Vita Chiesa

Rosano, il «rifugio» del Papa

di Damiano Fedeli

Un messaggio breve ma affettuoso: «Conto ancora sulla vostra preghiera». Un piccolo segno tangibile che Benedetto XVI non ha dimenticato questo lembo di Paradiso in terra toscana, l’Abbazia delle monache benedettine della Santissima Annunziata a Rosano, diocesi di Fiesole. Qui Ratzinger, da cardinale, amava venire fino dalla metà degli anni Ottanta, per brevi periodi di ritiro spirituale e di preghiera. A un anno da quel 19 aprile quando fu eletto Papa, i rapporti fra Ratzinger e l’Abbazia dove è stato tante volte ospite si sono, forzatamente, interrotti. «Noi non lo vogliamo disturbare: sappiamo che ha tanti impegni e preghiamo costantemente per lui», racconta adesso con discrezione Madre Stefania, la Badessa.

Ma se non è potuto più venire qui in Toscana, il Papa, che proprio a San Benedetto si è voluto richiamare fin dal nome, non ha mancato di far arrivare il suo saluto a questa comunità, composta da una sessantina di monache. E lo ha fatto con una, umanissima, richiesta di continuare a pregare per lui. Non un messaggio scritto, ma poche, efficaci, parole trasmesse all’Abbazia di Rosano da alcune consorelle romane. Una richiesta sobria, in pieno stile benedettino, accolta qui con gioia e solerzia nell’impegno alla preghiera per il Papa, mai venuta meno fin da quel vespro di un anno fa, quando anche qui arrivò da piazza San Pietro il gioioso «Habemus Papam!». Fu allora che, come raccontarono allora le monache di questa comunità sull’Osservatore Romano, «Quando abbiamo conosciuto il nome di Colui che il Signore ci donava come Padre, un’intima e stupefatta felicità ci ha colmato la mente e il cuore».

«Qui abbiamo preparato dei paramenti per Papa Benedetto, come abbiamo fatto anche con i suoi predecessori», racconta adesso la madre Badessa. Fra questi, anche la casula indossata durante la Messa che diede avvio al pontificato di Ratzinger, il 24 aprile di un anno fa, ricamata con mani pazienti in fili color oro antico e usata in precedenza da Giovanni Paolo II, in occasione di una messa di canonizzazione.

Lo scorso anno, all’indomani dell’elezione al soglio di Pietro di Joseph Ratzinger, le benedettine di Rosano ricordavano su questo giornale le frequenti visite del futuro Papa all’Abbazia. «La prima volta – scrivevano allora – è stato nel 1985 in occasione della professione di una novizia. Prima di ripartire, nel congedarsi dalla mamma della neo-professa, l’aveva esortata a essere contenta perché sua figlia era in un posto sicuro dove si viveva con una serietà unica, coerenza e gioia la Regola di San Benedetto».

Le visite si erano fatte frequenti da quella volta. Il cardinale Ratzinger veniva, accompagnato da mons. Joseph Clemens, suo segretario – ora Vescovo e Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici – e dal fidato autista Alfredo. «Giungeva nel tardo pomeriggio del sabato e ripartiva la domenica pomeriggio. Verso sera amava fare una lunga passeggiata sul poggio o nei campi». Tornava a Rosano più volte, specialmente per la festa del Corpus Domini, quando l’Abbazia era gremita di gente e lui «avvinceva tutti con le sue profondissime omelie e con la cordiale semplicità con cui si intratteneva con ciascuno sul sagrato al termine della Messa. Godeva molto di portare il Santissimo Sacramento durante la processione che attraversa i chiostri e il giardino», ricordavano le monache.

Cinque anni fa, a giugno, Joseph Ratzinger venne a Rosano a festeggiare il cinquantesimo di sacerdozio. Lo accompagnava il fratello Georg, anch’egli sacerdote. A Rosano piaceva il fatto che quasi sempre durante le sue visite amasse incontrare tutta la comunità: «Con lui ci si sentiva subito a proprio agio, perché è sempre stato una persona molto semplice, cordiale, serena, umile, capace anche di una fine ironia e di un sincero umorismo». Le monache lo interrogavano sui problemi dei quali si occupava alla Congregazione per la Dottrina della fede. E lui rispondeva, dimostrando «grande forza, profonda chiarezza e soprattutto una capacità unica di cogliere il nucleo di ogni questione e di saperlo presentare in poche parole, concise e insieme esaurienti, con un’esposizione agile e fluente, tanto che i vari aspetti di ogni problema venivano compresi immediatamente e chiaramente sia dalle persone di alta cultura sia da quelle più semplici». Soprattutto, scrivevano un anno fa da Rosano a Toscanaoggi, «non drammatizzava mai, ma sapeva affrontare ogni difficoltà con la forza, la coerenza, la fiducia e la speranza che vengono dalla fede e dalla preghiera». E concludevano, festose, le monache: «Per questo rendiamo grazie a Dio per il dono di questo nuovo Papa, Benedetto di nome e di fatto!».