Vita Chiesa

MESSAGGIO CEI PER LA GIORNATA PER LA VITA

“Il progressivo riconoscimento dei diritti umani non ha estirpato completamente l’antica tendenza a considerare gli esseri umani come una semplice merce”. È quanto ricordano i vescovi italiani, nel Messaggio diffuso oggi dal Consiglio permanente della Cei in occasione della XXV Giornata per la vita, che si svolgerà il 2 febbraio del 2003 sul tema: “Della vita non si fa mercato”.

“Ci sono stati tempi – scrivono i vescovi -, e purtroppo non sono finiti, in cui gli esseri umani sono stati venduti e comprati, ciascuno con la sua valutazione; c’era chi teorizzava la bontà, pratica e anche etica, di tutto ciò. Pochi osavano muovere obiezioni; tra i pochi che intuivano, inorridivano e denunciavano quello che a loro sembrava un attentato alla verità inscritta in ciascuno di noi, ci furono i cristiani”. Purtroppo, ammoniscono i vescovi, “in molti angoli del mondo, in quelli più poveri come in quelli più ricchi, e in molti settori della vita la tendenza perdura, adeguandosi ai tempi e alle mode: dalla soppressione della vita nascente con l’aborto al commercio di organi dei minori, ai bambini soldato, alle prostitute schiave, ai ragazzi e alle ragazze sottoposti ad abusi sessuali, alla speculazione sul lavoro minorile, ai lavoratori sottopagati e sfruttati, forme tutte di autentica schiavitù”.

I vescovi, dunque, ribadiscono la condanna di quelle “strategie di mercato che considerano gli esseri umani dei consumatori da studiare, manipolare, usare. Da tale logica traggono linfa molti attentati alla vita umana, in particolare nell’ambito della vita nascente. Non ci si può appellare a falsi diritti per cancellare i veri e inviolabili diritti del più piccolo e indifeso tra gli esseri umani: l’embrione. Per curare alcune malattie con le cellule staminali si giunge a proporre la sperimentazione indiscriminata sugli embrioni, giustificandone la creazione in vitro, la manipolazione e la soppressione. Per avere mano libera si arriva a strumentalizzare anche il legittimo desiderio di maternità e di paternità, fino ad affermare un inesistente diritto ad avere un figlio in ogni modo e in qualsiasi condizione, anche fuori del matrimonio e in contesti di omosessualità”.

“Della vita non si può fare mercato! Questa affermazione – spiegano i vescovi nel messaggio – non è arbitraria, né una mera esortazione più o meno accettabile; è un fondamento decisivo della nostra società. Negandola, si insinua che gli esseri umani possano, tutto sommato, essere cose da possedere. Nessuna società – tranne un’autodistruttiva società di predoni – può reggersi sull’estensione senza limiti del concetto di ‘possesso’. Non tutto si può possedere; non di tutto si può fare mercato. Ce lo suggeriscono la ragione e il buon senso; ce lo ricordano il vangelo e duemila anni di pensiero cristiano”.

Per i vescovi italiani “occorre che tutti facciano tesoro di ciò, a cominciare dai legislatori, dai quali attendiamo leggi chiare nei principi etici ed efficaci nella tutela della vita umana”. Questa, si legge nel messaggio, “non ha prezzo”, perché “è un dono fuori commercio”. A tal riguardo occorre ribadire a quanti desiderano “divenire madre e padre” che “ciò non può avvenire a ogni costo. Un figlio nasce da un atto del tutto gratuito, sottratto a ogni logica utilitaristica o mercantile, perché l’amore non cerca il tornaconto personale”. Purtroppo, “c’è in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole, a considerare i figli che devono nascere come degli ‘oggetti’ di cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio”. Un simile atteggiamento, concludono i vescovi, porta a considerare “il figlio, da subito, come un oggetto che sarà posseduto da chi lo avrà ‘prodotto’; una merce alla stregua di altre merci”.Sir