Vita Chiesa

Papa a «Avvenire»: educare a pensare, partendo dalle periferie. «Rifuggite dall’informazione di facile consumo»

«Dalla falegnameria di Nazareth alla redazione di Avvenire, il passo non è poi così lungo!», ha detto Papa Francesco ai dirigenti e al personale di «Avvenire» ricevuti oggi in udienza per la ricorrenza dei cinquant’anni del quotidiano. Nella giornata dedicata a San Giuseppe lavoratore, il Papa ha ricordato che «Giuseppe è l’uomo del silenzio. A prima vista, potrebbe perfino sembrare l’antitesi del comunicatore. In realtà, solo spegnendo il rumore del mondo e le nostre stesse chiacchiere è possibile l’ascolto, che rimane la condizione prima di ogni comunicazione». Oltre a essere «uomo giusto» e «custode», Giuseppe «è l’educatore che – senza pretendere nulla per sé – diventa padre grazie al suo esserci, alla sua capacità di accompagnare, di far crescere la vita e trasmettere un lavoro. Sappiamo quanto quest’ultima dimensione, a cui è legata la festa di oggi, sia importante. Proprio al lavoro, infatti, è strettamente legata la dignità della persona: non al denaro, né alla visibilità o al potere, ma al lavoro».

Favorire sinergie, integrazione e gestione unitaria». «Nella vostra ‘cassetta degli attrezzi’ oggi ci sono strumenti tecnologici che hanno modificato profondamente la professione, e anche il modo stesso di sentire e pensare, di vivere e comunicare, di interpretarsi e relazionarsi». Da qui l’invito del Papa: «La cultura digitale vi ha chiesto una riorganizzazione del lavoro, insieme con una disponibilità ancora maggiore a collaborare tra voi e ad armonizzarvi con le altre testate che fanno capo alla Conferenza episcopale italiana: l’Agenzia Sir, Tv2000 e il Circuito radiofonico InBlu. Analogamente a quanto sta avvenendo nel settore comunicazione della Santa Sede, la convergenza e l’interattività consentite dalle piattaforme digitali devono favorire sinergie, integrazione e gestione unitaria». «Questa trasformazione richiede percorsi formativi e aggiornamento – ha proseguito -, nella consapevolezza che l’attaccamento al passato potrebbe rivelarsi una tentazione perniciosa». «Tutto questo, probabilmente, fa già parte del vostro impegno quotidiano all’interno di uno sviluppo tecnologico che ridisegna a livello globale la presenza dei media, il possesso dell’informazione e della conoscenza. In questo scenario – ha precisato Francesco -, la Chiesa sente di non poter far mancare la propria voce, per essere fedele alla missione che la chiama ad annunciare a tutti il Vangelo della misericordia. I media ci offrono potenzialità enormi per contribuire, con il nostro servizio pastorale, alla cultura dell’incontro».

No alla «cultura della fretta e della superficialità». «Anche come Chiesa siamo esposti all’impatto e all’influenza di una cultura della fretta e della superficialità: più che l’esperienza, conta ciò che è immediato, a portata di mano e può essere subito consumato; più che il confronto e l’approfondimento, si rischia di esporsi alla pastorale dell’applauso, a un livellamento del pensiero, a un disorientamento diffuso di opinioni che non si incontrano». Ne è convinto Papa Francesco, che sull’esempio di San Giuseppe, ha invitato a «ritrovare un senso di sana lentezza, di calma e pazienza»: «Per noi il silenzio implica due cose. Da una parte, non smarrire le radici culturali, non lasciare che si deteriorino»; «dall’altra parte, una Chiesa che vive della contemplazione del volto di Cristo non fatica a riconoscerlo nel volto dell’uomo. E da questo volto sa lasciarsi interpellare, superando miopie, deformazioni e discriminazioni». «Il dialogo – ha osservato il Papa – vince il sospetto e sconfigge la paura. Il dialogo mette in comune, stabilisce relazioni, sviluppa una cultura della reciprocità. La Chiesa, mentre si pone come artefice di dialogo, dal dialogo viene purificata e aiutata nella stessa comprensione della fede».

«Rifuggire l’informazione di facile consumo». «Non stancatevi di cercare con umiltà la verità, a partire dalla frequentazione abituale della Buona Notizia del Vangelo. Sia questa la linea editoriale, a cui legare la vostra integrità: la professione vi reclama tali, tanto alta è la sua dignità. Avrete, allora, luce per il discernimento e parole vere per cogliere la realtà e chiamarla per nome, evitando di ridurla a una sua caricatura». È l’invito rivolto dal Papa ai dirigenti e al personale di «Avvenire». «Lasciatevi interrogare da quello che accade. Ascoltate, approfondite, confrontatevi. State lontani dai vicoli ciechi in cui si dibatte chi presume di aver già capito tutto. Contribuite a superare le contrapposizioni sterili e dannose. Con la testimonianza del vostro lavoro fatevi compagni di strada di chiunque si spende per la giustizia e la pace». Il Papa ha incoraggiato «a custodire lo spessore del presente; a rifuggire l’informazione di facile consumo, che non impegna; a ricostruire i contesti e spiegare le cause; ad avvicinare sempre le persone con grande rispetto; a scommettere sui legami che costituiscono e rafforzano la comunità». «Non abbiate paura di essere coinvolti. Le parole – quelle vere – pesano: le sostiene solo chi le incarna nella vita. La testimonianza, del resto, concorre alla vostra stessa affidabilità. Una testimonianza appassionata e gioiosa», ha concluso Francesco.

Card. Bassetti, «un punto di riferimento per le nostre comunità». Nel suo saluto al Papa, il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti,  ha definito «Avvenire» «un quotidiano che si distingue per autorevolezza di tratto e di contenuti», «un punto di riferimento per le nostre comunità e, più in generale, anche per il vasto mondo della comunicazione e della cultura del nostro Paese. Le persone che lavorano in «Avvenire» avvertono «quanto sia essenziale camminare con Pietro e con la Chiesa, attente nel contempo a tener vivo il dibattito e il confronto all’interno del mondo cattolico, come pure a dialogare con la società tutta, senza mai venir meno a una chiara identità». «Il giornale, nella sua versione cartacea quanto in quella digitale – ha aggiunto il cardinale -, ne è espressione con il suo modo di dare le notizie e di approfondirle; con la sua sensibilità per una fede che sappia farsi cultura, per le tematiche del lavoro e della famiglia, dei migranti e delle cause che generano il loro esodo, della legalità contro l’azzardo e tutto ciò che non fa crescere il territorio». Il card. Bassetti ha ricordato anche le altre testate della Cei «che celebrano a loro volta anniversari significativi: penso ai trent’anni dell’Agenzia SIR e ai venti di Tv2000 e del Circuito radiofonico Inblu»: «In un momento di repentine trasformazioni, intendiamo vivere queste tappe come un richiamo a far sempre più nostre le Sue indicazioni a ricercare e promuovere una maggiore sinergia tra i nostri media, per una presenza qualificata e significativa, capace di informare e di formare».