Toscana

Acqua, bollette sempre più care

DI SIMONE PITOSSIDa circa 300 a soli 6 gestori misti (pubblici e privati) e una suddivisione per «ambiti territoriali ottimali». Tutto ciò per soddisfare un fabbisogno complessivo di circa 700 milioni di metri cubi all’anno e per dare servizi sempre più efficienti. È questa la rivoluzione nella gestione dell’acqua che è appena stata avviata in Toscana e che prevede ingenti investimenti per i prossimi anni per adeguare acquedotti, fognature e impianti di depurazione. Ma efficienza e razionalizzazione si faranno pagare. E il prezzo delle bollette è destinato a salire e non poco. E l’acqua diventerà un vero e proprio «oro blu».

Iniziamo dal caro–bollette. La rivoluzione, già iniziata, ha portato da circa 300 tariffe a solo sei in tutta la Toscana a seconda dell’ambito di appartenenza. Ma questo porterà, secondo le stime, a raddoppiare nel corso degli anni i costi dell’acqua. Infatti oggi un cittadino di Pisa paga l’acqua 1,13 euro al metro cubo che, tra vent’anni, diventeranno circa 2 euro. E così anche per un abitante del comune di Arezzo: oggi spende 0,96 euro che lieviteranno fino 1,95. Gli aumenti delle tariffe? Sono dovuti agli ingenti investimenti necessari per adeguare la rete idrica toscana. Lo sostiene Sirio Bussolotti, presidente della Commissione ambiente e territorio del Consiglio regionale. «Per modernizzare acquedotti, fognature e depuratori – spiega – nei prossimi venti anni saranno spesi oltre 2 miliardi di euro, pari quasi a 800 euro a testa per ogni cittadino toscano. Inoltre l’85% degli investimenti dovrà essere fatto nei prossimi otto-dieci anni».

La Toscana è stata la prima Regione italiana a dare attuazione alla cosiddetta «legge Galli» che prevedeva l’affidamento della gestione delle acque ad un solo gestore a partecipazione mista pubblico–privata per ogni ambito territoriale. La Toscana ha individuato sei ambiti: il nº 1 Toscana Nord (che comprende, tra gli altri, i comuni di Massa e Lucca), il nº 2 Basso Valdarno (Pisa), il nº 3 (Firenze e Prato), il nº 4 Alto Valdarno (Arezzo), il nº 5 Toscana Costa (Livorno), il nº 6 Toscana Ombrone (Siena e Grosseto). Di questi Ato ben cinque hanno già individuato il gestore unico di ambito: Acque spa per il 2, Publiacqua spa per il 3, Nuove Acque spa per il 4, Asa spa per il 5 e Acquedotto del Fiora per il 6. Solo l’ambito 1 non ha ancora individuato il gestore unico. La modalità prescelta è stata quella dell’affidamento diretto ad una società per azioni a prevalente capitale pubblico con l’obbligo di indire la gara per la selezione del socio privato di minoranza (non meno del 40%) entro il 2002, pena la revoca dell’affidamento. La durata dell’affidamento è ventennale per quattro casi su cinque: solo l’Ato 6 ha scelto di affidare il servizio per 25 anni.

Ora è arrivato quindi il momento della scelta dei partner privati. Sono in definizione i bandi e i capitolati di gara nell’ambito 3 (Firenze, Prato, Pistoia), nel 2 (Pisa) e nel 6 (Siena, Grosseto). È già in corso la gara nell’Ato 5 (Livorno). Mentre ha bruciato le tappe l’ambito aretino che, primo in Italia, ha già individuato anche il socio privato e costituito la società pubblico–privata fin dal 1999. E ha fatto da battistrada, nel bene e nel male, per tutti gli altri. «Oggi siamo gli unici in Italia – osserva Carlo Schiatti, presidente dell’Ato 4 – a poter fare un confronto tra i dati della programmazione e quelli della gestione. L’analisi dei risultati evidenzia che Nuove Acque Spa presenta costi superiori a quelli previsti alla pianificazione».

Un fronte di discussione è stato aperto con il Ministero dell’ambiente e con il Comitato di vigilanza. Sul banco degli imputati il metodo dell’affidamento del servizio al gestore pubblico che dovrebbe essere sostituito da una pubblica gara alla quale possa concorrere da subito i soggetti privati. «Obiettito del legislatore regionale – risponde Sirio Bussolotti – è invece difendere il “modello toscano” dai rischi sia di centralismo statale che dalla subalternità alle multinazionali. Ad un vecchio monopolio pubblico non deve sostituirsi un monopolio privato. Se è giusta la separazione delle proprietà delle reti e degli impianti, che resterebbero pubblici, dalla gestione delle società di servizi, non è corretto che lo Stato imponga come modello unico quello della “privatizzazione in toto” anche se al termine di un periodo di transizione». Contrario alla «svendita del patrimonio tecnologico ed umano dei servizi del pubblici toscani» si è dichiarato anche il presidente dell’Ato 3 Luciano Baggiani. Che ha aggiunto: «Il mercato dell’acqua ha bisogno di un disegno di politica industriale che lo accompagni verso il pieno sviluppo della competizione, perché è immaturo in termini di soggetti ma non in termini di competense professionali e tecnologiche. A partire dall’esistente occorre favorire la formazione di nuovi e più grandi soggetti per dar vita all’industria toscana delle acque».

Ma le critiche arrivano anche da sinistra. «Dicono che l’acqua è un bene di tutti. Di fatto è gestito da pochi che guadagneranno molto. L’acqua è un diritto che deve essere garantito ai cittadini in misura equa e a un costo giusto e solidale, per questo è necessaria la gestione pubblica». Questa la posizione del gruppo consiliare in Regione di Rifondazione comunista che sull’argomento ha presentato una mozione con cui intende sensibilizzare il Consiglio sul tema che – secondo Rifondazione – diventerà decisivo nel prossimo futuro anche in Toscana. Secondo Rifondazione comunista occorre «rimettere in discussione le politiche di privatizzazione seguite dalla Giunta e sfidare il presidente Martini ad assumere il tema dell’acqua come prioritario sia in chiave sociale che ambientale».

Ato: cosa sono e come operanoI DATIATO 1 Toscana Nord 513.412 ab. 52 comuniATO 2 Basso Valdarno 782.292 ab. 64 comuniATO 3 Medio Valdarno 1.295.198 ab. 50 comuniATO 4 Alto Valdarno 298.224 ab. 37 comuniATO 5 Toscana Costa 355.617 ab. 33 comuniATO 6 Toscana Ombrone 352.704 ab. 36 comuni LA RIFORMACon l’emanazione della legge 5/1/94 n. 36, «Disposizioni in materia di risorse idriche», la cosiddetta «Legge Galli», si è avviato un profondo processo di riorganizzazione istituzionale e industriale nell’assetto dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. I tratti salienti di questo processo sono riassumibili in alcuni passaggi fondamentali:•i comuni trasferiscono l’esercizio della titolarietà del servizio all’Ambito Territoriale Ottimale (Ambito);•l’Ambito definisce il piano e la tariffa del nuovo servizio e provvede all’affidamento della gestione del servizio idrico integrato;•l’Ambito controlla che il gestore realizzi il piano e verifica l’applicazione della tariffa. OBIETTIVOL’obiettivo di tale processo è pervenire il più rapidamente possibile all’accorpamento delle gestioni esistenti largamente frammentate e, contemporaneamente, alla loro trasformazione in senso industriale e imprenditoriale della gestione. Tutto questo deve consentire all’Ambito di affidare la gestione ad un’impresa che per dimensioni, organizzazione e capacità imprenditoriale sia capace di finanziare e realizzare il piano degli investimenti necessario al miglioramento dei servizi idrici. I RUOLIIl nuovo schema prevede che vi sia una netta distinzione di ruoli fra l’Ambito, che definisce gli obiettivi e controlla la realizzazione del piano, e il gestore che organizza il servizio e realizza il piano. L’Ambito deve svolgere la sua attività di regolatore in ragione dell’assenza di concorrenza nel mercato di questi servizi con l’obiettivo di assicurare la tutela del consumatore nei confronti del gestore monopolista. Questo compito di regolazione deve essere svolto dall’Ambito attraverso la definizione del piano, l’applicazione della tariffa e il successivo controllo sulla realizzazione, da parte del gestore, degli obiettivi contenuti nel piano. Piano, tariffa e controllo sono definiti dal contratto sulla base del quale sarà affidata la gestione. Il controllo si eserciterà in primo luogo attraverso la verifica del raggiungimento degli obiettivi del piano. Il controllo sull’applicazione della tariffa consentirà all’Ambito di regolare il comportamento del gestore in relazione all’attuazione del piano con la possibilità addirittura di revocare l’affidamento nel caso che il gestore sia gravemente inadempiente.