Vita Chiesa

BENEDETTO XVI IN POLONIA, DISCORSO AL CLERO: CORAGGIO DELLA COERENZA E ADESIONE AL VANGELO

“Sono giunto in Polonia, nella diletta Patria del mio grande Predecessore Giovanni Paolo II, per attingere – come egli era solito fare – da questo clima di fede in cui vivete e per ‘comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati’. Ho fiducia che il mio peregrinare di questi giorni ‘rinfrancherà la fede che abbiamo in comune, voi e io'”. E’ cominciato nel segno di Giovanni Paolo II, e con le parole dell’apostolo Paolo, il secondo discorso del Papa in terra polacca. Incontrando il clero locale nella cattedrale di Varsavia, Benedetto XVI ha ricordato la “storia dolorosa della vostra capitale e del vostro paese”, e le “prove” a cui i polacchi sono stati “esposti in tempi non tanto lontani”. “Ricordiamo con riconoscenza e gratitudine coloro che non si sono lasciati sopraffare dalle forze delle tenebre, da loro impariamo il coraggio della coerenza e della costanza nell’adesione al Vangelo di Cristo”, l’invito del Papa, che ha citato “gli eroici testimoni della fede che offrirono la loro vita a dio e agli uomini, santi canonizzati e anche uomini comuni”,tra i quali il card. Wyszynski, “il Primate del Millennio” come lo chiamano in Polonia, che “seppe servire fedelmente la Chiesa pur in mezzo a prove dolorose e prolungate”. All’inizio del suo discorso, dopo la citazione della lettera ai Romani (1,8-12), Benedetto XVI ha salutato in particolare il card. Jozef Glemp, arcivescovo di Varsavia e primate di Polonia, “al quale porgo le mie più cordiali felicitazioni per il 50° di ordinazione sacerdotale che ricorre proprio oggi”.

Egoismo, fretta, relativismo, pessimismo, ipocrisia, “esagerata concentrazione su se stessi”. Sono alcuni pericoli, tipici della cultura oggi dominante, che i sacerdoti devono evitare, rispondendo al “tanto rumore” con il “silenzio” della preghiera. Come quello – “profondo” e “indimenticabile” – di un milione di giovani a Colonia. Ne è convinto il Papa, che nel discorso rivolto al clero polacco ha ricordato che “dai sacerdoti i fedeli attendono soltanto una cosa: che siano degli specialisti nel promuovere l’incontro dell’uomo con Dio”. “Al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia, in edilizia o in politica. Da lui ci si attende che sia esperto nella vita spirituale”, ha detto Benedetto XVI, secondo il quale “quando un giovane sacerdote fa i suoi primi passi, occorre che possa far riferimento ad un maestro sperimentato, che lo aiuti a non smarrirsi tra le tante proposte della cultura del momento”. “Di fronte alle tentazioni del relativismo o del permissivismo – ha ammonito il Pontefice – non è affatto necessario che il sacerdote conosca tutte le attuali, mutevoli correnti di pensiero; ciò che i fedeli si attendono da lui è che sia testimone dell’eterna sapienza, contenuta nella parola rivelata”.

Bisogna “imparare a vivere con sincerità la penitenza cristiana”, con umiltà ma anche senza “indulgere a facili accuse”. E’ l’invito del Papa al clero polacco, in continuità con quanto affermato a più riprese dal suo predecessore. “Il Papa Giovanni Paolo II in occasione del Grande Giubileo ha più volte esortato i cristiani a far penitenza delle infedeltà passate”, ha ricordato Benedetto XVI tenendo il suo secondo discorso, nella cattedrale di Varsavia: “Crediamo che la Chiesa è santa, ma in essa vi sono uomini peccatori. Bisogna respingere il desiderio di identificarsi soltanto con coloro che sono senza peccato. Come avrebbe potuto la Chiesa escludere dalle sue file i peccatori? È per la loro salvezza che Gesù si è incarnato, è morto ed è risorto. Occorre perciò imparare a vivere con sincerità la penitenza cristiana”. Il Santo Padre ha poi spiegato nel dettaglio cosa significhi per la Chiesa fare un esame di coscienza: “Conviene guardarsi – ha detto – dalla pretesa di impancarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi e in altre circostanze. Occorre umile sincerità per non negare i peccati del passato, e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti pre-comprensioni di allora”. “Chiedendo perdono del male commesso nel passato – ha concluso – dobbiamo anche ricordare il bene compiuto con l’aiuto della grazia divina che, pur depositata in vasi di creta, ha portato frutti spesso eccellenti”.

“Quando le famiglie vengono divise, quando si infrangono i legami sociali, la Chiesa non può rimanere indifferente”. Incontrando oggi il clero polacco, il Papa ha fatto notare che “oggi la Chiesa in Polonia si trova dinanzi ad una grande sfida pastorale: quella di prendersi cura dei fedeli che hanno lasciato il Paese”, a causa della “piaga della disoccupazione”, un “fenomeno diffuso su larga scala” che “costringe numerose persone a partire verso l’estero”. “Sacerdoti polacchi, non abbiate paura di lasciare il vostro mondo sicuro e conosciuto, per servire là dove mancano i sacerdoti”, è l’invito del Papa, che ha citato i “numerosi sacerdoti e religiose che “svolgono il loro servizio non soltanto in favore dei polacchi fuori dei confini del paese, ma anche, e a volte in condizioni difficilissime, nelle missioni dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina e in altre regioni”. Benedetto XVI ha concluso il suo secondo discorso in Polonia affidando ai polacchi il motto del pellegrinaggio. “Rimanete saldi nella fede!”, ha esclamato il Santo Padre: “Siate autentici nella vostra vita e nel vostro ministero. Fissando Cristo, vivete una vita modesta, solidale con i fedeli a cui siete mandati. Servite tutti; siate accessibili nelle parrocchie e nei confessionali, accompagnate i nuovi movimenti e le associazioni, sostenete le famiglie, non trascurate il legame con i giovani, ricordatevi dei poveri e degli abbandonati”. Sir

Viaggio in Polonia, i discorsi di Benedetto XVI