Vita Chiesa

Papa a Firenze: allo stadio, «la Chiesa, come Gesù, vive in mezzo alla gente e per la gente»

È l’unico modo, ha aggiunto, «per aprire il loro cuore all’ascolto di Dio. In realtà, quando Dio ha voluto parlare con noi si è incarnato. I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioè tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante».

«Voi chi dite che io sia?». Francesco si è soffermato quindi sulla seconda domanda di Gesù ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». Domanda che, ha osservato, «risuona ancora oggi alla coscienza di noi suoi discepoli, ed è decisiva per la nostra identità e la nostra missione. Solo se riconosciamo Gesù nella Sua verità, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana, e potremo portare il nostro contributo alla piena umanizzazione della società». «Custodire e annunciare la retta fede in Gesù Cristo – ha spiegato il Pontefice – è il cuore della nostra identità cristiana, perché nel riconoscere il mistero del Figlio di Dio fatto uomo noi potremo penetrare nel mistero di Dio e nel mistero dell’uomo». Secondo il Papa, la risposta di Simone a Gesù, «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», racchiude «tutta la missione di Pietro e riassume ciò che diventerà per la Chiesa il ministero petrino, cioè custodire e proclamare la verità della fede; difendere e promuovere la comunione tra tutte le Chiese; conservare la disciplina della Chiesa». Papa Leone «è stato e rimane, in questa missione, un modello esemplare, sia nei suoi luminosi insegnamenti, sia nei suoi gesti pieni della mitezza, della compassione e della forza di Dio».

Andare controcorrente. «Anche oggi», ha affermato il Papa, «la nostra gioia è di condividere» la fede e «rispondere insieme al Signore Gesù: ‘Tu per noi sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’. La nostra gioia è anche di andare controcorrente e di superare l’opinione corrente, che, oggi come allora, non riesce a vedere in Gesù più che un profeta o un maestro». La nostra gioia, ha aggiunto Francesco, «è riconoscere in Lui la presenza di Dio, l’inviato del Padre, il Figlio venuto a farsi strumento di salvezza per l’umanità. Questa professione di fede che Simon Pietro proclamò rimane anche per noi». Essa «non rappresenta solo il fondamento della nostra salvezza, ma anche la strada attraverso la quale essa si compie e il traguardo a cui tende».

La Chiesa vive in mezzo alla gente. Nell’omelia della Messa allo stadio comunale di Firenze, Francesco ha commentato le domande poste da Gesù nel Vangelo odierno ai suoi discepoli. Anzitutto: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?», domanda che «dimostra quanto il cuore e lo sguardo di Gesù sono aperti a tutti. A Gesù interessa quello che la gente pensa non per accontentarla, ma per poter comunicare con essa. Senza sapere quello che pensa la gente, il discepolo si isola e inizia a giudicare la gente secondo i propri pensieri e le proprie convinzioni». Questo, il monito del Papa, «vale anche per noi. E il fatto che oggi ci siamo radunati a celebrare la Santa Messa in uno stadio sportivo ce lo ricorda». La Chiesa, ha detto Francesco, «come Gesù, vive in mezzo alla gente e per la gente. Per questo la Chiesa, in tutta la sua storia, ha sempre portato in sé la stessa domanda: chi è Gesù per gli uomini e le donne di oggi?». Anche san Leone Magno, originario della Toscana, di cui oggi si celebra la memoria, «portava nel suo cuore questa domanda, quest’ansia apostolica che tutti potessero conoscere Gesù, e conoscerLo per quello che è veramente, non una sua immagine distorta dalle filosofie e dalle ideologie del tempo. Per questo è necessario maturare una fede personale in Lui».

Verità che scandalizza. «Alla radice del mistero della salvezza» sta «la volontà di un Dio misericordioso», che si dona all’uomo «fino a farsi Egli stesso uomo per incontrare ogni persona nella sua condizione concreta», ha detto il Papa. Un amore misericordioso che Pietro riconosce sul volto di Gesù, «lo stesso volto che noi siamo chiamati a riconoscere nelle forme in cui il Signore ci ha assicurato la sua presenza in mezzo a noi»: nella sua Parola, nei suoi Sacramenti, nella comunione fraterna, nell’amore senza confini «che si fa servizio generoso e premuroso verso tutti; nel povero, che ci ricorda come Gesù abbia voluto che la sua suprema rivelazione di sé e del Padre avesse l’immagine dell’umiliato crocifisso». Questa verità della fede «è verità che scandalizza – ha chiosato Francesco -, perché chiede di credere in Gesù, il quale, pur essendo Dio, si è svuotato, si è abbassato alla condizione di servo, fino alla morte di croce, e per questo Dio lo ha fatto Signore dell’universo». È la verità «che ancora oggi scandalizza chi non tollera il mistero di Dio impresso sul volto di Cristo» e che «non possiamo sfiorare e abbracciare senza, come dice san Paolo, entrare nel mistero di Gesù Cristo, e senza fare nostri i suoi stessi sentimenti». Solo «a partire dal Cuore di Cristo – la conclusione di Francesco – possiamo capire, professare e vivere la Sua verità».

«La comunione tra divino e umano, realizzata pienamente in Gesù, è la nostra meta, il punto d’arrivo della storia umana secondo il disegno del Padre». Ne è convinto il Papa. Nell’omelia Francesco ha spiegato che questa comunione è «la beatitudine dell’incontro tra la nostra debolezza e la Sua grandezza, tra la nostra piccolezza e la Sua misericordia che colmerà ogni nostro limite. Ma tale meta non è soltanto l’orizzonte che illumina il nostro cammino ma è ciò che ci attrae con la sua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare e a vivere qui e si costruisce giorno dopo giorno con ogni bene che seminiamo attorno a noi». Sono questi «i semi che contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinnovata, dove nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri sono accolti e aiutati».