Vita Chiesa

Abusi: p. Lombardi, impegnarsi per sviluppare una positiva «cultura della denuncia»

Bisogna impegnarsi per sviluppare una positiva «cultura della denuncia», che permetta di agire efficacemente nella verità e nella giustizia». Così padre Federico Lombardi, presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI e moderatore dell’Incontro per la Tutela dei minori nella Chiesa, nella sintesi – finora inedita – dei resoconti degli undici gruppi di lavoro in cui sono stati suddivisi i partecipanti al summit svoltosi in Vaticano presso l’Aula Nuova del Sinodo dal 21 al 24 febbraio 2019. Il passaggio è contenuto nel volume della Libreria editrice vaticana (Lev), intitolato «Consapevolezza e purificazione. Atti dell’Incontro per la Tutela dei minori nella Chiesa» che riporta tutti gli interventi pronunciati durante il summit. In particolare, la sintesi del moderatore si basa sui resoconti – ricchi e puntuali benché brevi – consegnati per iscritto da ciascun gruppo (4 di lingua inglese, 2 di lingua francese, 2 di lingua spagnola, 3 di lingua italiana). «Ci si rende conto della gravità delle conseguenze del non ascoltare e riconoscere le sofferenze e la profondità delle ferite delle vittime e di sottovalutare e addirittura cercare di occultare la gravità dei crimini di abuso sessuale dei minori», scrive Lombardi: «La difficoltà di superare la cultura del silenzio è maggiore in certe culture e regioni del mondo. Ma bisogna impegnarsi per sviluppare una positiva ‘cultura della denuncia’, che permetta di agire efficacemente nella verità e nella giustizia. Bisogna comprendere più profondamente le dinamiche e i processi che portano all’abuso e la loro natura ‘sistemica’. Comprendere le connessioni fra gli abusi di potere, di coscienza e sessuali; la visione distorta dell’autorità nella Chiesa come potere e non come servizio, qualificata da papa Francesco come ‘clericalismo’».

«La priorità dell’ascolto delle vittime è stata ribadita da tutti i gruppi, dove si è riconosciuta la forza delle testimonianze ascoltate per raggiungere la comprensione più adeguata dei problemi, della gravità delle sofferenze e della profondità delle ferite, e quindi della gravità dell’occultamento e della negligenza nell’agire per rispondere alle vittime, per fare giustizia e impedire ai colpevoli di ripetere i crimini», scrive padre Federico Lombardi. «Spesso le ferite profonde nelle vittime sono causate non solo dal fatto degli abusi, ma anche in gran parte dall’esperienza del rifiuto di essere ascoltate», annota Lombardi: «Ciò ha spesso provocato un risentimento profondo e ha indurito gli atteggiamenti critici. Anche se è difficile, è giusto continuare a coltivare un atteggiamento di ascolto verso tutte le vittime». «Per garantire l’ascolto occorre provvedere persone e luoghi precisi, conoscibili dalle vittime e dai loro familiari», la proposta: «Ciò non esime tuttavia i vescovi dall’esercitare anch’essi l’ascolto in prima persona, ciò che è necessario per comprendere la natura e la profondità dei problemi».

«L’ascolto deve far parte ‘strutturalmente’ del ministero pastorale del vescovo», il monito: «Occorre sviluppare le capacità non solo di primo ascolto, ma di accompagnamento delle vittime e persone ferite». Tra le proposte emerse dall’incontro di febbraio, quella di «arrivare a formulare cammini di guarigione e riconciliazione delle vittime nel corpo della comunità ecclesiale, anche con riti e liturgie appropriate, compresa la partecipazione all’Eucarestia come luogo della piena comunione nel Corpo di Cristo che è stato profanato e ferito dagli abusi. Si può mirare ad avere una vera partecipazione di vittime all’aiuto di altre vittime e al cammino verso la guarigione e il rinnovamento nelle comunità ecclesiali. Inoltre si è parlato del maggiore ruolo che va riconosciuto alle vittime nel corso dei processi canonici».