Toscana

Prato, in quattromila per dire «no» alle mafie

Venti i pullman giunti da tutta la Toscana per partecipare in modo gioioso ad una marcia colorata e apartitica. La maggior parte di coloro che hanno sfilato in corteo erano studenti delle scuole, un migliaio solo da Prato, e ragazzi scout in pantaloni corti e fazzolettone.

Dopo aver percorso le strade del centro, la manifestazione ha avuto il suo clou in piazza delle Carceri, dove autorità, tra loro anche il vescovo di Prato, Franco Agostinelli, e gente comune hanno letto ad alta voce i nomi delle vittime di mafia. Presenti anche Piera Tramuta, sorella di Calogero, ucciso in Sicilia nel 1996 e Marina Grassi, sorella di Libero, morto per mano di cosa nostra nel 1991.

«Dagli anni Novanta ad oggi sono state cinquantasette le confische decise dalla magistratura, per ben 380 beni tra immobili, particelle di terreno, pertinenze ed aziende requisiti» ha ricordato oggi l’assessore regionale con delega per la legalità, Vittorio Bugli, che ha partecipato alla marcia pratese -. On line sul sito della Regione è disponibile una mappa georeferenziata. Il numero è alto perché considera le singole particelle catastali, le pertinenze e porzioni di terreno. Solo qualche anno fa erano comunque poco più di centosettanta – dunque sono raddoppiati – e la maggior parte, 326, non sono ancora destinati e rimangono in gestione all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati.

Per il bene forse simbolo tra quelli sottratti in Toscana alla criminalità, la tenuta agricola di Suvignano in provincia di Siena, è stato firmata l’anno scorso un’intesa per la gestione con un progetto pilota di agricoltura sociale. «E’ una vicenda che va sbloccata – sottolinea Bugli -: è l’ora che i beni confiscati passino rapidamente a un uso sociale, la lentezza delle procedure rischia di vanificare l’alto valore simbolico dei sequestri. Convocherò nuovamente tra qualche giorno il tavolo regionale dei beni confiscati per decidere insieme a tutti un’azione ancora più stringente, affinché si possa mettere questo patrimonio a disposizione della collettività».