Toscana

Parla il sindaco Hanna Naser: Un equivoco sulla «luce di Betlemme»

Il Nunzio apostolico a Gerusalemme, monsignor Pietro Sambi, parla di «terrorismo dell’informazione». Lo dice a proposito delle notizie che dalla Terra Santa arrivano in Italia soprattutto attraverso i tg. «Noi beviamo la televisione, che è diventata un criterio superiore a qualunque altro», aggiunge Sambi parlando alla delegazione toscana riunita alla «Casa Nova» di Betlemme per una cena ufficiale con il Console italiano, alcuni ministri del governo palestinese, i sindaci della città di Beit Jala e di Beit Sahour, il governatore del distretto e il Custode di Terra Santa. «Nessuno di voi ha avuto l’onore di morire martire – dice ironicamente il Nunzio –. Questo significa che i pellegrinaggi sono possibili». Ma al di là dei pericoli diretti, che effettivamente non si vedono, qual è la situazione complessiva qui a Betlemme? Lo chiediamo al sindaco Hanna Naser, arabo cristiano, «strappandolo» per qualche minuto ai commensali.

Signor sindaco, quali sono i problemi della sua città dal punto di vista economico, ma anche da quello della sicurezza o, se vogliamo, della politica?

«La situazione a Betlemme è molto difficile sia dal punto di vista politico che economico. Siamo sotto assedio, il turismo è a zero e Betlemme vive essenzialmente sul turismo. Per il resto, gli operai e gli impiegati non hanno la possibilità di uscire dalla città e di raggiungere il posto di lavoro in Israele. La disoccupazione ha raggiunto il 35 per cento. Ma non solo: oltre cento cittadini cristiani sono stati costretti a lasciare la casa ed emigrare. Se la situazione non cambia crescerà la disoccupazione e aumenterà il numero di coloro che se ne vanno».

Cosa pensa di questi accordi che si stanno profilando sul piano commerciale con la Toscana?

«Penso che il vero significato sia quello di dare speranza e sostegno alla nostra economia. Se i turisti non possono venire qui, cercheremo di mandare noi a loro i nostri prodotti. Ma al di là di tutto faremo il possibile per riavere qui i pellegrini. Non capisco perché i cristiani non facciano con Betlemme quello che i musulmani fanno con La Mecca e cioè di tornare almeno una volta l’anno alle proprie radici. Betlemme è dei cristiani di tutto il mondo, non solo di quelli che ci abitano».

Abbiamo sentito di un progetto in cui sarebbe coinvolto anche il presidente del Consiglio italiano, ma che stenta ad andare in porto. Può dirci di cosa si tratta?

«Si tratta di un equivoco. Le spiego: su Mediaset doveva andare in onda una trasmissione dal titolo “Luce per Betlemme”, dove nelle mie intenzioni quella “luce” era un qualcosa di ideale, ma l’ambasciatore palestinese in Italia, forse poco informato, ha fatto sapere che Betlemme aveva bisogno della luce vera e propria tanto che a Roma mi hanno fatto incontrare il direttore generale dell’Enel. Una volta spiegato che l’energia elettrica non c’entrava, la trasmissione, benché registrata da tempo, non è più andata in onda. E pensare che era già stato istituto un numero verde per offrire contributi, soprattutto da parte dei Comuni. Di recente si è occupato del caso il presidente della Commissione esteri della Camera, Gustavo Selva, che mi ha garantito di averne parlato con Berlusconi».A.F.

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