Vita Chiesa

Quando la vita ti mette a sedere

Ad un certo punto la vita mi ha messo a sedere» mi ha detto un giorno una mia amica guardandomi negli occhi dalla sua «cattedra», la sedia rotelle, con una espressione che mi metteva a disagio, ma che allo stesso tempo mi rivelava una profondità di sguardo sulla vita ed una sapienza evangelica assai rari… Ho ripensato spesso a questa frase e a quell’incontro, perché per me è stato come comprendere in un lampo il senso più profondo della storia di ciascuno di noi.Prima o poi viene per tutti il tempo dei bilanci e delle analisi, ed è frequente trovarsi a fare i conti con le proprie disillusioni, con i fallimenti, con le sconfitte, con le amarezze… La vita ci mette a sedere. Ed è una grazia. Se solo riuscissimo a comprendere davvero che questo è il senso della nostra vita, la ragione del nostro itinerario quotidiano. Gesù ce lo ha rivelato con chiarezza: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3).

Diventare come bambini: lo apprendiamo pian piano, attraverso quelle che noi troppo spesso subiamo come sconfitte e che invece sono le grandi occasioni che la nostra storia personale ci offre per crescere nello spirito evangelico, per penetrare un po’ di più nei confini di quella terra promessa dove non entrano se non i semplici, i puri di cuore, i miti e gli umili. Se solo potessimo lasciarci interpellare fino in fondo dagli eventi, senza difenderci dietro il vittimismo che ci è così congeniale, ma che è in realtà solo una via di fuga; scopriremmo prospettive nuove, vitali e coinvolgenti, che ci costruiscono interiormente e modellano la nostra più intima fisionomia di uomini e donne pienamente maturi, perché davvero spogliati di ogni presunzione e vanità, «perché chiunque diventerà piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18,4).

La vita ci ridimensiona, non per punirci o mortificarci, ma perché la nostra statura «adulta», quella pienamente compiuta come cristiani, è appunto quella dei bambini, dei «figli» di Dio. È questo il vero «carpe diem» che dobbiamo imparare declinare con convinzione e gioia: quello che ci impegna a cogliere ogni giorno l’occasione favorevole per crescere nell’umiltà e nella piccolezza.

In questa prospettiva vedo la stagione della vecchiaia come un ulteriore prova della infinita misericordia di Dio, dono prezioso di un tempo che ci libera dell’antica tentazione di autosufficienza e da ogni forma di orgoglio, per farci sperimentare la fecondità della debolezza, della dipendenza e della inefficienza, che ci consegna nelle mani degli altri come bambini appena nati, e ci rivela la nostra condizione di figli del Padre. Veramente «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio»!a cura delle Clarisse di San Casciano Val di Pesa