Toscana

Settimana sociale, cattolici allo scoperto

Dal nostro inviato Andrea FagioliE’ stata una scossa all’ora del tramonto quella data da Francesco Paolo Casavola nel tardo pomeriggio del 7 ottobre in un gremito Teatro Arena del Sole, nel centro di Bologna, in apertura della quarantaquattresima Settimana sociale dei cattolici italiani. «Luogo dato agli spettacoli diurni» c’è scritto a grandi lettere sopra l’ingresso del vecchio teatro (completamente rimodernizzato all’interno) controllato a vista da un Garibaldi a cavallo che volta le spalle alla grande «Nutelleria». A Bologna c’è anche questo: un locale dove si mangia tutto ed esclusivamente a base di Nutella, pizza e piadina comprese. Ma per qualcuno, all’interno del teatro, la prolusione di Casavola è suonata tutt’altro che dolce. Non per molti però, a giudicare almeno dagli applausi che hanno sottolineato a più riprese le riflessionni del presidente emerito della Corte costituzionale oggi presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana.

Chiamato ad introdurre il tema della Settimana («La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri»), Casavola è partito dall’idea essenziale degli antichi in fatto di democrazia (il governo ai governati) per dire che oggi, nelle democrazie, quell’idea del governo ai governati è solo «una metafora ideologica, perché il governo è neppure dei rappresentati, ma della loro maggioranza. Non è un caso che oggi si invochino democrazie governanti, decisioniste, presidenzialiste, non inceppate da opposizioni e controlli parlamentari, né da poteri neutrali o contropoteri. La logica della maggioranza che si trasfigura a volontà generale non ha nulla a che fare con il governo ai governati».

E ancora: «Su scala inferiore alla dimensione nazionale, giuste rivendicazioni di competenze e poteri locali si caricano e si distorcono di tonalità antistoriche rispetto ai traguardi raggiunti dall’esperienza dell’unità nazionale. Enfatizzando fantasiose diversità etniche, minacciano separatismi e secessioni, diffondendo uno spirito di intolleranza razziale nei confronti di stranieri immigrati». Insomma, dice Casavola, «mai come ora la democrazia appare vulnerabile e inclinante verso oligarchie, strutturate in poteri anche non politici, economici, sociali, mediatici, o verso governi personali».

Dopo aver ricordato che il XX secolo ha immolato 52 milioni di vittime in due guerre mondiali e che guerre sono in corso anche in questo XXI secolo («più irregolari che mai, rispetto al passato, di Stati contro terroristi, di etnie contro etnie, di genocidi»), Casavola ha detto che «i pacifisti sono arrisi non solo dai guerrafondai, ma anche da quella cultura, che vuole essere realista e pragmatica senza lasciare speranze di salvezza al genere umano. Qui non c’è scampo per i se e i ma del machiavellismo italiano. I guerrafondai sono criminali e vanno tradotti dinanzi al giudice penale».

Casavola, che ha impostato la sua prolusione sui tre valori su cui «ancorare il futuro della democrazia» (vita, cultura e coscienza), ha concluso il suo intervento con la proposta di introdurre nel nostro ordinamento referendum consultivi e propositivi sulle «grandi questioni morali». Al presidente emerito della Corte costituzionale, che ha duramente condannato oltre alla guerra il terrorismo e «l’imponente fenomeno suicidario» degli incidenti stradali, è stato essenzialmente contestato di non aver fatto nessun riferimento alla vita nascente, mentre il discorso sui referendum consultivi è stato interpretato come possibile scavalcamento del ruolo mediatore della politica.

Il dibattito sulla prolusione di Casavola ha tenuto banco nei capannelli dei delegati e tra i giornalisti, che hanno incalzato gli organizzatori della «Settimana» nel corso delle quotidiane conferenze stampa (puntualmente al posto della pausa pranzo). Nella circostanza, il vicepresidente del Comitato organizzatore, Giuseppe Dalla Torre ha ricordato che «il Comitato esprime il suo pensiero nel documento di base, mentre ognuno dei relatori porta la responsabilità delle proprie opinioni. Ma il tema della vita nascente – ha voluto precisare Dalla Torre – è comunque presentissimo nelle varie tavole rotonde».

Il presidente del Comitato, il vescovo Lorenzo Chiarinelli, ha ribadito che la Settimana sociale è prima di tutto un «laboratorio di idee» è che il faro per tutti è il messaggio di Giovanni Paolo II (di cui un’ampia sintesi è riportata in queste pagine) soprattutto quando sollecita i cattolici, «come esperti delle discipline sociali e come cristiani», «a svolgere un ruolo di mediazione e di dialogo tra ideali e realtà concrete». Un ruolo che talvolta è anche di «pionieri» in quanto ai cristiani «è chiesto di indicare nuove piste e nuove soluzioni per affrontare in modo più equo gli scottanti problemi del mondo contemporaneo».

«Purtroppo il grembo di questa nostra comunità – ha commentato Chiarinelli – è diventato sterile di vocazioni di qualunque tipo. Nella società di oggi c’è l’autoreferenzialità e quindi nessuno è più disposto a rischiare. Ma l’immagine del “pioniere” ci impegna tutti».

A caratterizzare la Settimana sociale di Bologna sono state essenzialmente le tavole rotonde: ben sette in due giorni e mezzo (tre al venerdì, tre al sabato, una conclusiva la domenica mattina, senza contare il pomeriggio di saluti, interventi e prolusioni del giovedì, gli spunti di riflessione mattutini e la Messa delle sette e mezzo). Un vero e proprio tour de force che ha costretto i delegati ad un notevole impegno mentale, oltre che fisico, considerato l’imprevisto caldo autunnale che non ha risparmiato nemmeno il capoluogo emiliano nel fine settimana scorso.

Tantissimi gli spunti e il materiale che ora dovrà passare per forza (pena il fallimento della Settimana») al vaglio e alla riflessione delle diocesi. E magari anche al vaglio e alla riflessione dei politici: se ne sono visti davvero pochi all’Arena del Sole.

Dalla tavola rotonda con i responsabili delle maggiori associazioni e movimenti cattolici presenti in Italia è venuta fuori «con chiarezza la necessità di convergenze nella presenza sociale e nell’impegno politico che deve esprimersi in modo creativo e nuovo per offrire un contributo significativo in questo tornante complesso della società, secondo l’ispirazione evangelica». È così emersa l’esigenza di costituire un laboratorio comune di riflessione e di formazione «al fine o di ritrovarsi insieme attorno a specifici progetti condisivi o di ricercare sempre più posizioni comuni su questioni pubbliche di grande rilevanza che coinvolgono la tradizione del movimento cattolico, al di là delle diverse appartenenze».

Grazie alla «grandezza» di Internet, possiamo rimandare i lettori al nostro «giornale on line» dove c’è tutta la Settimana sociale (testi integrali, interventi, sintesi, commenti, foto) e limitarci ad alcuni «flash».

Molto seguito e meditato lo «spunto di riflessione» di Paola Bignardi, presidente dell’Azione cattolica, in apertura della terza giornata di lavori, che citando La Pira ha invitato «a inventare una democrazia fraterna, che non smette di proporsi con mitezza; che non accetta di avere nemici; che accetta di attraversare il conflitto che nasce dalle diversità conservando un profondo rispetto per le persone; che sa di continuo ricominciare; che costruisce attraverso il dialogo».

Molto applaudito l’intervento di Savino Pezzotta, segretario generale della Cisl che, dopo aver posto l’accento sulla «rappresentanza politica che non è più specchio della società», si è lanciato in un finale pirotecnico invocando «la castità nei confronti della politica».

Applausi anche per il sociologo Pier Paolo Donati, che ha messo il dito nella piaga dell’evasione fiscale: «L’evasore, anche se va a Messa, è un volgare scroccone».

Quella della Settimana sociale di Bologna è stata, per dirla con il massmediologo Francesco Casetti, «un’assemblea attiva e curiosa, che ha preteso molto». E per dirla infine con il segretario del Comitato organizzatore, Franco Garelli, a Bologna si è visto «il mondo cattolico così com’è: variegato e pluralista».

I numeri dell’assembleaE’ toccato al segretario del Comitato scientifico-organizzatore delle Settimane sociali, il sociologo torinese Franco Garelli, dare i «numeri» dell’assemblea di Bologna. Lui che l’ha coordinata con la sua presenza costante, paziente e attenta ora dopo ora sul palco dell’Arena del Sole collegato con il resto del «mondo» attraverso l’«andirivieni» discreto del fiesolano don Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale sociale e il lavoro.

«Prima di passare ad una sintesi necessariamente breve dei lavori di questi giorni – ha spiegato Garelli nelle conclusioni –, pare opportuno mettere in rilievo gli elementi di novità e il livello di partecipazione di questa Settimana sociale. Un primo elemento di novità metodologica è stato rappresentato dai Seminari preparatori, che hanno visto la partecipazione di oltre 1.000 persone.

In questi giorni, poi, abbiamo vissuto questo evento in 1.200 persone, con 40 relatori, 120 interventi nel dibattito e 30 contributi scritti. Su un tema particolarmente impegnativo, la Settimana è stata in grado di offrire al Paese una serie di interventi di eminenti specialisti e dirigenti di ispirazione cattolica che hanno contribuito a rendere vivace ed attuale il dibattito e la riflessione, segno della ricchezza e della pluralità della presenza dei cattolici nella società».

Lo speciale sulla 44ª Settimana sociale