Vita Chiesa

Giornata delle vocazioni, «È tempo di tornare a dare fiducia a Dio»

di Riccardo Bigi

«Quello delle vocazioni al sacerdozio o alla vita religiosa è un tema che può essere visto da punti diversi. Visto dall’ottica dei numeri, spiega monsignor Italo Castellani, in Toscana siamo «ai minimi storici». Ma l’arcivescovo di Lucca (che è anche delegato della Conferenza Episcopale Toscana per la pastorale vocazionale, e presidente del Centro Nazionale Vocazioni) preferisce guardare a quest’argomento dal punto di vista della fiducia: che poi è lo slogan di quest’anno.

Il tema della fiducia è al centro della Giornata per le Vocazioni 2009: l’iniziativa di Dio, ricorda il Papa nel suo messaggio, richiede sempre una risposta libera e fiduciosa da parte dell’uomo…

«Debbo dire che c’è bisogno di fiducia! Sempre, e oggi forse più che mai. Bisogna apprezzare questa opportunità di riflessione che la 46ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni ci presenta. Lo slogan che caratterizza la Giornata di quest’anno, so a chi ho dato la mia fiducia, ce lo suggerisce proprio san Paolo, un “chiamato” eccezionale, che ha approfondito nella sua vita la fiducia che Dio ha avuto in lui. Anche il Santo Padre, nel consegnarci il suo messaggio per questa Giornata, ci ricorda che il primo ad aver fiducia nell’uomo è proprio Dio stesso. Una fiducia che chiede, direi invoca, una risposta dello stesso tono: alla fiducia di Dio verso di noi si risponde con la nostra fiducia in Lui. So bene che da parte nostra non è così facile: anche il Santo Padre ce lo ricorda ma ci dice anche “cari amici, non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà e ai dubbi; fidatevi di Dio e seguite fedelmente Gesù e sarete i testimoni della gioia che scaturisce dall’unione intima con lui”. Questa reciprocità nella fiducia, questa maturità spirituale e umana alla quale Dio ci chiama, mi pare ben rappresentata, nella semplicità dei segni e delle immagini, dal poster che accompagna la Giornata di quest’anno. Sullo sfondo di una vetrata si stagliano due mani che si incontrano: è un cercarsi ed un appoggiarsi reciproco, nella accoglienza e nella fiducia. È un affidarsi alle mani di Qualcuno, il Signore Gesù, in grado di accoglierci, di vivere quell’abbraccio benedicente che incoraggia, che consola e fa risuonare delicatamente la sua “voce” interiore per scuoterci e orientarci sulla via da seguire. Una piccola sottolineatura per dire che nel Messaggio Benedetto XVI parla di “fedeltà”, che è l’altro versante della fiducia:  mentre oggi viviamo in una cultura che privilegia l’improvvisazione, la frammentarietà, il part-time il santo Padre mette in risalto una solidità e una stabilità fondamentali per il prete: infatti se il prete è appassionato per quello che è e che fa, la sua è una full-immersion a seguire Gesù e servire i fratelli».

L’anno sacerdotale che si aprirà il prossimo 19 giugno sarà un anno di riflessione sulla figura e sul ministero del prete: che spunti può dare dal punto di vista della pastorale vocazionale?

«Innanzitutto sarà un anno che aiuterà moltissimo noi vescovi nella quotidiana e personale attenzione ai presbiteri. Già il discorso del Santo Padre nel quale ha annunciato l’Anno Sacerdotale, offre alcuni punti fermi sui quali accompagnare la formazione dei seminaristi e quella permanente del presbiterio. Oltre alla cura delle vocazioni e del percorso in seminario, mi pare significativo che il Papa punti alla formazione permanente dei presbiteri, finora forse un po’ trascurata. Altrettanto interesse credo susciti il Direttorio per i Confessori e i Direttori Spirituali, che rimetterà al centro dell’azione del prete il “ministero della consolazione”, di cui oggi c’è molto bisogno. Questo evidentemente ha una ricaduta anche su tutte quelle attività di orientamento e formazione in particolare alla vita consacrata e al ministero presbiterale: è da qui che si ricomincia a suscitare passione ed entusiasmo nei giovani per una vita donata, piena di sapore e di “imprevisti”, ma sicuramente fondata sulla fiducia in Dio».

Il Papa ha indicato, come figura di riferimento per l’anno sacerdotale, San Giovanni Maria Vianney: quale esempio di sacerdote offre il «curato di Ars»? Che modello rappresenta questo parroco di un piccolo paesino della campagna francese, morto 150 anni fa, per un giovane che, oggi, volesse fare il prete?

«Mi pare molto significativo che il Papa abbia scelto la figura di S. Giovanni Maria Vianney come patrono della vocazione sacerdotale e di tutto il ministero. Come preti abbiamo bisogno di ritrovare il senso di un ministero umile, semplice e quotidiano, che ci riporti alla dimensione dei “servi inutili” del Vangelo. Pensando al Curato d’Ars e al suo segreto, le lunghe ore passate davanti all’Eucaristia e nel Confessionale, emerge la figura del prete come a me piace pensarlo oggi: presbitero intercessore, che sente e vive come principale impegno pastorale il ministero d’intercessione per il popolo a lui affidato, ma anche un presbitero accogliente, animato da un’accoglienza coltivata lungamente nell’ascolto orante della Parola di Dio che conduce il presbitero a guardare e ad accogliere l’altro come il Cristo. Infine un presbitero missionario, che sa andare simbolicamente oltre il sagrato delle nostre chiese. In definitiva, come afferma il Santo Padre e come ci testimonia il Santo Curato d’Ars, Dio è la sola ricchezza che gli uomini desiderano trovare in un sacerdote. E questo è “materiale solido” di cui i giovani sono, contro ogni apparenza e luogo comune, molto attratti e affamati. Se dobbiamo essere attraenti nella nostra vocazione e consacrazione, sul modello del santo Curato d’Ars ciascuno di noi bisogna che diventi un intercessore orante, un credente nell’iniziativa fedele di Dio, un innamorato della Chiesa, un annunciatore dell’Amore di Dio, un consigliere rispettoso, un pedagogo a servizio della Parola, un custode vigile dei consigli evangelici ed infine un testimone del Risorto!»

Qual è la situazione delle vocazioni in Toscana? Dopo anni di «crisi», ci sono segnali di ripresa?

«La situazione è stabile, nel senso che siamo e rimaniamo ai “minimi storici”. Tuttavia questo non è il tempo di piangerci addosso sui numeri, anche se rimangono un dato preoccupante. Siamo invitati alla fiducia no? E allora fidiamoci davvero di Dio e della sua promessa di non fare mai mancare pastori al suo popolo “secondo il Suo cuore”. A noi cosa è chiesto in questo frangente? Due cose: la prima di accogliere questo tempo di deserto come un “esodo” verso un nuovo che ancora non conosciamo – ma che Dio certamente già sa! – e di aprirci agli interrogativi che questa situazione comporta; l’altra cosa è di continuare a lavorare con entusiasmo e passione, fiduciosi, proponendo il senso della vocazione, a partire dal valore della vita fino alle scelte personali, dalle più ordinarie alle più ardite, mai dimenticando la grande risorsa della preghiera al Padre, autore e fonte di ogni vocazione».