Vita Chiesa

Funerali vittime crollo ponte a Genova: card. Bagnasco, «squarcio nel cuore della città». Telefonata di Papa Francesco

Presenti le più alte cariche dello Stato, a partire dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Raccontando di una telefonata ricevuta ieri sera da Papa Francesco, il porporato (testo integrale) ha riferito degli «innumerevoli segni di sgomento e di vicinanza giunti non solo dall’Italia, ma anche da molte parti del mondo»: «Insieme alla preghiera del Santo Padre Francesco – che anche ieri sera, con una telefonata affettuosa, ha voluto manifestarci la sua prossimità – in questi giorni ovunque si innalza a Dio un’onda di preghiera. Genova è nello sguardo del mondo, in un grande abbraccio di commozione, di affetto e di attesa».

Parlando ai familiari delle vittime, il card. Bagnasco ha ricordato che «qualunque parola umana, seppure sincera, è poca cosa di fronte alla tragedia, così come ogni doverosa giustizia nulla può cancellare e restituire». «L’iniziale incredulità e poi la dimensione crescente della catastrofe, lo smarrimento generale, il tumulto dei sentimenti, i ‘perché’ incalzanti, ci hanno fatto toccare ancora una volta e in maniera brutale l’inesorabile fragilità della condizione umana». Eppure «dentro a questa esperienza, che tutti in qualche modo ha toccato, si intravvede un filo di luce».

«Quanto più ci scopriamo deboli ed esposti, tanto più sentiamo che i legami umani ci sono necessari – ha evidenziato il cardinale -: sono il tessuto non solo della famiglia e dell’amicizia, ma anche di una società che si dichiara civile» come «un ponte ci permette di varcare il vuoto, così la fiducia ci consente di attraversare le circostanze facili o ardite della strada terrena».

«Il viadotto è crollato: non era solo un pezzo importante di autostrada, ma una via necessaria per la vita quotidiana di molti, un’arteria essenziale per lo sviluppo della città. Genova però non si arrende: l’anima del suo popolo in questi giorni è attraversata da mille pensieri e sentimenti, ma continuerà a lottare». La certezza del porporato è che «noi genovesi sapremo trarre dal nostro cuore il meglio, sapremo spremere quanto di buono e generoso vive in noi e che spesso resta riservato, quasi nascosto, schivo». Il cardinale ha ricordato poi come «la rete organizzativa e la tempestività a tutti i livelli – istituzionale, di categoria e associazioni –, la professionalità generosa di tutti, a cominciare dai Vigli del fuoco, la disponibilità di tutti, la forza dei feriti, la preghiera e la solidarietà che subito si sono levate da ogni parte della diocesi, rendono visibile l’anima collettiva della nostra città».

Quindi, un augurio: «I numerosi sfollati non solo trovino temporanea ospitalità, ma possano ritrovare presto il necessario calore della casa». Nell’«ora della grande vicinanza», infine, l’arcivescovo si dice certo che «nel cuore di ognuno stia crescendo per Genova un amore ancora più grande, convinto che essa lo merita, che non può essere dimenticata da nessuno, e che la sua vocazione è scritta nella sua storia di laboriosità e di tenacia, oltre che nella sua posizione di porta fra il mare e il continente».

La preghiera della comunità islamica

Un momento di preghiera della comunità islamica per due fedeli musulmani si è svolto nella fiera di Genova al termine dei funerali di Stato. Due giovani albanesi morti nel crollo del viadotto erano di fede islamica. «Il crollo di un ponte che sia fisico o metaforico – ha detto il rappresentante della comunità islamica – provoca sempre un gran dolore: due punti che mon si toccano più e portano via per sempre le vite di tante persone. Il dolore è immenso e affidiamo a Dio le preghiere per tutte le vittime, i feriti, gli sfollati e i soccorritori». Un pensiero anche per coloro dei quali sono stati celebrati i funerali in forma privata. «Siamo vicini a tutti voi e chiediamo al Signore di renderci consapevoli delle nostre responsabilità. Chiediamo a lui di accogliere le anime delle vittime e per la nostra Genova: saprà rialzarsi con fierezza». Un momento che, per don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, è stato «un segno molto forte». «Siamo abituati a sottolineare le differenze. Qui siamo accomunati nel dolore e nella morte. Qui ci riconosciamo fratelli nella vita».