Toscana

Il Papa a Cipro: un sinodo di pace per il Medio Oriente

di Fabio Zavattaro

Uno sforzo internazionale, urgente e concertato, per risolvere le tensioni che continuano in Medio Oriente, specie in Terra Santa, «prima che tali conflitti conducano a uno spargimento maggiore di sangue». È l’appello con il quale papa Benedetto conclude la sua visita nell’isola di Cipro, una terra divisa da quello che possiamo definire l’ultimo muro dell’Europa. E lo ha visto, quel muro – «triste divisione», ha detto il Papa – essendo ospite della Nunziatura Apostolica, che si trova nel complesso del convento francescano della Santa Croce.

L’edificio è nella zona cuscinetto, sorvegliata dai caschi blu delle Nazioni Unite, a ridosso della «linea verde», la linea di demarcazione dell’armistizio che divide in due Nicosia: da una parte la Repubblica di Cipro, circa il 65 per cento dell’isola; dall’altra l’autoproclamata Repubblica del nord riconosciuta solo dal governo turco.Il «muro» è proprio lì: barriera di cemento, bidoni colmi di terra sopra un muretto, filo spinato, e case disabitate che portano i segni della guerra. Non è un caso che il Papa abbia voluto scegliere proprio quest’isola per lanciare il suo appello alla pace in Medio Oriente e per consegnare ai vescovi l’«Instrumentum laboris» del prossimo Sinodo dei vescovi, che si terrà in ottobre in Vaticano.

Quel muro è una ferita aperta del Vecchio Continente; una barriera tra due nazioni, una già nella Comunità europea e l’altra, la Turchia, che desidera entrarvi. Ma rimanda a un altro muro, la separazione di Nicosia: quella linea di autodifesa, come viene chiamata, che divide Israele e i territori dell’Autorità nazionale palestinese. Un altro muro che il Papa ha visto, anzi attraversato passando dalla porta di Rachele, nel maggio dello scorso anno, per recarsi a Betlemme e nel campo profughi di Aida.

Il viaggio a Cipro assume così anche contorni politici, sottolineati in modo più evidente dal documento di lavoro del Sinodo preparato proprio dai vescovi della regione mediorientale, e tra questi come non ricordare monsignor Luigi Padovese: sarebbe stato a Nicosia se non lo avessero ucciso proprio alla vigilia del viaggio del Papa. Come presidente della Conferenza episcopale turca ha contribuito non solo alla stesura del testo del documento, ma si è impegnato nel dialogo interreligioso e culturale e nel dialogo tra le Chiese. Lo ricorda il Papa nelle parole che pronuncia consegnando l’«Instrumentum» ai vescovi al termine della messa a Nicosia.

Nel documento di lavoro del Sinodo si legge, tra l’altro: «Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e l’egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato l’equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione». Il testo ribadisce che l’occupazione israeliana è un’ingiustizia politica imposta ai palestinesi, che nessun cristiano può giustificare con pretese teologiche. Il conflitto israelo-palestinese è inoltre il focolaio principale dei vari conflitti mediorientali.

Il Papa, nell’omelia e all’Angelus, ribadisce che il Sinodo, partendo proprio dalle grandi prove che i cristiani soffrono a causa della situazione nella regione, vuole essere «un’occasione per i cristiani del resto del mondo di offrire un sostegno spirituale e una solidarietà per i loro fratelli e sorelle del Medio Oriente». Benedetto XVI sottolinea il ruolo che in quelle terre svolgono i cristiani: «Voi desiderate vivere in pace e in armonia con ebrei e musulmani. Spesso agite come artigiani della pace nel difficile processo di riconciliazione… È mia ferma speranza che i vostri diritti siano sempre rispettati, compreso il diritto alla libertà di culto e la libertà religiosa». Di qui l’appello alla fine delle tensioni e delle violenze: i cristiani in Medio Oriente soffrono a causa della loro fede; il Sinodo, afferma il Papa, deve aiutare a volgere lo sguardo sulla regione «affinché si possano trovare soluzioni giuste e durature ai conflitti che causano così tante sofferenze». Durante l’omelia afferma: come cristiani «siamo chiamati a superare le nostre differenze, a portare pace e riconciliazione dove ci sono conflitti, ad offrire al mondo un messaggio di speranza. Siamo chiamati a estendere la nostra attenzione ai bisognosi, dividendo generosamente i nostri beni terreni con coloro che sono meno fortunati di noi». Siamo chiamati, ha ancora sottolineato il Papa, a «uscire dal mondo chiuso della propria individualità»; ad «abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini»: abbiamo bisogno «di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola: timore e sfiducia gli uni verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all’amore».

Il Medio Oriente ha un posto speciale nel cuore di tutti i cristiani, afferma ancora Benedetto XVI: proprio lì, Dio si è fatto conoscere ai nostri padri nella fede; il Sinodo «tenterà di approfondire i legami di comunione fra i membri delle vostre Chiese locali, come pure la comunione di queste Chiese tra loro e con la Chiesa universale». Il futuro, di unità e di pace nell’isola, ma anche di dialogo e di riconciliazione in tutta la regione, ha bisogno dell’impegno di tutti; per questo invita i cristiani, e i cattolici in particolare, a non lasciare queste terre, e a impegnarsi per costruire un avvenire migliore e più sicuro per i propri figli, nel dialogo paziente e costante con i vicini.

Benedetto XVI, i discorsi a Cipro e l’Instrumentum laboris del Sinodo

Messaggio di pace da un’isola ponte tra Oriente e Occidente (di Enzo Bianchi)