelli e mons. Pietro Sambi, Nunzio e delegato Apostolico per la Terra Santa. All’interno della Messa i diversi saluti delle autorità presenti. «Grazie perché non vi siete fatti prendere dallo scoramento dinanzi alle tante difficoltà ha detto padre Ibrahim Faltas che dal 1° novembre lascerà Betlemme e assumerà il suo nuovo incarico di parroco di Gerusalemme , grazie per aver dimostrato concretamente rispetto e amore per i bisogni della vita quotidiana di fratelli meno fortunati, grazie per la vostra fraterna e fattiva solidarietà».
Alla fine le porte dell’Auditorium si aprono. Che la festa continui. Magari agitando tutti insieme i cappellini colorati che i bambini di Betlemme hanno voluto donare agli intervenuti per ricambiare in qualche modo l’affetto che sentono nei loro confronti. «Grazie perché ci sei!» ci hanno fatto scrivere. Un dono che, anche a casa nostra, terrà vivo il loro ricordo.
Ed è proprio durante il loro peregrinare che maturano un’idea speciale. «Ho sempre detestato i matrimoni troppo sfarzosi spiega Carmelo . Volevamo unire alla festa qualcosa che desse un significato più profondo alla nostra unione». «Sì prosegue Maria volevamo ringraziare Dio per averci fatto incontrare, per aver dato inizio alla nostra storia, volevamo condividere con gli altri la nostra felicità. Allora abbiamo pensato di allegare alla partecipazione di nozze una lettera con la quale, invece dei regali di nozze, chiedevamo offerte per i bambini del Baby-hospital e l’orfanotrofio di suor Sofia a Betlemme. I soldi li avremmo consegnati personalmente perché il nostro viaggio di nozze sarebbe stato il pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dalla diocesi di Fiesole».
E così è stato. Incoraggiati anche dal parroco di San Paolo alla Panca, don Paolo Ermini,Carmelo e Maria (rispettivamente 45 e 36 anni) si sono sposati il 16 ottobre e come promesso sono partiti per la Terra Santa insieme agli altri 350 pellegrini. Con loro, questa volta, hanno portato una cifra davvero significativa per aiutare bambini sfortunati e bisognosi. «Non ci crediamo neppure noi continua Carmelo ma al momento abbiamo ricevuto in dono 14 mila euro e da casa dicono che ne stanno arrivando ancora». Non solo: insieme ai soldi i nostri due sposi hanno ricevuto bellissimi biglietti di accompagnamento dove le persone ringraziano di aver avuto l’opportunità di fare qualcosa di buono e di utile. «La nostra strana richiesta precisa Maria ha contagiato anche tanti estranei. C’è stato un incredibile passaparola. Un’intera casa di riposo ha deciso di contribuire alla causa. Ognuno ha dato quanto poteva permettersi: abbiamo ricevuto da 1 a 600 euro».
Adesso i soldi sono finalmente giunti a destinazione. «Al ritorno dobbiamo ringraziare tutti, uno per uno», promettono gli sposi. Sicuramente ci vorrà un po’ di tempo perché le persone sono tante davvero!
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