Vita Chiesa

Papa in Mozambico: alle autorità, «no alla violenza e sì alla pace», serve «coraggio di alta qualità»

«Sono contento di trovarmi di nuovo in Africa e iniziare questo viaggio apostolico da questo Paese, tanto benedetto per la sua bellezza naturale, come pure per la sua grande ricchezza culturale che aggiunge, alla ben nota gioia di vivere del vostro popolo, la speranza in un futuro migliore». Così il Papa ha salutato, «con affetto», «l’intero popolo mozambicano che, dal fiume Rovuma fino a Maputo, ci apre le porte per favorire un rinnovato futuro di pace e riconciliazione». Nel suo primo discorso – in portoghese – in terra d’Africa, méta del suo 31° viaggio internazionale, Francesco da Maputo, capitale del Mozambico, si è rivolto subito a chi è in difficoltà: «Voglio che le mie prime parole di vicinanza e di solidarietà siano rivolte a tutti coloro sui quali si sono abbattuti recentemente i cicloni Idai e Kenneth, le cui devastanti conseguenze continuano a pesare su tante famiglie, specialmente nei luoghi in cui la ricostruzione non è stata ancora possibile e richiede una speciale attenzione», ha detto rivolgendosi alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico, incontrati questa mattina nel Palazzo Porta Vermelha subito dopo l’incontro privato con il presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Jacinto Nyusi. «Purtroppo non potrò recarmi personalmente da voi, ma voglio che sappiate che condivido la vostra angoscia, il vostro dolore e anche l’impegno della comunità cattolica nell’affrontare una così dura situazione», ha assicurato riferendosi alla mancata visita a Beira, seconda città del Paese, non accessibile perché in piena ricostruzione. «In mezzo alla catastrofe e alla desolazione – l’appello del Papa – chiedo alla Provvidenza che non manchi la sollecitudine di tutti gli attori civili e sociali che, ponendo la persona al centro, siano in grado di promuovere la necessaria ricostruzione».

«No alla violenza e sì alla pace!». Citando le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II durante la sua visita in Mozambico nel 1988, Papa Francesco ha espresso «l’apprezzamento, mio e di gran parte della comunità internazionale, per gli sforzi che, da decenni, si vanno compiendo affinché la pace torni ad essere la norma, e la riconciliazione la via migliore per affrontare le difficoltà e le sfide che incontrate come nazione». «In questo spirito e con questo proposito, circa un mese fa avete firmato nella Serra della Gorongosa l’accordo di cessazione definitiva delle ostilità militari tra fratelli mozambicani», ha sottolineato Francesco soffermandosi sugli esiti più recenti di un processo di pace che ha posto fine a 17 anni di guerra fratricida: «Una pietra miliare, che salutiamo e speriamo come decisiva, fissata da persone coraggiose sulla via della pace, che parte da quell’Accordo Generale del 1992 a Roma».

«Quante cose sono passate dalla firma dello storico trattato che ha sigillato la pace e ha dato i suoi primi germogli!», ha esclamato Francesco, secondo il quale «sono questi germogli che sostengono la speranza e danno fiducia per non lasciare che il modo di scrivere la storia sia la lotta fratricida, bensì la capacità di riconoscersi come fratelli, figli di una stessa terra, amministratori di un destino comune». «Il coraggio della pace!»: risiede in questa espressione, per Francesco, la sintesi di questo stile di vita: «Un coraggio di alta qualità: non quello della forza bruta e della violenza, ma quello che si attua nella ricerca instancabile del bene comune», ha precisato il Santo Padre prendendo a prestito le parole di Paolo VI nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1973. «Voi conoscete la sofferenza, il lutto e l’afflizione, ma non avete voluto che il criterio regolatore delle relazioni umane fosse la vendetta o la repressione, né che l’odio e la violenza avessero l’ultima parola», l’omaggio del Papa. Poi le parole del santo papa polacco: con la guerra «molti uomini, donne e bambini soffrono perché non hanno una casa dove abitare, un’alimentazione sufficiente, delle scuole dove istruirsi, degli ospedali dove curarsi, delle chiese dove riunirsi a pregare e dei campi dove impiegare la manodopera. Molte migliaia di persone sono costrette a spostarsi alla ricerca di sicurezza e di mezzi di sopravvivenza; altre si rifugiano nei Paesi vicini. ‘No alla violenza e sì alla pace!’».

«La pace non è solo assenza di guerra, ma l’impegno instancabile – soprattutto di quanti occupano un ufficio di maggiore responsabilità – di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione», ha ribadito il Papa, che nel suo primo discorso in terra d’Africa ha attinto a piene mani alla storia travagliata del Mozambico. «Durante tutti questi anni, avete sperimentato che la ricerca della pace duratura – una missione che coinvolge tutti – richiede un lavoro duro, costante e senza sosta, poiché la pace è come un fiore fragile, che cerca di sbocciare tra le pietre della violenza», le parole di Francesco, che ha chiesto che «si continui ad affermare con determinazione ma senza fanatismo, con coraggio ma senza esaltazione, con tenacia ma in maniera intelligente: no alla violenza che distrugge, sì alla pace e alla riconciliazione».

«Senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione», il monito sulla scorta dell’Evangelii gaudium: «Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità». «La pace ha reso possibile lo sviluppo del Mozambico in diversi settori», ha ricordato il Papa, definendo «promettenti i progressi compiuti nell’istruzione e nella salute». «Vi incoraggio a portare avanti il lavoro di consolidamento delle strutture e delle istituzioni necessarie per far sì che nessuno si senta abbandonato, in particolare i vostri giovani, che costituiscono gran parte della popolazione», l’appello: «Essi sono non solo la speranza di questa terra, sono il presente che interpella, ricerca e ha bisogno di trovare strade dignitose che consentano loro di sviluppare tutti i loro talenti; sono un potenziale per seminare e far crescere la tanto desiderata amicizia sociale».

«Voi avete una coraggiosa e storica missione da compiere: non smettete di impegnarvi finché ci saranno bambini e adolescenti senza istruzione, famiglie senza casa, lavoratori senza occupazione, contadini senza terra… Queste sono le basi di un futuro di speranza, perché futuro di dignità! Queste sono le armi della pace». Ne è convinto il Papa, che ha parlato di «cultura di pace» come «un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta». Di qui la necessità di «favorire la cultura dell’incontro: riconoscere l’altro, stringere legami, gettare ponti». Un «percorso», questo, per svolgere il quale «è essenziale mantenere viva la memoria, quale via che apre al futuro, quale sentiero che conduce a cercare obiettivi comuni, valori condivisi, idee che favoriscano il superamento di interessi settoriali, corporativi o di parte, affinché le ricchezze della vostra Nazione siano messe al servizio di tutti, specialmente dei più poveri».

«La pace ci invita anche a curare la nostra casa comune», l’altro appello. Da questo punto di vista, la fotografia scattata dal Santo Padre, «il Mozambico è una nazione benedetta, e voi in modo speciale siete invitati a prendervi cura di questa benedizione». «La difesa della terra è anche la difesa della vita, che richiede speciale attenzione quando si constata una tendenza a saccheggiare e depredare, spinta da una bramosia di accumulare che, in genere, non è neppure coltivata da persone che abitano queste terre, né viene motivata dal bene comune del vostro popolo», il monito riferito indirettamente ai rischi che corre la foresta amazzonica. «Una cultura di pace implica uno sviluppo produttivo, sostenibile e inclusivo, in cui ogni mozambicano possa sentire che questo Paese è suo, e in cui possa stabilire rapporti di fraternità ed equità con il proprio vicino e con tutto ciò che lo circonda», la ricetta in controtendenza del Papa: «Voi tutti siete i costruttori dell’opera più bella che si possa compiere: un futuro di pace e riconciliazione quali garanzie del diritto dei vostri figli al futuro».

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