Vita Chiesa

Papa Francesco: «La fede è un incontro, non è una religione». No a «Chiesa museo»

«Oggi è il giorno in cui stupirsi davanti alla Madre di Dio», ha proseguito Francesco: «Dio è un piccolo bimbo in braccio a una donna, che nutre il suo Creatore. È il mistero di oggi, che desta uno stupore infinito: Dio si è legato all’umanità, per sempre. Dio e l’uomo sempre insieme, ecco la buona notizia d’inizio anno: Dio non è un signore distante che abita solitario i cieli, ma l’Amore incarnato, nato come noi da una madre per essere fratello di ciascuno, per essere vicino: il Dio della vicinanza. Sta sulle ginocchia di sua madre, che è anche nostra madre, e da lì riversa sull’umanità una tenerezza nuova. E noi capiamo meglio l’amore divino, che è paterno e materno, come quello di una madre che non smette di credere nei figli e mai li abbandona». «Il Dio-con-noi ci ama indipendentemente dai nostri sbagli, dai nostri peccati, da come facciamo andare il mondo», ha fatto notare il Papa: «Dio crede nell’umanità, dove si staglia, prima e ineguagliabile, la sua Madre. All’inizio dell’anno, chiediamo a lei la grazia dello stupore davanti al Dio delle sorprese. Rinnoviamo lo stupore delle origini, quando nacque in noi la fede. La Madre di Dio ci aiuta: la Madre che ha generato il Signore, genera noi al Signore».

«La fede è un incontro, non è una religione»,  ha detto, a braccio, il Papa. «La vita senza stupore, diventa grigia, abitudinaria; così la fede», ha spiegato Francesco: «E anche la Chiesa ha bisogno di rinnovare lo stupore di essere dimora del Dio vivente, Sposa del Signore, Madre che genera figli. Altrimenti, rischia di assomigliare a un bel museo del passato. La ‘Chiesa museo’». La Madonna, invece, «porta nella Chiesa l’atmosfera di casa, di una casa abitata dal Dio della novità», ha detto il Papa: «Da lei lasciamoci guardare, lasciamoci abbracciare, lasciamoci prendere per mano». Il primo imperativo, per Francesco, riguarda soprattutto il «momento del bisogno, quando ci troviamo impigliati nei nodi più intricati della vita». «Quando ci guarda, lei non vede dei peccatori, ma dei figli», ha proseguito Francesco a proposito degli occhi della Madonna, che «sanno illuminare ogni oscurità, riaccendono ovunque la speranza. Il suo sguardo rivolto a noi dice: ‘Cari figli, coraggio; ci sono io, la vostra madre!’. Il suo sguardo materno ci aiuta a vederci figli amati nel popolo credente di Dio e ad amarci tra noi, al di là dei limiti e degli orientamenti di ciascuno. La Madonna ci radica nella Chiesa, dove l’unità conta più della diversità, e ci esorta a prenderci cura gli uni degli altri».

«Lo sguardo di Maria ricorda che per la fede è essenziale la tenerezza, che argina la tiepidezza». Nell’omelia il Papa è tornato su uno dei temi cardine del suo pontificato: «La Chiesa della tenerezza», «parola che oggi tanti vogliono cancellare dal dizionario», ha aggiunto a braccio soffermandosi sullo «sguardo della Madre» e sullo «sguardo delle madri». «Un mondo che guarda al futuro senza sguardo materno è miope», ha ammonito Francesco: «Aumenterà pure i profitti, ma non saprà più vedere negli uomini dei figli. Ci saranno guadagni, ma non saranno per tutti. Abiteremo la stessa casa, ma non da fratelli. La famiglia umana si fonda sulle madri. Un mondo nel quale la tenerezza materna è relegata a mero sentimento potrà essere ricco di cose, ma non ricco di domani». «Lasciamoci abbracciare», il secondo imperativo dell’omelia, in cui il Papa ha esortato a fare come Maria, che «aveva tutto a cuore, abbracciava tutto, eventi favorevoli e contrari. E tutto meditava, cioè portava a Dio. Ecco il suo segreto. Allo stesso modo ha a cuore la vita di ciascuno di noi: desidera abbracciare tutte le nostre situazioni e presentarle a Dio». «Nella vita frammentata di oggi, dove rischiamo di perdere il filo, è essenziale l’abbraccio della Madre», la tesi di Francesco: «C’è tanta dispersione e solitudine in giro: il mondo è tutto connesso, ma sembra sempre più disunito. Abbiamo bisogno di affidarci alla Madre», che «con-sola», cioè «sta con chi è solo», perché «sa che per consolare non bastano le parole, occorre la presenza». «Nel cammino della vita, lasciamoci prendere per mano», l’invito riferito al terzo imperativo: «Le madri prendono per mano i figli e li introducono con amore nella vita. Ma quanti figli oggi, andando per conto proprio, perdono la direzione, si credono forti e si smarriscono, liberi e diventano schiavi. Quanti, dimentichi dell’affetto materno, vivono arrabbiati con sé stessi e indifferenti a tutto! Quanti, purtroppo, reagiscono a tutto e a tutti con veleno e cattiveria! La vita è così». «Mostrarsi cattivi talvolta pare persino sintomo di fortezza. Ma è solo debolezza», il monito del Papa, secondo il quale «abbiamo bisogno di imparare dalle madri che l’eroismo sta nel donarsi, la fortezza nell’aver pietà, la sapienza nella mitezza». «La Madonna non è un optional: va accolta nella vita», ha concluso Francesco: «È la Regina della pace, che vince il male e conduce sulle vie del bene, che riporta l’unità tra i figli, che educa alla compassione».