Toscana

La Bibbia dietro le sbarre

di Andrea Fagioli

È una stretta di mano vera, robusta. Quell’omone che ci presentano appena entrati nella sala polivalente del carcere di Livorno risponde al nome di Mario Tuti. Sulle spalle ha due ergastoli. È dentro dal 1975. Assassinò un brigadiere e un appuntato che erano andati a perquisire la sua casa, a Empoli. Terrorista di destra, fondatore del Fronte nazionale rivoluzionario, partecipò con il neofascista Pierluigi Concutelli, anch’egli detenuto nel carcere di Novara, all’uccisione di Ermanno Buzzi, uno dei principali indiziati per la strage di Piazza della Loggia a Brescia. Nel 1987 fu tra i leader della rivolta dei detenuti a Porto Azzurro, ma dal 1992, dopo l’assoluzione definitiva per l’attentato al treno Italicus, Tuti è diventato un detenuto modello: scrive libri e canzoni, dipinge. Ha fondato «Teatro carcere», completato gli studi di Scienze forestali, partecipato ai Racconti dell’Apocalisse proposti da «Avvenire» nel 1995. Approdato nella Casa circondariale livornese, è diventato animatore di un laboratorio multimediale. Non è un pentito. Si considera ancora «prigioniero politico». Dice di non chiedere perdono ai familiari delle sue vittime perché ritiene di non averne il diritto: «Il perdono si dà spontaneamente, non si chiede per sentirsi meglio».

Eppure, quest’uomo duro, dalla storia tragica, è ora capace di commuoversi nell’ascoltare alcune detenute leggere la sua riflessione sul salmo 124 raccolta nel volume di Francesco Antonioli La Bibbia dei non credenti, pubblicato da Piemme: «Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati… In questo mondo coatto incapace di voli e di libertà, stretto nei lacci delle sentenze e delle convenienze, ritrovare qualcosa di dimenticato e smarrito. Parole come di un canto, di un salmo: e scoprire che Dio ci ama, ci libera, ci sostiene. Questa debole forza ci è data. Come un uccello nelle mani del cacciatore. Ma Colui che non disdegnò di dirsi carcerato – che carcerato e ferito fu nelle mani dei nemici – ecco che ancora spezza i nostri lacci. E verrà a sciogliere, non a troncare… Questa debole forza ci è data. La Verità di quelle parole del Salmo, che ci rendono liberi. Una speranza, certo, e una promessa…».

Dietro quelle spesse lenti, molto simili a quelle con cui divenne tristemente celebre quasi trent’anni fa, Tuti tradisce i lucciconi. È stato soprattutto lui ad organizzare quest’anomala presentazione di un libro sulla Bibbia in un carcere. «Per noi è stata una sfida – spiegano i detenuti e le detenute che hanno partecipato all’iniziativa dando vita ad una rappresentazione multimediale con tanto di scenografia e pannelli in ceramica ispirati al versetto del salmo –. È stata una prova di quegli spazi d’impegno e di libertà che ancora ci restano, ma anche un metterci alla prova tentando di sfuggire agli angusti limiti del carcere e della pena».

«Mi piace che la Bibbia sia stata avvicinata in maniera così libera – commenta monsignor Alberto Ablondi, intervenuto alla presentazione assieme al curatore del volume e a Roberta Russo della Piemme –. La vostra – dice il vescovo emerito di Livorno ai detenuti – è stata una chiacchierata, ma del resto la Bibbia è proprio una chiacchierata. Il Concilio, al proposito, dice che Dio parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro come con amici. E quando il rapporto è più intimo, avviene la narrazione. La Bibbia è appunto la testimonianza di un Dio che si narra».

E più che presentare un libro all’interno del carcere, «quest’oggi – conclude Antonioli – tutti insieme abbiamo fatto un esercizio di libertà».

Briciole di clemenza per il pianeta carcere

Se la pena è disumana