Vita Chiesa

Papa, Messa a Port Louis, «i giovani sono prima missione della Chiesa»

A Port Louis, la capitale del Paese – mentre la folla festosa lo acclama agitando rami di palme – il Papa cita l’«apostolo dell’unità mauriziana», il beato Jacques-Désiré Laval, «tanto venerato in queste terre», le cui reliquie sono oggi sull’altare. «L’amore per Cristo e per i poveri segnò la sua vita in modo tale da proteggerlo dall’illusione di compiere un’evangelizzazione distante e asettica», l’elogio di Francesco per colui che tutti i mauriziani, non solo i cristiani, considerano il loro padre, e del quale oggi si festeggia la memoria liturgica : «Sapeva che evangelizzare comporta farsi tutto a tutti: imparò la lingua degli schiavi appena liberati e annunciò loro in maniera semplice la Buona notizia della salvezza. Ha saputo radunare i fedeli e li ha formati ad intraprendere la missione e creare piccole comunità cristiane in quartieri, città e villaggi vicini, piccole comunità molte delle quali sono all’origine delle attuali parrocchie». «Era sollecito nel dare fiducia ai più poveri e agli scartati, in modo che fossero i primi a organizzarsi e trovare risposte alle loro sofferenze», ha proseguito il Santo Padre: «Attraverso il suo dinamismo missionario e il suo amore, il padre Laval ha dato alla Chiesa mauriziana una nuova giovinezza, un nuovo respiro che oggi siamo invitati a continuare nel contesto attuale. E questo slancio missionario dev’essere conservato, perché può darsi che, come Chiesa di Cristo, cadiamo nella tentazione di perdere l’entusiasmo evangelizzatore rifugiandoci in sicurezze mondane che, a poco a poco, non solo condizionano la missione ma la rendono pesante e incapace di attirare la gente».

«I giovani sono la nostra prima missione». Ne è convinto il Papa, che davanti a un popolo «giovane», ha affermato che «lo slancio missionario ha un volto giovane e capace di ringiovanire». «Sono proprio i giovani che, con la loro vitalità e dedizione, possono apportare ad esso la bellezza e la freschezza tipica della giovinezza, quando provocano la comunità cristiana a rinnovarsi e ci invitano a partire verso nuovi orizzonti», la tesi di Francesco: «Ma questo non è sempre facile, perché richiede che impariamo a riconoscere e fornire ad essi un posto in seno alla nostra comunità e alla nostra società». «Com’è duro constatare che, nonostante la crescita economica che il vostro Paese ha avuto negli ultimi decenni, sono i giovani a soffrire di più, sono loro a risentire maggiormente della disoccupazione che non solo provoca un futuro incerto, ma inoltre toglie ad essi la possibilità di sentirsi protagonisti della loro storia comune», il grido d’allarme del Papa: «Futuro incerto che li spinge fuori strada e li costringe a scrivere la loro vita ai margini, lasciandoli vulnerabili e quasi senza punti di riferimento davanti alle nuove forme di schiavitù di questo secolo XXI». «Loro, i nostri giovani, sono la nostra prima missione!», l’invito del Santo Padre: «Dobbiamo invitarli a trovare la loro felicità in Gesù, non in maniera asettica o a distanza, ma imparando a dare loro un posto, conoscendo il loro linguaggio, ascoltando le loro storie, vivendo al loro fianco, facendo loro sentire che sono benedetti da Dio».

«Non lasciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società! Non permettiamo ai mercanti di morte di rubare le primizie di questa terra!». È l’appello centrale dell’omelia del Papa. «I nostri giovani e quanti come loro sentono di non avere voce perché sono immersi nella precarietà», la denuncia di Francesco: «Padre Laval li inviterebbe a far risuonare l’annuncio di Isaia: ‘Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme’». «Anche quando ciò che ci circonda può sembrare senza soluzione, la speranza in Gesù ci chiede di recuperare la certezza del trionfo di Dio non solo al di là della storia ma anche nella trama nascosta delle piccole storie che si intrecciano e che ci vedono protagonisti della vittoria di Colui che ci ha donato il Regno», ha assicurato il Papa: «Per vivere il Vangelo, non possiamo aspettare che tutto intorno a noi sia favorevole, perché spesso le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi». Poi la citazione di San Giovanni Paolo II: «E’ alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione del dono di sé e il costituirsi della solidarietà interumana». «In una società così diventa difficile vivere le Beatitudini; può persino diventare qualcosa di malvisto, sospettato, ridicolizzato», ha ammesso il Papa: «È vero, ma non possiamo lasciarci vincere dallo scoraggiamento».

«Ai piedi di questo monte, che oggi vorrei fosse il monte delle Beatitudini, anche noi dobbiamo recuperare questo invito a essere felici». Così il Papa nella parte finale della Messa a Port Louis, in cui si è soffermato sulla necessità di avere «cristiani gioiosi», per cui la parola «felice» diventa sinonimo di «santo». «Quando sentiamo il minaccioso pronostico ‘siamo sempre di meno’ – il consiglio di Francesco -, dovremmo prima di tutto preoccuparci non della diminuzione di questa o quella forma di consacrazione nella Chiesa, ma piuttosto della carenza di uomini e donne che vogliono vivere la felicità facendo percorsi di santità, uomini e donne che facciano ardere il loro cuore con l’annuncio più bello e liberatore». «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita», la citazione presa dall’Evangelii gaudium. «Quando un giovane vede un progetto di vita cristiana realizzato con gioia – ha raccontato il Papa – questo lo entusiasma e lo incoraggia e sente un desiderio che può esprimere in questo modo: ‘Voglio salire su quel monte delle Beatitudini, voglio incontrare lo sguardo di Gesù e che Lui mi dica qual è il mio cammino di felicità’». Padre Laval, ha concluso Francesco, «ha pure vissuto momenti di delusione e difficoltà con la comunità cristiana, ma alla fine il Signore ha vinto nel suo cuore. Ha avuto fiducia nella forza del Signore. Lasciamo che essa tocchi i cuori di tanti uomini e donne di questa terra, lasciamo che tocchi anche i nostri cuori, perché la sua novità rinnovi la nostra vita e quella della nostra comunità».

Il saluto de card. Piat, «pianteremo 100mila piante» per «ascoltare il grido dei poveri e della natura». «La sua visita nell’Isola di Maurizio e questa Eucaristia che oggi ha celebrato per noi e per i pellegrini delle Isole dell’Oceano Indiano è motivo di grande gioia». È il saluto del card. Maurice Piat, arcivescovo di Port Louis, al Papa, al termine della Messa. «Il popolo mauriziano, nel suo insieme, cristiano, indù, musulmano e buddista, e esprime profonda riconoscenza», ha proseguito il porporato: «Il suo messaggio è stato per noi di grande giovamento. Come un padre lei ci esorta, ci incoraggia, ci esprime la sua fiducia e la convinzione che noi possiamo apportare un piccolo contributo nel vasto e straordinario cantiere della missione della Chiesa nel mondo. Grazie di cuore!». «Ugualmente, noi siamo attenti al suo forte impegno e alla sua testimonianza di artigiano di pace sulla scena internazionale», ha assicurato Piat: «Da parte nostra, le assicuriamo che l’Isola di Maurizio e le altre Isole dell’Oceano Indiano, si adopereranno per la costruzione di una pace solida, fondata sull’impegno per la giustizia sociale e per la protezione della casa comune». «Per testimoniarle la nostra riconoscenza e far sì che il suo passaggio in mezzo a noi come pellegrino di pace rimanga indelebile nel tempo – ha annunciato il cardinale – la Commissione Diocesana Giustizia e Pace ha deciso di invitare i mauriziani a piantare 100.000 piante aderendo al suo appello in favore di un’ecologia integrale. Queste piante saranno per noi richiamo del suo costante invito ad ascoltare il grido dei poveri e della natura».

Il ringraziamento del Papa. «Prima di concludere questa celebrazione, desidero rivolgere a tutti voi il mio cordiale saluto e il mio sentito ringraziamento». Sono le parole di ringraziamento pronunciate dal Papa al termine della Messa a Port Louis. «Grazie anzitutto al Cardinale Piat, per le sue parole e per tutto il lavoro di preparazione a questa visita; grazie a tutti i collaboratori e a tutto il popolo di Dio di questa Chiesa», ha detto il Santo Padre, esprimendo la sua «viva riconoscenza al Presidente della Repubblica, al Primo Ministro e alle altre Autorità del Paese, che incontrerò nel pomeriggio, per la calorosa accoglienza e per il generoso impegno profuso». Poi il ringraziamento del Papa si è esteso «con affetto ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, ai tanti volontari. Grazie a tutti!». Infine, «un saluto pieno di gratitudine a tutto il popolo di Dio qui presente, in particolare ai fedeli di Seychelles, Réunion, Comore, Chagos, Agaléga, Rodrigues e Mauritius. Vi assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza. Il Signore continui a dare a tutti saggezza e forza per realizzare le legittime aspirazioni».

Testo integrale dell’omelia