Toscana

In Toscana 223 mila poveri

DI SIMONE PITOSSIC’è una scala del rischio per le situazioni che possono portare alla povertà. In testa a questo podio degli ultimi ci sono padri o madri soli con figli minorenni. Al secondo posto le coppie con due o più figli in età scolare, in cui uno solo dei componenti lavora. Al terzo gli anziani (oltre i 65 anni) che vivono da soli. Tutto ciò fa pensare. Anche se la Toscana non la si può definire una regione povera. Il reddito a disposizione per il consumo è infatti sufficientemente elevato. Ma, come detto, anche da noi esistono sacche di marginalità. Secondo gli ultimi dati Istat disponibili (2002) sono oltre 83 mila le famiglie e 223 mila le persone che vivono con meno di 823 euro al mese, soglia di povertà relativa. Le famiglie povere sono il 5,9% di tutte quelle residenti nella nostra regione, mentre le persone in condizione di povertà rappresentano il 6,3% di tutti i toscani. Poi ci sono le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta: circa 4 mila in Toscana.

Per parlare di questo fenomeno e di come contrastarlo si svolge a Prato, il 30 e 31 gennaio, la Conferenza regionale sull’esclusione sociale. «Metteremo a confronto – spiega Angelo Passaleva, assessore alle politiche sociale della Regione – esperienze diverse e cercheremo di individuare le maggiori esigenze e le risposte più idonee per aiutare chi vive in stato di indigenza e per evitare che i poveri continuino ad aumentare».

Già, perché se la Toscana non sta male – in Italia la percentuale di poveri è più bassa solo in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Liguria – le sacche di povertà sono comunque in crescita in Toscana. «Le famiglie che vivono in affitto hanno il 42% di probabilità in più di diventare povere rispetto a quelle che vivono in un’abitazione di proprietà – continua Passaleva – e per molti nuclei monoreddito spesso più della metà dello stipendio se ne va per la casa».

Molti dei casi a rischio sono rappresentati da persone che vivono poco al di sotto della soglia di povertà. Quindi gli interventi sociali potrebbero essere efficaci per riportarle in una situazione di tranquillità. Proprio per contrastare l’esclusione sociale la giunta regionale ha messo a disposizione 3.500.000 di euro di risorse aggiuntive rispetto ai fondi ordinari per le politiche sociali. E siccome la povertà è un fenomeno soprattutto «metropolitano» il 90% dei fondi saranno ripartiti proporzionalmente al numero dei residenti tra i 22 comuni toscani con più di 30 mila abitanti, mentre il restante 10% sarà suddiviso tra i soli comuni con più di 60 mila cittadini. «I provvedimenti per combattere l’esclusione sociale – conclude Passaleva – vanno dal sovvenzionamento di mense e dormitori organizzati da Comuni o associazioni di volontariato per aiutare chi si trova in condizioni di povertà estrema come i senzatetto, all’adozione di misure strutturali per prevenire l’indigenza come le politiche per la casa, il sostegno all’occupazione, la prevenzione delle malattie e la tutela ambientale».

La Toscana non è una regione povera. «Ma i poveri sono purtroppo in aumento: colpa dei prezzi che salgono e degli stipendi che rimangono invece fermi» commenta l’assessore Angelo Passaleva. Nel 2002 secondo i dati raccolti dall’Istat 83 mila famiglie (il 5,9 per cento di tutte quelle residenti in Toscana) e 223 mila persone (il 6,3 per cento di tutti i toscani) vivevano con meno di 823 euro al mese, soglia di povertà relativa. È una percentuale più bassa rispetto a molte altre regioni d’Italia e del mondo. Il Friuli Venezia Giulia, che nel 2000 se la passava meglio della Toscana, ha avuto in due anni un’impennata di nuovi indigenti.

I poveri estremi ed assoluti, quelli che non hanno di che vivere e talvolta neppure un tetto, sono in Toscana circa 13 mila: quattromila le famiglie. Minore rispetto ad altre regioni è però l’intensità di povertà relativa, ovvero la distanza dalla soglia di marginalità: poveri non troppo poveri, dunque, e recurabili.

Ma chi sono i poveri toscani? Gli anziani che vivono da soli sono quelli che più rischiano in Toscana di cadere in situazioni di marginalità e povertà, come i disoccuppati di lunga durata e senza specializzazione (soprattutto se over 50). Anche i nuclei con un solo genitore e figli minorenni scontano maggiori probabilità. E lo stesso vale per le famiglie che vivono in affitto: la probabilità di cadere in uno stato di privazione relativa è superiore del 42 per cento rispetto alle famiglie che hanno una casa di proprietà.Sono alcuni dei risultati di una ricerca condotta dall’Irpet sulle condizioni di vita delle famiglie toscane. Anche le famiglie dove la persona di riferimento è una donna corrono rischi maggiori: 23% contro il 15%. La famiglia comunque gioca un ruolo importante nel riequilibrio della distribuzione dei redditi in Toscana: più che altrove. E lo stesso vale per l’azione della pubblica amministrazione. La montagna costituisce invece un fattore negativo. Per numerosi indicatori la Toscana potrebbe vantare una posizione migliore della sestultima per povertà: come per il Piemonte però un territorio per buona parte montano gioca a sfavore.

«Della povertà – osserva Passaleva – dobbiamo vergognarci perché è profondamente ingiusto che al fianco di chi sta troppo bene si moltiplichino i volti e le storie di chi vive invece ai margini». A Prato, nella Conferenza regionale sull’esclusione sociale (il cui programma è pubblicato nella colonna a sinistra), si parla di tutto questo e lo si fa in un’antica sala del vecchio ospedale cittadino che dal ‘300 ha ospitato pellegrini e viandanti, prima di essere trasformato in una corsia, la vecchia «Corea», ed oggi in una sala per congressi.

A Prato il 30 gennaio intervengono tra gli altri don Cubattoli che parla del disagio in carcere, Alessandro Petretto che ragiona sui numeri della povertà in Toscana, Luca Gaggioli dell’Associazione Bilanci di Giustizia che prova a legare povertà e consumismo affrontando il tema degli stili di vita alternativi e delle scelte di consumo che risultano talvolta determinanti. Lelio Grossi interviene poi sull’usura: la Toscana ha una legge dal 1996 e la Misericordia di Siena, in collaborazione con la Regione, ha attivato una rete di ascolto, consulenze per piani di rientro e garanzie presso le banche. Il 30 gennaio a Prato c’è anche Maria Passigli di Fuoribinario e Fabio Salvato di Banca Etica. Il 31 gennaio sono presenti infine Giarcarlo Rovati, presidente della Commissione di indagine sull’esclusione sociale e professore dell’Università Cattolica di Miliano, e il sottosegretario al welfare Grazia Sestini.

La schedaC’è povertà e povertà. Infatti, la povertà non è un concetto univoco. La si può misurare in modo oggettivo, sia in termini assoluti che relativi, oppure in modo soggettivo sulla base di come viene percepita.

• Sono povere in senso «relativo» tutte le famiglie che spendono per i consumi, in un mese, meno di una determinata soglia che corrisponde al 50% della media del reddito equivalente familiare italiano. Nel 2002 la soglia è di 823,45 euro per due persone (1.342,22 euro per una famiglia di quattro persone).

• La «povertà assoluta» è l’incapacità di acquistare un paniere di beni e servizi considerati essenziali per la famiglia italiana (prima di tutto cibo e abitazione), appena sufficienti a conseguire uno standard socialmente accettabile.

• Ci sono poi le «povertà estreme» (reddito zero): i cosiddetti homeless, i senza casa, i barboni.

• Al variare del costo della vita da una città all’altra o da una regione all’altra, varia la percezione della povertà. La «povertà soggettiva» misura il senso di appagamento: sono povere tutte quelle famiglie che dichiarano di non aver risorse sufficienti rispetto ad un certo standard di vita che viene considerato come minimo.

Dalla povertà alle povertà

Povertà, chi bussa ai Centri di ascolto

Rapporto Mirod 2003 (formato .RTF)