Toscana

Aviaria, virus in fase calante

Per quanto riguarda la pericolosità del virus dell’influenza aviaria «siamo già in una china discendente». La rassicurazione arriva dal virologo Mauro Delogu dell’Università di Bologna, che da anni studia il comportamento dei virus influenzali aviari, negli uccelli migratori e nelle anatre-sentinella, nell’oasi di Orbetello gestita dal Wwf.

«Il virus H5N1, nelle varianti più patogene – ha spiegato Delogu – sta infatti rimanendo confinato in Asia, capace in alcuni casi di infettare e uccidere l’uomo; ma nelle varianti che si stanno spostando trasportate dagli uccelli migratori – ha precisato – si osserva come si stia già addirittura riducendo la capacità del virus di uccidere le specie serbatoio, ovvero le anatre». Questo vuol dire, ha spiegato l’esperto, che il virus «sta già dimostrando un riadattamento per rientrare in natura, dove esso esiste e sopravvive normalmente negli animali selvatici mantenendo un livello molto basso di patogenicità e pericolosità».

In totale, sono 800-1.000 ogni anno gli uccelli, tra migratori e animali-sentinella, che vengono analizzati presso l’oasi Wwf di Orbetello, ad un intervallo di circa 20 giorni. Un esempio unico in Europa di monitoraggio continuativo di questo tipo. Gli uccelli vengono catturati, identificati, misurati e sottoposti quindi a prelievi di sangue e tamponi. I migratori vengono quindi lasciati nuovamente liberi, mentre gli uccelli-sentinella restano sotto controllo nell’oasi. Obiettivo: verificare la positività ai virus aviari nei migratori di passaggio o nelle sentinelle che restano sotto il controllo dell’equipe di Delogu.

Proprio gli animali-sentinella, ha spiegato il virologo, hanno un ruolo centrale: «I test periodici sulle anatre evidenzierebbero infatti in tempi brevi l’eventuale presenza di anticorpi al virus H5, indicando così che lo stesso virus ha iniziato a diffondersi ed è presente nel’ambiente circostante».

«È probabile che alcuni di questi uccelli – ha spiegato Delugu, che oggi ha effettuato una dimostrazione alla stampa delle modalità di analisi sugli uccelli – provenienti dalle rotte che giungono da Russia e Kazakistan, possano essere portatori del virus, anche se ad oggi non risultano test positivi in quest’area; ma l’H5N1, che indica una famiglia e non un singolo virus, va sempre considerato in funzione della sua patogenicità, e non sempre – ha ribadito Delogu – la variante individuata risulta pericolosa, anche perché nella grande famiglia degli H5N1 pochissime sono le varianti molto patogene a fronte di moltissime varianti non pericolose».

Fondamentale, ha quindi rilevato il direttore scientifico del Wwf Italia Gianfranco Bologna, «è preservare le popolazioni di animali selvatici, poiché in queste il virus rimane poco patogeno. L’attenzione – ha aggiunto – deve essere invece diretta a limitare il contatto con gli animali di allevamento, perché qui lo stesso virus, adattandosi, può mutare in varianti più pericolose”. In altri termini, ha concluso Bologna, «non è l’animale selvatico ‘l’untorè del virus killer, bensì lo sono le condizioni innaturali che l’uomo crea negli allevamenti intensivi e che fanno da volano per la diffusione e la trasformazione del virus».(ANSA).