Toscana

Simoni: ma i credenti ignorano la società

«La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri» è il tema della prossima Settimana sociale in programma a Bologna dal 7 al 10 ottobre. Su cosa si intende riflettere attraverso questo tema, lo abbiamo chiesto al vescovo di Prato, Gastone Simoni (nella foto), nella sua qualità di delegato della Conferenza episcopale toscana per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace. «S’intende – spiega monsignor Simoni – far riflettere i cattolici e non solo loro su un problema di fondo per l’Italia e per l’Europa: la sorte della democrazia sostanziale».

Ma perché si parla di nuovi scenari: la democrazia corre ancora dei rischi?

«Premesso che di riflettere sulla democrazia c’è sempre bisogno, delle minacce esistono realmente: arrivano non tanto e non solo da possibili ritorni autoritari, ma soprattutto dai poteri forti finanziari e massmediatici e da una possibile maggior crisi di cittadinanza tra le persone. D’altra parte in un mondo così velocemente cambiato e caratterizzato dalla cosiddetta globalizzazione è gioco-forza rivedere gli assetti e i funzionamenti della democrazia. Ci sono insomma nuovi scenari nel mondo e ci sono nuovi poteri che rischiano di condizionare eccessivamente se non addirittura anestetizzare il potere del voto dei singoli cittadini».

In questo contesto qual è il ruolo dei cattolici?

«I cattolici sono oggi in prima fila a difendere e promuovere la democrazia, a darle un’anima, a indicare i suoi punti fermi nella verità sull’uomo e a metterla in guardia dagli effetti nefasti della debolezza del pensiero e della forza degli interessi. E sentono comunque il bisogno di contribuire ai necessari aggiornamenti».

Per fare questo è sufficiente la Settimana sociale? «La Settimana sociale ha il compito prevalente di chiamare a raccolta per far pensare, ma il rischio è che si continui a tenere viva la testa senza rafforzare un corpo gracile: quello del cattolicesimo sociale e politico italiano».

Cosa si può fare per rafforzare questo «corpo»?

«Oltre che a pensare e parlare della sorte della democrazia e degli altri grandi temi sociali e civili, bisognerebbe parlare e mettere a fuoco il problema dei soggetti cattolici, persone e gruppi, che ne dovrebbero essere i testimoni e i protagonisti. Penso infatti che il cattolicesimo sociale abbia due limiti: il primo riguarda il passaggio dai principi alla progettualità che è impossibile senza un raccordo tra i principi e l’analisi concreta della società in trasformazione; il secondo limite è lo scarso interessamento del popolo credente e praticante alle vicende della società democratica sul piano locale e globale nonché il deficit di raccordo tra persone, gruppi e movimenti impegnati a livello sociale e politico. Oltre alle Settimane sociali, o anche attraverso le Settimane sociali, vedrei necessaria una sorta di aggiornata Opera dei congressi che metta insieme i cattolici non solo per pensare ed ascoltare ma anche per trovare le vie migliori per la loro incisività nei nuovi scenari e tra i nuovi poteri».A.F.

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