Vita Chiesa

Papa Francesco: “rischio di matrimonio nullo con preparazione troppo superficiale”.

”Questi fallimenti portano con sé grandi sofferenze e lasciano ferite profonde nelle persone”, annota Francesco: “Esse restano disilluse, amareggiate e, nei casi più dolorosi, finiscono persino per non credere più nella vocazione all’amore, inscritta da Dio stesso nel cuore dell’essere umano. C’è dunque anzitutto un dovere di accompagnare con senso di responsabilità quanti manifestano l’intenzione di unirsi in matrimonio, affinché siano preservati dai traumi delle separazioni e non perdano mai fiducia nell’amore”.

“La Chiesa dedica molto tempo, alcuni anni, alla preparazione dei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa, ma dedica poco tempo, solo alcune settimane, a coloro che si preparano al matrimonio”, argomenta il Papa: “Come i sacerdoti e i consacrati, anche i coniugi sono figli della madre Chiesa, e una così grande differenza di trattamento non è giusta. Le coppie di sposi costituiscono la grande maggioranza dei fedeli, e spesso sono colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato, nelle associazioni, nei movimenti. Sono veri e propri ‘custodi della vita’, non solo perché generano i figli, li educano e li accompagnano nella crescita, ma anche perché si prendono cura degli anziani in famiglia, si dedicano al servizio delle persone con disabilità e spesso a molte situazioni di povertà con cui vengono a contatto. Dalle famiglie nascono le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; e sono le famiglie che costituiscono il tessuto della società e ne ‘rammendano gli strappi’ con la pazienza e i sacrifici quotidiani”. “È mio vivo desiderio che a questo primo Documento ne segua quanto prima un altro, nel quale vengano indicati concrete modalità pastorali e possibili itinerari di accompagnamento specificamente dedicati a quelle coppie che hanno sperimentato il fallimento del loro matrimonio e che vivono in una nuova unione o sono risposate civilmente”, l’indicazione di Francesco: “La Chiesa, infatti, vuole essere vicina a queste coppie e percorrere anche con loro la via caritatis, così che non si sentano abbandonate e possano trovare nelle comunità luoghi accessibili e fraterni di accoglienza, di aiuto al discernimento e di partecipazione”.

“Non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune”. È una delle indicazioni contenute negli “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari”, a cura del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. “La castità va presentata come autentica alleata dell’amore, non come sua negazione”, si legge nel testo: “Essa, infatti, è la via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri. La castità insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore vero, delicato e generoso, e prepara all’autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nel matrimonio”. “È importante mostrare che la virtù della castità non ha solo una dimensione negativa che chiede ad ognuno, secondo il proprio stato di vita, di astenersi da un uso disordinato della sessualità – si legge ancora negli Orientamenti – ma possiede anche una dimensione positiva importantissima di libertà dal possesso dell’altro – sotto il profilo fisico, morale e spirituale – che, nel caso della chiamata al matrimonio, è di fondamentale importanza per orientare e nutrire l’amore coniugale, preservandolo da qualsiasi manipolazione”. La castità, in ultima analisi, “insegna, in ogni stato di vita, ad essere fedeli alla verità del proprio amore”: “Ciò significherà, per i fidanzati, vivere la castità nella continenza e, una volta sposi, vivere l’intimità coniugale con rettitudine morale”. “I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza”, l’indicazione del testo: “Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza di riceversi l’un l’altro da Dio”.

“La castità vissuta nella continenza – si legge ancora nel testo – facilita la conoscenza reciproca fra i fidanzati, perché evitando che la relazione si fissi sulla strumentalizzazione fisica dell’altro, consente un più approfondito dialogo, una più libera manifestazione del cuore e l’emergere di tutti gli aspetti della propria personalità – umani e spirituali, intellettuali ed emotivi – in modo da consentire una vera crescita nella relazione, nella comunione personale, nella scoperta della ricchezza e dei limiti dell’altro: e in ciò consiste il vero scopo del tempo del fidanzamento”. “Anche nel caso in cui ci si trovasse a parlare a coppie conviventi, non è mai inutile parlare della virtù della castità”, osserva il Dicastero: “Tale virtù insegna ad ogni battezzato, in ogni condizione di vita, il retto uso della propria sessualità, e per questo, anche nella vita da sposati, è di somma utilità. Da coniugi, infatti, emerge, in modo ancora più evidente, l’importanza di quei valori e di quelle attenzioni che la virtù della castità insegna: il rispetto dell’altro, la premura di non sottometterlo mai ai propri desideri, la pazienza e la delicatezza con il coniuge nei momenti di difficoltà, fisica e spirituale, la fortezza e l’auto-dominio necessari nei tempi di assenza o di malattia di uno dei coniugi. La castità prematrimoniale favorisce questo percorso, perché dà tempo ai nuovi sposi di stare insieme, di conoscersi meglio, senza pensare immediatamente alla procreazione ed alla crescita dei figli”.

Far sì che in ogni parrocchia o comunità di sia “un servizio pastorale di accompagnamento delle coppie in crisi”. È una delle proposte contenute negli ”Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale”, a cura del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, in cui si dedica ampio spazio all’accompagnamento delle coppie in crisi e alle indicazioni pastorali per l’accompagnamento degli sposi nei primi anni di matrimonio. “La prevenzione delle rotture è un fattore decisivo oggi per evitare separazioni, che possono deteriorare e danneggiare il vincolo in maniera irreparabile”, la constatazione del testo: “Poiché l’esperienza dimostra che in situazioni difficili o critiche la maggioranza delle persone non ricorre all’accompagnamento pastorale, perché non lo sente comprensivo, vicino, realistico, incarnato, è opportuno che − oltre al pastore − siano i coniugi, specialmente coloro che hanno fatto esperienza di una crisi superata, a farsi ‘accompagnatori’ delle coppie in difficoltà o già divise”. Di qui la necessità di “dotarsi di progetti di formazione destinati alle coppie che accompagneranno sia coloro che sono in crisi sia i separati, per creare le condizioni per un servizio pastorale all’altezza dei bisogni delle famiglie”. Duplice, per il Dicastero, dovrà essere l’attenzione: “ai coniugi in difficoltà, ma anche ai figli, ove presenti, che vanno accompagnati con un dialogo psicologico e spirituale capace di cogliere il loro disagio personale e familiare e di supportarli”.

“Ci sono crisi comuni, che accadono in tutti i matrimoni, che segnano alcune tappe della vita familiare (l’arrivo del primo figlio, l’educazione dei figli, il “nido vuoto”, la vecchiaia dei genitori); ma ci sono anche crisi personali, legate a difficoltà economiche, lavorative, affettive, sociali, spirituali, o a circostanze ed eventi traumatici e inaspettati”. In tutti questi casi, “la faticosa arte della riconciliazione, che necessita del sostegno della grazia, ha bisogno della generosa collaborazione di parenti ed amici, e talvolta anche di un aiuto esterno e professionale”. Nella pratica, “si tratta di creare spazi e percorsi capaci di introdurre le persone all’arte del discernimento nella vita quotidiana per saper riconoscere per tempo le situazioni di sofferenza, le occasioni di pericolo da evitare, le immaturità e le ferite da superare”. Fra le varie proposte suggerite agli sposi nel documento, quella di tenere un “Diario del matrimonio”, per “una sorta di verifica periodica della comunione coniugale, in cui annotare gioie e sofferenze e tutto ciò che costituisce il vissuto concreto della vita degli sposi”.