Toscana

A Messa in toscana solo il 15 per cento

di Andrea BernardiniSilvano Burgalassi, sacerdote e sociologo pisano, da oltre quarant’anni si occupa di analisi di sociologia religiosa in Italia e in particolare, in Toscana. Analisi svolte sulla base del rilevamento statistico della presenza dei fedeli ai riti fondamentali del cristiano (battesimi, cresime e messe domenicali). Monsignor Burgalassi, com’è cambiata la «presenza religiosa» dei toscani negli ultimi trent’ anni?«A mio parere la presenza dei cristiani alla Messa domenicale è calata quasi ovunque di dieci punti: da un 25% di presenti nel 1972 si è passati oggi a meno del 15%. Una buona parte di questa emorragia è dovuta all’invecchiamento della popolazione, per cui gli anziani hanno difficoltà ad andare a messa; ma anche i giovani e i giovanissimi preoccupano per le loro assenze, specie dopo la prima Comunione. Naturalmente non è estraneo al declino religioso l’efficienza o meno degli organismi pastorali e la presenza o mancanza di adeguate iniziative di tipo associativo». Dove tiene ancora la partecipazione alla vita della parrocchia?«Nelle parrocchie tuttora “tradizionaliste”, legate ad un contesto geografico particolare (ad esempio la Garfagnana e zone simili) dove l’identità religiosa si radica fortemente sul territorio e dove è più facile il passaggio generazionale dei valori e dei comportamenti. Qui la presenza alle celebrazioni eucaristiche si aggira intorno al 20%. Mi sono recato in vacanza nel paese di Corfino, in Alta Garfagnana, dove ho partecipato alla maggior parte delle celebrazioni religiose e anche a quelle civiche. Alla Messa quotidiana assistevano non meno di trenta persone e a quella domenicale le chiese erano piene di fedeli. Matrimoni e riti funebri registrano la partecipazione di buona parte della popolazione con usanze che altrove sono sparite, come ad esempio la recita del rosario nella casa del defunto il giorno precedente al trasporto o il pane dei morti concesso gratis ai partecipanti». Dove invece le chiese sono più vuote?«Nelle città (anche perché molte persone alla domenica si spostano altrove) nei paesi delle Colline pisane ed in generale dove il turismo ha rotto la coesione sociale e l’identità locale. Questa identità o si crea per peculiarità locali e geografiche (paesi di montagna, borghi prevalentemente abitati da anziani ecc.) oppure si può ricreare in un luogo virtuale, per esempio nelle associazioni o movimenti a forte intensità partecipativa». Come si prospetta il futuro?«Nel futuro prossimo c’è da aspettarsi un ulteriore calo della pratica religiosa, così come già oggi è presente un calo di vocazioni. Ma una pastorale ecclesiale di tipo diverso, con ritmi formativi lunghi e con il coraggio di qualche “no” a richieste celebrative formali, forse, potrebbe invertire la tendenza e costruire i pilastri su cui impostare una nuova evangelizzazione».

Il liturgista: c’è bisogno di celebrazioni gioiose

Salviamo la domenica