Toscana

Province: Governo, senza riordino sarà caos istituzionale

Nella vicenda del riordino delle Province i colpi di scena non mancano. Nel testo del maxiemendamento partorito d’intesa con il governo e depositato venerdì scorso dalla Commissione affari costituzionali del Senato, Firenze ritornerebbe Città metropolitana, senza Prato e Pistoia, che insieme farebbero Provincia. Una scelta che sostanzialmente rispecchierebbe la proposta presentata dal centrodestra in Consiglio Regionale: l’emendamento prevederebbe anche lo divisione della maxi provincia della costa in due nuove entità, Livorno-Pisa e Lucca-Massa.

Ma c’è anche un secondo colpo di scena. Il Popolo della libertà porrà in aula al Senato, mercoledì prossimo 12 dicembre, la pregiudiziale di incostituzionalità sul decreto legge di riordino delle Province. Ad annunciarlo uno dei due relatori della legge Filippo Saltamartini (Pdl). In questo modo, l’intero provvedimento, fortemente voluto dal Governo Monti, rischierebbe di saltare in caso di approvazione della pregiudiziale. «Bisogna capire – sostiene Saltamartini – se la costituzionalità della riforma delle Province passa tramite la Consulta o se a decidere saremo noi in Parlamento. Potremmo decidere o di bocciare decreto legge, oppure di farlo passare in attesa della pronuncia della Corte costituzionale». La Consulta, tra l’altro, dovrà esprimersi sul ricorso presentato dalle Regioni contro il decreto Salva Italia del 4 dicembre scorso che all’articolo 23 ha di fatto «svuotato» le competenze delle Province e ne ha modificato il sistema elettorale.

Ed eccoci al terzo evento a sorpresa. «La mancata conversione del decreto legge sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato». Lo afferma uno studio del governo inviato ad alcuni senatori anticipato dall’Ansa. Non solo. Ne deriverebbe anche un «periodo di incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentale per i cittadini come manutenzione di scuole superiori e strede, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale».

In assenza dell’approvazione del dl sulle province si torna al decreto «Salva Italia», sottolinea lo studio del Dipartimento delle Riforme del Ministero della Funzione Pubblici, e dunque sono diversi i problemi con i quali ci si troverebbe a confrontarsi. «I perimetri e le dimensioni delle province – sottolinea il documento – resterebbero quelli attuali (rinascono 35 province) e verrebbe meno l’individuazione delle funzioni ‘di area vasta’ come funzioni fondamentali delle province, sicché le province restano titolari di sole funzioni di indirizzo e coordinamento».

La cnseguenza sarebbe che «le Regioni dovranno emanare entro la fine di quest’anno leggi per riallocare le funzioni tra Comuni e Regioni medesime. Non potendo allocare le attuali funzioni provinciali a livello comunale, trattandosi per l’appunto di funzioni di area vasta e quindi di livello sovracomunale, ciò comporterà – affermano gli esperti – tendenzialmente la devoluzione delle funzioni alle Regioni con conseguente lievitazione dei costi per il personale (il personale regionale costa più di quello provinciale e comunale) e la probabile costituzione di costose agenzie e società strumentali per l’esercizio delle funzioni».

Nell’eventualità che «le Regioni non provvedessero lo Stato dovrà intervenire in via sostitutiva, quindi bisognerà valutare, Regione per Regione, come riallocare le funzioni ora esercitate dalle province». Inoltre, «le Regioni hanno delegato alle province numerose funzioni proprie: a questo punto le deleghe dovrebbero essere ritirate». Il mancato riordino delle Province, viene sottolineato dal documento, «si riflette sulla riorganizzazione dell’amministrazione periferica dello Stato e sui risparmi alla stessa collegati. Infatti, gli uffici periferici dello Stato sono organizzati tendenzialmente su base provinciale. Il mancato riordino delle province quindi rende problematica l’attuazione della riorganizzazione degli uffici periferici».

Un alto effetto sarebbe che «le città metropolitane restano istituite solo sulla carta e la loro operatività sarebbe ostacolata da una serie di fattori: mancanza di definizione del sistema elettorale del consiglio metropolitano; incertezze sui rapporti tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano; incertezze sui rapporti patrimoniali e finanziari; perimetro diverso per Firenze e Milano».