Vita Chiesa

Aggregazioni laicali, un «lavoro degno e solidale» è possibile

«O decidiamo di rendere solidale un sistema lavorativo che, attualmente, esclude i soggetti proprio quando dovrebbero essere maggiormente inclusi, o rischiamo di distruggere un’intera società»: a dirlo è Marco Bartoletti, imprenditore della BB SpA di Calenzano, un’azienda che ha tra i suoi obiettivi quello di restituire la dignità attraverso il lavoro. Proprio Bartoletti è stato l’ospite centrale di «Lavoro degno e solidale», il Convegno annuale della Consulta toscana delle Aggregazioni laicali, che si è ritrovata lo scorso sabato alla Villa di San Leonardo al Palco, sulle colline pratesi, per riflettere sul tema dell’ultima Settimana sociale dei cattolici italiani. «Vorrei raccontarvi – ha continuato Marco Bartoletti – la storia di Giovanni (nome di fantasia per tutelare l’interessato, ndr), affetto da una brutta malattia. Dopo un colloquio in cui ho toccato con mano tutta la sua frustrazione e il suo senso di impotenza, abbiamo deciso di inserirlo a lavorare nella nostra azienda. Con il tempo qualcosa è cambiato: Giovanni ha ricominciato a lottare e il male che gli era stato diagnosticato è scomparso».

La BB SpA di Bartoletti presenta nel suo organico dipendenti con Sla, autismo, neoplasie e malattie debilitanti. Persone licenziate da un precedente luogo di lavoro o auto-isolatesi, per paura di essere inutili. «Spesso la dignità che si perde con la fine di una esperienza lavorativa è peggiore della malattia stessa – chiarisce Marco – e per questo cerchiamo proprio di restituire speranza attraverso una nuova possibilità professionale». «Sono state proprio le giornate di Cagliari a donarci un ritrovato sapore di concretezza – sono le parole di Edoardo Baroncelli, condirettore dell’ufficio di Pastorale sociale e del lavoro della Cet, invitato a far sintesi della Settimana sociale – sta a noi declinare tutto questo nella nostra realtà. Stiamo vivendo questo paradosso: il lavoro, al tempo stesso, è precario e sottopagato, ma spesso ti richiede sacrifici che ti impongono di dimenticare anche la famiglia. Una follia che ti scarnifica dal di dentro».

I giovani erano presenti all’incontro regionale della Consulta con il progetto Policoro. «Quando incontriamo i ragazzi – evidenzia Elia Frosini, responsabile del progetto per la diocesi di Prato – sentiamo che sono disorientati, che vivono in pieno il paradosso dell’attuale sistema. Cerchiamo di prenderli per mano, di accompagnarli», «orientandoli – gli fa eco Simone Neri, che del Policoro è il segretario regionale – sia nel mondo dell’Università che nel mondo professionale». L’obiettivo è quello di aiutarli a crearsi un futuro consapevole, anche attraverso l’autoimprenditoria: a Prato, ad esempio, questo avviene anche grazie a strumenti come il Fondo Santo Stefano: «dalla nascita del fondo – dice il responsabile Maurizio Nardi – abbiamo fatto nascere 104 microimprese e 6 sono attualmente in incubazione».

Proprio le nuove generazioni sono tra i testimoni di questi successi: ne è un esempio Alessandro Corina – presente all’incontro – grossetano e cresciuto con il progetto Policoro, che adesso è designer di interni e lavora con impegno in un settore non facile, ma in cui riesce a imporsi sposando una logica solidale e rispettosa della libertà di ognuno. «Non è un caso – evidenzia mons. Fausto Tardelli, vescovo delegato della Cet per le Aggregazioni laicali – se questo incontro si svolge alla vigilia della Giornata mondiale dei poveri indetta dal Papa. Dobbiamo riconoscerci nella povertà degli altri, nei loro bisogni, e quello del lavoro è cruciale. Vivere un lavoro dignitoso, giusto, sano, che partecipa al bene comune deve restare un obiettivo per il presente e per il futuro».