Vita Chiesa

CARD. BERTONE IN ARMENIA: IL RUOLO DELLA CHIESA PER PACE E PROGRESSO

La Chiesa è chiamata a svolgere un “ruolo primario ed insostituibile” nel “cammino verso un progresso che sia rispettoso dei calori religiosi e che da essi tragga fondamento e stimolo ad aiutare i più sofferenti per costruire un avvenire di giustizia, di fiducia e di trasparenza per tutta la nazione”. Lo ha detto il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, nel discorso pronunciato ieri nella cattedrale armena apostolica di Etchmiadzin, dove è stato accolto da Sua Santità il Catholicos Karekin II. “Anch’io mi sento a casa, mentre porto il caro abbraccio fraterno del Santo Padre che La attende con gioia a Roma”, ha detto Bertone a Karekin, esprimendogli l’”ammirazione” del Papa “per lo straordinario tesoro culturale e spirituale che gli armeni hanno regalato all’umanità”. “Benedetto XVI auspica per voi giorni di pace, interna ed esterna”, oltre che “il superamento di condizioni sociali per molti ancora precarie”, ha detto il cardinale, ricordando che la ”fedeltà” della la chiesa armena, che “fu nel tempo pagata con un alto prezzo di sangue”. “La santità è viva tra cristiani di varia provenienza e i santi sono la viva testimonianza della presenza di Dio tra noi”, ha detto Bertone, lodando l’impegno di Karekin per “strutture sociali” a servizio dei poveri per “l’educazione dei giovani, vero futuro della Chiesa e del Paese”.

“Padre Nerses è stato per tutti un padre accogliente e un maestro spirituale”, “un vero esempio per tutta la cristianità”. Così il card. Tarcisio Bertone ha ricordato oggi mons. Nerses Der Nersessian, davanti alla sua tomba nel villaggio di Panik, durante la visita ufficiale in Armenia. Quando Giovanni Paolo II visitò il Paese, ha detto il card. Bertone, “parlò proprio di questo villaggio e disse: ‘Quando uomini dal cuore malvagio spararono alla croce del campanile di Panik, essi cercavano di offendere quel Dio in cui non credevano’”. L’arcivescovo Nerses, morto un anno fa, era legato a Giovanni Paolo II “da profonda amicizia”: “Con la sua cultura e la sua santità di vita – ha proseguito il card. Bertone -, col suo spirito ecumenico e la sua lungimiranza rese possibile la ripresa pastorale della Chiesa Armena Cattolica, in piena armonia con la Chiesa Armena Apostolica. Un vero esempio per tutta la cristianità. In lui risplendevano le qualità specifiche della Congregazione Armena Mechitarista, vero ponte ecumenico fin dalle origini. Questa Congregazione è rimasta saldamente radicata nell’identità e nell’obbedienza cattolica ed egualmente impegnata a difendere l’ortodossia della tradizione armena e a promuoverne la cultura, in tempi di gravi difficoltà”. Il card. Bertone ha auspicato che “tale atteggiamento possa perdurare nella sua integrità”.

“Cari ragazzi e ragazze, avevo tanto sentito parlare di voi e delle cose meravigliose che fate in questa casa ed ho deciso di venirvi a trovare”. Così il card. Tarcisio Bertone si è rivolto agli ospiti dell’orfanotrofio gestito dalle Suore Armene dell’Immacolata Concezione a Gyumri, durante il suo viaggio in Armenia. “Certo, cari amici, ci sono stati momenti tristi nella vita – ha detto ai ragazzi -. Ma il Signore, che è sempre un buon papà, dà ai suoi figli più di quello che è stato loro tolto”. Qui le Suore Armene ”vi hanno aiutato a ritrovare il sorriso, a sentire la gioia di vivere”, ha aggiunto, e “qui vi preparate a guardare al vostro futuro pieni di speranza. Avete ricevuto una formazione che spesso nemmeno i ricchi e i fortunati possono avere”. Perciò ha invitato i ragazzi ad essere “sempre coraggiosi e forti”. Il card. Bertone ha poi espresso la gratitudine della Chiesa alle religiose: “Io credo che chi restituisce la dignità a un bimbo abbia da Dio una benedizione speciale”.

“Difendere la vita con ogni mezzo e ad ogni stadio del suo sviluppo”. E’ la richiesta fatta oggi dal card. Tarcisio Bertone ai medici dell’ospedale di Ashotsk, il “primo segno di amore e di vicinanza” che Giovanni Paolo II “poté mostrare al popolo armeno”, all’indomani del “terribile terremoto” che, quasi vent’ani, fa, “colpì questa terra provocando un gran numero di vittime”. “I chiediamo – ha detto inoltre Bertone ai medici – di mostrare che curare non è un mestiere ma una vocazione, alla quale forse non tutti sanno di essere fedeli. Noi vogliamo operare con coloro che si sentono di assumere questa responsabilità, che è anche apportatrice di grande gioia”. Esprimendo, poi, ai “fratelli ricoverati” la “vicinanza del Papa e di tuta la Chiesa”, il segretario vaticano ha ricordato che”la Chiesa vuole alleviare le sofferenze del malato prestando mente, cuore e mani a Dio stesso”, ed “una struttura come questa, che lavora senza alcuna prospettiva di guadagno, ne è la prova eloquente”. Pur non potendo visitare l’ospedale a causa delle sue condizioni di salute, ha detto Bertone, Giovanni Paolo II ne”seguì giorno dopo giorno l’edificazione, ne benedisse il plastico in Vaticano, ne chiese instancabilmente notizia. Destinò ad esso direttamente in non pochi casi quanto poteva esservi utile”.

Sir