Vita Chiesa

Card. Bassetti, appello di Sturzo, Italia ritrovi «via della concordia e della fraternità»

«Pur non abitando in una grande città ellenistica dell’Impero Romano nella Provincia della Giudea, non vuol dire che Gesù fosse disinteressato alla vita di una cittadina come Cafarnao. Anzi, dobbiamo pensare che, abitando in quella polis, vi abbia anche in un certo modo esercitato un ruolo civile, che certamente si esprimeva attraverso l’interessamento per la vita di quella povera gente, che viveva principalmente grazie alla pesca e ai commerci». È questo, per il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, il «passo» che «ci permette di ritenere ancora attuale l’Appello di don Luigi Sturzo ai liberi e forti».

L’intuizione di don Sturzo. «Un messaggio – ha affermato nell’omelia della Messa celebrata oggi nella basilica romana dei Santi Apostoli – che ci permette di cogliere in tutta la sua portata il valore storico-sociale dell’opera di don Sturzo, un uomo che, dall’esperienza concreta del suo vissuto di sacerdote, ebbe l’intuizione di chiamare a raccolta i cattolici liberi dalle pastoie e dagli interessi di parte e forti nello spirito, per offrire un servizio all’intero paese, lacerato da lotte sociali talora strumentalizzate da logiche di potere e da visioni contrastanti, sullo sfondo di uno scenario economico-sociale devastato dalla guerra e da povertà diffusa». «Fu in questa chiesa che, alla vigilia del famoso appello, il servo di Dio don Luigi Sturzo, con il manipolo di seguaci, si ritrovò a pregare per mettere tutto nelle mani di Dio, alla cui luce ogni umano impegno trova forza e vigore», ha raccontato il presidente della Cei, citando le parole che il fondatore del Partito popolare scrisse anni dopo: «Durante quest’ora di adorazione rievocai tutta la tragedia della mia vita. Non avevo mai chiesto nulla, non cercavo nulla, ero rimasto semplice prete: per consacrarmi all’azione cattolica sociale e municipale avevo rinunciato alla cattedra di filosofia; dopo venticinque anni ecco che abbandonavo anche l’azione cattolica, per dedicarmi esclusivamente alla politica. Ne vidi i pericoli e piansi. Accettavo la nuova carica di capo del partito popolare con l’amarezza nel cuore, ma come un apostolato, come un sacrificio».

«Da quella nascosta preghiera dinanzi al Santissimo Sacramento scaturì una storia di impegno e dedizione alla causa del bene comune che tutti ben conosciamo e che ancor oggi richiama il nostro interesse e la nostra ammirazione». «Sturzo concepì la sua attività sociale e politica come esigenza e manifestazione dell’amore cristiano», ha fatto notare il cardinale: «non valore astratto, ma principio ispiratore dell’azione concreta che porta ad impegnarsi per cambiare le sorti di questo mondo, specialmente riguardo ai più bisognosi». «L’amore di Sturzo per i poveri non è infatti un epidermico sentimento di filantropia, né è dettato da un superficiale sentimentalismo, ma è un fatto consapevolmente cristiano fondato sulla ‘fratellanza comune per la divina paternità’», ha proseguito il presidente della Cei: «Egli collega l’ordine naturale con quello soprannaturale e vede nella giustizia e nell’amore quei valori che i cristiani, con l’aiuto e l’esempio di Gesù, hanno il compito di attuare nella storia. Da queste premesse egli concepirà l’impegno politico come dovere morale e atto d’amore». Poi Bassetti ha citato la definizione che san Giovanni Paolo II diede del fondatore del Partito popolare: «seppe infondere nei cattolici italiani il senso del diritto-dovere della partecipazione alla cosa pubblica al servizio della verità e dei più deboli, mediante l’applicazione dei principi della dottrina sociale della Chiesa»

«Se non si sa rinunciare a qualcosa di grande, non potremo mai fare qualcosa di grande». Così il card. Gualtiero Bassetti, ha attualizzato – a braccio – la figura di don Luigi Sturzo. La sua entrata in politica, ha proseguito il cardinale, «non fu un passo a cuor leggero, della politica vedeva anche i pericoli. Per questo la preghiera era accompagnata dalle lacrime». «La dottrina sociale della Chiesa non è staccata né dalla morale, né dalla bioetica», il monito di Bassetti, che sulla scorta di Sturzo ha esortato a non essere «scolari negligenti»: «Se non sei uomo di preghiera e di spirito, non puoi annunciare Cristo, ma non puoi nemmeno annunciare la dottrina sociale della Chiesa». Quanto alle «difficoltà» incontrate da Sturzo, il presidente della Cei ha ribadito anche a braccio: «Alcune di queste difficoltà le troviamo anche nel tessuto sociale della nostra Italia».

«Oggi, a distanza di cento anni, questo appello risuona nell’animo di quanti hanno a cuore le sorti del Paese, ancora una volta lacerato e diviso; risuona nell’animo di quanti sentono quella spinta ideale che vede nella difesa della vita e nella promozione umana il motivo di fondo di ogni impegno sociale». Ne è convinto il card. Gualtiero Bassetti, che ha concluso l’ omelia  con un omaggio al prete di Caltagirone, 60 anni dopo la sua morte e a un secolo dall’appello ai «Liberi e forti». «Dobbiamo ringraziare il Signore per aver donato all’Italia e alla Chiesa don Luigi Sturzo, che è stato insieme un uomo di Dio e un sacerdote che si è fatto annunciatore e testimone dell’amore del Signore verso gli uomini», le parole del presidente della Cei: «Con tutta la sua vita ha affermato il primato di Dio e ha pagato di persona il suo impegno per la verità, la libertà, la giustizia, l’amore e la pace. Egli ha vissuto una spiritualità incarnata nel contesto sociale del suo tempo ed ha esercitato la sua carità pastorale attraverso un impegno culturale, sociale e politico d’ampio respiro, animato dalla fede cristiana e ispirato al motto paolino, rilanciato da san Pio X, di instaurare omnia in Christo. ‘Nella mia vita – affermò più tardi il servo di Dio – ho chiesto incessantemente al Signore di essere sempre e soltanto, ovunque, sacerdote, alter Christus’». «Siamo di fronte alla storia di un uomo, di un sacerdote che ha percorso la strada della santità e dell’impegno cristiano attraverso un particolare impegno pubblico», ha commentato Bassetti: «egli lo ha fatto per amore del Cristo che ha scorto sofferente nei suoi concittadini nudi e affamati, lo ha fatto per amore della Chiesa, nella compagine laicale del suo tempo fortemente divisa e in conflitto; lo ha fatto per il suo amato Paese, che vedeva preda delle fazioni più estreme, nell’oscuramento dei valori della dignità umana e del progresso civile».

«Ricordando quell’ora intensa di preghiera, qui in questa insigne basilica chiediamo anche noi quest’oggi al Signore che volga il suo sguardo di amore e di misericordia sulla sua Chiesa e su tutta la società civile italiana perché possa ritrovare la via della concordia e della fraternità, e ogni uomo e ogni donna di questo Paese possa sempre veder riconosciuti i propri diritti nella solidarietà e nella giustizia», la preghiera finale.