Toscana

Il Papa in Africa, un continente di speranza e di angoscia

DI ROMANELLO CANTINI

Il viaggio del Papa in Africa di questi giorni è un rivolgersi ad una Chiesa che offre e che soffre. L’Africa intera è in sé ancora un continente di speranza e di angoscia. Negli ultimi trenta anni il continente nero è la parte del mondo dove i cattolici sono cresciuti di più moltiplicandosi per tre dai cinquanta ai centocinquanta milioni, cioè a più nella metà dei cattolici che si contano nel Vecchio Continente. I seminaristi che giungono da una parte del mondo dove ancora cento anni fa il cattolicesimo era quasi inesistente sono ormai vicini al numero dei seminaristi europei. Ora anche l’evangelizzazione è una corsia a doppio senso di marcia Al prete bianco che va a fare il missionario in Africa si è aggiunto il prete nero che viene a fare il parroco in Europa. E i rapporti all’interno di una sola Chiesa che supera il Mediterraneo sono sempre più stretti. Crescono gli arrivi in esperienze di formazione e di edificazione nei vecchi centri di spiritualità del cristianesimo tradizionale. Si intensificano le iniziative di sviluppo e di assistenza promosse dai cattolici europei. La stessa Conferenza episcopale italiana usa una parte del suo otto per mille ora per alfabetizzare il Burkina Faso, ora per pagare il debito della Guinea e dello Zambia.

E tuttavia l’Africa è ancora il continente che si trascina dietro tutte le sciagure dei secoli passati, dalla violenza endemica alle epidemie più antiche e più recenti, alla povertà più dura e cruda. Perfino le lunghe e faticose costruzioni spirituali appaiono fragili e mai definitive rispetto alle convulsioni di un continente che non riesce ancora dopo la fine della colonizzazione e delle guerre senza senso a trovare un suo assestamento. In Rwanda e per certi aspetti anche nel Burundi, paesi che almeno sulla carta potevano considerarsi cattolici, si è dovuta ricominciare in pratica da capo una forma radicale di evangelizzazione dopo che i massacri del 1994 avevano spazzato via non solo un terzo dei preti e dei vescovi, ma anche i più elementari legami di solidarietà fra la popolazione.

In altri paesi è l’intolleranza e la persecuzione contro i cristiani che impedisce di trovare non solo un dialogo, ma perfino una convivenza e un equilibrio fra le varie confessioni. Nel Sudan la guerra del Nord musulmano contro il Sud cristiano e animista vecchia di venti anni ha fatto due milioni di morti. In Nigeria dove musulmani e cristiani si dividono esattamente a metà, l’introduzione della sharia in gran parte delle province provoca ormai da più di un decennio periodici scontri con stragi soprattutto di cristiani. Anche in Somalia si rischia ormai il martirio con l’assassinio singolo. Il problema della convivenza fra le religioni in Africa era stato anche fra le principale preoccupazioni di Giovanni Paolo II. Nel suo viaggio in Africa del 1993 Papa Wojtyla aveva voluto, nonostante i pareri contrari, sostare seppure per sole otto ore in Sudan per ricordarvi il diritto alla libertà religiosa. E nel suo successivo viaggio del 1998 aveva voluto incontrare in Nigeria tutti capi religiosi musulmani, seppure all’inizio riluttanti, per cercare di affermare insieme a loro che «non è affatto la vera religione l’uso della violenza in nome della religione».

Anche papa Benedetto XVI incontrerà nel Camerun una minoranza cattolica rispetto ad una componente animista molto forte e ad una minoranza islamica sostanzialmente moderata di tendenza sufi, che insieme costituiscono una platea significativa, per dimostrare la possibilità di convivenza di una società tipicamente multireligiosa. Se l’Africa d’altra parte può essere un continente a rischio per il cristiano è anche il luogo in cui il cristianesimo appare più spogliato dei suoi monumenti e della sua veste occidentale per presentarsi proprio nella sua essenzialità disposta ad indossare tutte le culture più universali e quindi più «cattolico» che altrove. Papa Wojtyla che appare nella famosa foto in Kenya con una acconciatura di piume di struzzo seduto su un tamburo di pelle di leopardo è in fondo un Papa più ecumenico di quelli che apparivano in sedia gestatoria. E mettersi dentro la cultura africana, starci nel mezzo con la presenza è anche questo un modo per smorzare i fondamentalismi, per ribadire che il cristianesimo non e una imitazione di un mondo estraneo.

L’Africa è infine un continente che dopo essere stato schiavo dell’Occidente sembra sia condannato a replicare alla rovescia e all’infinito la malattie di cui l’Occidente sembra oggi guarito dal comunismo, al razzismo, al fanatismo religioso. Guerra e povertà si alimentano e in certo senso si spiegano a vicenda e si trascinano fino nel nuovo secolo. L’Angola, uscito da una guerra di decolonizzazione trasformatasi in guerra ideologica durata venticinque anni che ha lasciato un paese esausto e solo ora in cerca di un effettivo sviluppo, può essere il paese simbolo di questo bisogno di voltare pagina e di iniziare finalmente una storia che significhi finalmente pace e progresso per il continente nero. E lì i cattolici hanno finalmente, se lo vogliono, il numero e la forza per agire da protagonisti e da precursori.

Il programma della visita

Inizierà alle 10 di martedì 17 marzo il primo viaggio di Benedetto XVI nel continente africano. Il Papa partirà dall’aeroporto di Fiumicino ed arriverà alle 16 a quello di Yaoundé (Camerun).

Mercoledì 18 marzo, dopo la visita di cortesia al Presidente della Repubblica, il Papa incontrerà i Vescovi del Camerun nella chiesa Christ-Roi a Yaoundé, quindi nel pomeriggio presiederà i Vespri con il clero locale e i rappresentanti di movimenti ecclesiali e di altre confessioni cristiane del Camerun nella Basilica Marie Reine des Apôtres.

Giovedì 19 marzo, nella sede della Nunziatura Apostolica, incontrerà i rappresentanti della comunità musulmana del Camerun. Alle 10 celebrerà la Messa in occasione della pubblicazione dell’«Instrumentum laboris» della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, nello Stadio Amadou Ahidjo di Yaoundé. Alle 16,30, presso il Centro Cardinale Paul Emile Léger di Yaoundé, il Papa incontrerà i malati e, alle 18,30 nella Nunziatura Apostolica, avrà un incontro con i membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

Venerdì 20 marzo, dopo la cerimonia di congedo, alle 10,30 il Papa partirà per Luanda (Angola), dove giungerà alle ore 12,45. Dopo l’accoglienza delle Autorità locali, renderà una visita di cortesia al Presidente della Repubblica. Nel pomeriggio, alle 17,45 avrà un incontro con le autorità politiche e civili e con il Corpo diplomatico, ed alle 19 incontrerà i vescovi dell’Angola e Sao Tomé.Sabato 21 marzo, alle 10 celebrerà la Messa nella chiesa dedicata a San Paolo di Luanda, e alle 16,30 incontrerà i giovani nello Stadio dos Cioqueiros di Luanda.Domenica 22 marzo, Benedetto XVI presiederà la Messa concelebrata dai Vescovi dell’Inter-Regionale Bishops of Southern Africa nella Spianata di Cimandola a Luanda. Nel pomeriggio, nella parrocchia di Santo Antônio di Luanda, incontrerà i movimenti cattolici per la promozione della donna.Lunedì 23 marzo, alle 10, cerimonia di congedo all’aeroporto di Luanda, quindi partenza per Roma, dove arriverà alle 18 all’aeroporto di Ciampino.