Vita Chiesa

Medio Oriente: Patriarchi cattolici accusano Occidente per le distruzioni e chiedono protezione per i cristiani

La lettera è firmata da Ibrahim Isaac Sidrak, patriarca di Alessandria dei copti, dal card. Béchara Boutros Rai, patriarca di Antiochia dei maroniti, da Ignace Youssif III Younan, patriarca di Antiochia dei siri, da Joseph Absi, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, dal card. Louis Raphaël Sako, patriarca di Baghdad (Babilonia) dei caldei, da Grégoire Pierre XX Ghabroyan, patriarca di Cilicia degli armeni, da William Shomali, rappresentante di mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme. Il Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente nasce nel 1991 all’indomani della guerra del Golfo, e riunisce sette Chiese di rito orientale: i patriarchi di Alessandria per i copti cattolici; di Antiochia per i greco-cattolici melkiti; di Antiochia per i siriaci cattolici; di Antiochia per i maroniti; di Babilonia (Baghdad) per i caldei; di Cilicia per gli armeni cattolici; di Gerusalemme per i latini.

Nella lettera intitolata «I cristiani d’Oriente oggi, timori e speranze – In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati» (2Cor 4,8), i patriarchi cattolici d’Oriente riflettono sulla situazione umana, sociale e politica dei paesi del Medio Oriente, poiché «nessun paese arabo conosce la pace o la stabilità» a causa di guerre, terrorismo, povertà, emigrazione dei cristiani.

Tre i messaggi contenuti nella lettera, elaborata durante la riunione tenutasi dal 9 all’11 agosto 2017 nei pressi di Beirut, in Libano, e rilanciata oggi dal Patriarcato latino di Gerusalemme: «il primo ai nostri fedeli; il secondo ai nostri concittadini e ai governanti dei nostri paesi; il terzo a coloro che in Occidente decidono della politica del Medio Oriente e a Israele».

Ai loro fedeli i patriarchi ricordano «l’importanza della presenza cristiana in Oriente e della presenza di ognuno e ognuna di voi nei vostri paesi dove Dio vi ha chiamati e vi ha inviati. In tempi difficili, i vostri paesi e le vostre Chiese hanno bisogno di voi. Vi diciamo di resistere per quanto potete alla tentazione dell’emigrazione e di continuare a vivere la vostra missione nei vostri paesi e nelle vostre Chiese. L’avvenire delle nostre Chiese e della presenza cristiana in generale nella regione dipende anche dalla vostra decisione di partire o di accettare la volontà di Dio restando là dove vi ha chiamati».

Ai fedeli i patriarchi ricordano l’esempio dei martiri dai quali «impariamo a essere dei messaggeri portatori di vita nei nostri paesi e nelle nostre società» e a «non fuggire lontano da un mondo nel quale regna la morte. Anche coloro che uccidono hanno bisogno di sale e di luce. Il sangue dei nostri martiri è un seme per un rinnovamento delle nostre Chiese, dei nostri fedeli, dei nostri sacerdoti, vescovi e patriarchi. Anche se la strada aperta dal sangue dei nostri martiri è lunga e difficile, noi la percorriamo».

«I nostri paesi sono in cammino verso una stabilità non ancora realizzata. Dall’esterno e dall’interno ci sono state imposte delle guerre. E il nostro futuro rimane ignoto. Continuiamo a soffrire per la povertà, la corruzione, la limitazione delle libertà, il confessionalismo e le guerre. Tutto questo dovrebbe essere già stato superato. Il male e la corruzione devono cessare. Un buon governante è quello che sradica la povertà». Con queste parole il Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente (Cpco) si rivolge ai «nostri concittadini e ai nostri governanti». «Il governo – ricordano i patriarchi – è un servizio reso alla comunità ed esige uno sforzo per migliorare le sue condizioni di vita. Il suo scopo è quello di assicurare a ogni cittadino una vita degna e libera, a livello sia materiale, sia spirituale, sia sul piano delle libertà. Siamo in grado di raggiungere tutto questo. Ma ne siamo ancora molto lontani». «I veri capi sono disinteressati, non cercano il loro interesse personale, ma quello degli altri – si legge nella lettera – noi diciamo alle nostre autorità: ascoltate la voce dei poveri. Un buon governante è quello che sradica la povertà. La povertà è un segno della noncuranza o dell’incapacità dell’autorità. La povertà esiste quando un fratello non vede il proprio fratello». Questo atteggiamento coinvolge anche la religione: «tutto l’Oriente, cristiano o musulmano o druso, è religioso. La religione è presente, ma spesso Dio non è presente. Si è religiosi, si va in chiesa o in moschea, ma si trascura il povero che è creatura e figlio di Dio. Le elemosine sono certamente frequenti. Alcuni costruiscono anche una chiesa o una moschea. I nostri paesi e le nostre società, dove esistono molte ricchezze e molti poveri al tempo stesso, hanno bisogno di ben più di questo. Non hanno bisogno solo di elemosine, ma di giustizia sociale, di un’economia giusta che assicuri la dignità umana a ognuno. Hanno bisogno di sistemi e di piani economici in grado di distribuire e organizzare le ricchezze della nazione, e anche degli individui, affinché nessun abitante resti nel bisogno».

Ai politici e governanti i patriarchi chiedono anche di «ascoltare la voce degli oppressi che sono stati privati della loro libertà. Le autorità politiche hanno il dovere di formare un governo forte e garantire a tutti la sicurezza e la tranquillità. Ma non è permesso al governo, qualunque sia il regime, di diventare dittatura e tirannia. Non è permesso di umiliare la persona umana o di ucciderla in forza della sua libertà, la quale ha certamente i suoi limiti, che sono il bene delle persone e delle comunità. Il buon governante – evidenziano i patriarchi – non teme la libertà e neppure l’opposizione».

Dunque «un buon non ha diritto di gettare in prigione gli intellettuali e le persone libere del popolo per il solo fatto di appartenere all’opposizione. Anche nelle prigioni, deve essere rispettata la dignità della persona umana. Non si possono correggere le differenze di opinione attraverso l’annientamento della persona umana, soggetta unicamente a Dio e non alla tirannia di un dittatore».

Allargando lo sguardo alla politica mondiale i patriarchi affermano di volere «dei leader politici indipendenti dalle pressioni e dai piani esterni che limitano la libertà dei governanti e vanno contro il bene dei loro popoli. Sostenuti dal loro popolo, i capi possono far fronte a tutte le pressioni esterne mondiali e alle grandi potenze che pretendono di cambiare a loro piacimento il nostro Medio Oriente. Vogliamo capi liberi, con le mani pulite, che possano far uscire la regione dalle sue molteplici guerre e stabilirvi una pace stabile e definitiva». Nella lettera viene ribadita la necessità di costruire «uno stato laico, basato sull’uguaglianza di tutti i suoi cittadini, senza discriminazione sulla base della religione o di qualsiasi altra ragione. Uno stato laico separa religione e stato, ma rispetta tutte le religioni e le libertà. Si sforza di comprendere meglio la questione religiosa nei nostri Paesi, con le sue componenti, cristianesimo, islam e comunità druse, senza lasciare che si trasformino in confessionalismo religioso o politico». Ciò comporta «visioni nuove» da parte dei capi religiosi cristiani, musulmani e drusi uniti dalla fede in Dio uno e unico, capi che collaborino e si sforzino di formare dei credenti che si amano gli uni gli altri, quale che sia la rispettiva religione». È in questa visione la risposta all’estremismo religioso e all’esclusione che ancora vive nel cuore di molte persone.

«L’umanità e i popoli della regione sono stati sacrificati, e lo sono tuttora, a favore degli interessi stranieri. Quasi tutti i nostri paesi sono passati per una fase di distruzione dovuta a forze interne, ma sostenute o pianificate anche da forze esterne». Il Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente (Cpco) lancia un atto di accusa contro l’Occidente. «In Occidente esistono popoli buoni e amici, civiltà antiche – scrivono i patriarchi – ma esistono anche responsabili politici che prendono decisioni, che riguardano il Medio Oriente e tutti i nostri paesi, basate sui loro interessi economici e strategici a spese degli interessi dei nostri paesi». L’elenco dei patriarchi è lungo: «questo è cominciato con la distruzione dell’Iraq e poi della Siria, e con l’indebolimento dell’Egitto. La Giordania e il Libano vivono sotto una minaccia permanente. Si sono creati dei conflitti o delle alleanze nello Yemen, nel Bahrein, in Arabia Saudita e nei paesi del Golfo. E si sta preparando una guerra contro l’Iran. Ecco la realtà nella quale viviamo attualmente». Questa «politica di distruzione in Medio Oriente, guidata dall’Occidente», è anche la causa «della morte e dell’emigrazione forzata di milioni di persone dai nostri paesi, compresi i cristiani». Diretta conseguenza di questa politica è «il terrorismo che si è stabilito nei nostri paesi, prima di rivolgersi contro quello stesso Occidente che lo ha partorito. Il terrorismo è nato perché coloro che fanno la politica in Occidente sono ricorsi a esso come strumento efficace per cambiare il volto dell’Oriente. Con i loro alleati, nella regione, hanno creato lo Stato islamico, l’Isis, con materiale umano locale, sfruttando l’estremismo religioso esistente e una comprensione deformata della religione. In altri termini hanno colpito le persone attraverso la loro propria religione. Con l’Isis il terrorismo religioso ha raggiunto i limiti estremi della crudeltà e della disumanità».

Dai patriarchi giunge anche un monito: «in Occidente molti, fra cui gli stessi politici, dicono che gli estremisti musulmani hanno ucciso i cristiani e il cristianesimo in Oriente sta scomparendo. L’immagine apparente e i fatti sembrano confermare ciò che dicono, ma in realtà – ricordano i patriarchi – gli estremisti musulmani che hanno ucciso dei cristiani hanno ucciso anche musulmani (sunniti e sciiti), yazidi, alawiti, drusi e tutti coloro che si opponevano loro. I veri assassini sono coloro che prendono le decisioni in Occidente, i quali, con i loro alleati nella regione, vogliono creare un nuovo Medio Oriente in conformità con le loro visioni e i loro interessi». «È vero che in Occidente i popoli amici hanno alzato la voce ed espresso la loro solidarietà con noi, e lo stesso hanno fatto le Chiese – si legge nella lettera – ma per coloro che fanno la politica del Medio Oriente, noi, i cristiani, non esistiamo. A loro poco importa della nostra vita o della nostra morte. Perciò il pericolo che ci minaccia non è il fatto che Dio abbia voluto che noi, musulmani e cristiani, vivessimo insieme, nei nostri paesi. Il vero pericolo è l’Occidente politico, il quale pensa di essere autorizzato, per assicurare i suoi interessi, a distruggere i nostri paesi e a riorganizzarli a suo piacimento».