Vita Chiesa

SANTA SEDE: PUBBLICATE LE «NORME» PER LE «APPARIZIONI E RIVELAZIONI»

«Aiutare l’impegno dei Pastori della Chiesa cattolica nell’esigente compito di discernimento delle presunte apparizioni e rivelazioni, messaggi e locuzioni o, più in generale, fenomeni straordinari o di presunta origine soprannaturale». Questo – spiega il card. William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella prefazione – l’obiettivo principale delle «Norme per procedere nel discernimento di presunta apparizioni e rivelazioni», pubblicate oggi dal citato dicastero pontificio. Il documento, preparato oltre trent’anni fa dalla stessa Congregazione, approvato da Paolo VI il 24 febbraio 1978 e poi emanato dal dicastero il giorno seguente, era stato inviato ai vescovi ed è rimasto finora riservato, ma visto che oggi «i principali contenuti» di esso «sono di pubblico dominio», la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto «opportuno» pubblicarlo, in sei lingue. «La attualità della problematica di esperienze legate ai fenomeni soprannaturali nella vita e nella missione della Chiesa – ricorda il card. Levada – è stata rilevata anche recentemente» dal Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, nell’ottobre 2008. «Preoccupazione», questa, raccolta dal Papa nella «Verbum Domini», che per la Congregazione è da accogliere «come invito a dare conveniente attenzione a quei fenomeni soprannaturali, cui si rivolge anche la presente pubblicazione». «Il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall’unica rivelazione pubblica», che «esige la nostra fede», ammonisce Benedetto XVI nella «Verbum domini». Secondo il Papa, infatti, «il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da Lui, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso». La rivelazione privata, cioè, «è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica»: è «un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso». «L’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata – spiega il Santo Padre nel documento, punto di riferimento delle «Norme» pubblicate oggi – indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione». «Una rivelazione privata può introdurre nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche», scrive il Papa nel testo citato, «può avere un certo carattere profetico e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo si deve trascurare». «Giudicare del fatto secondo criteri positivi e negativi» e, se è il caso, «permettere alcune manifestazioni pubbliche di culto o di devozione, proseguendo nel vigilare su di esse con grande prudenza». Questa la procedura, consigliata nella Nota preliminare alle «Norme» in caso di presunte apparizioni e rivelazioni. Tra i «criteri positivi», il documento elenca la «certezza morale, o almeno grande probabilità del l’esistenza del fatto, acquisita per mezzo di una seria indagine», le «qualità personali del soggetto o dei soggetti» – tra cui «l’equilibrio psichico, l’onestà e la rettitudine della vita morale, la sincerità e la docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica», la presenza nella rivelazione di una «dottrina teologica e spirituale vera ed esente da errore», la «sana devozione». Tra i «criteri negativi», figurano l’»errore manifesto circa il fatto», gli «errori dottrinali attribuiti a Dio stesso, o alla Beata Vergine Maria, o a qualche santo nelle loro manifestazioni», una «ricerca evidente di lucro collegata strettamente al fatto», la presenza di «atti gravemente immorali compiuti nel momento o in occasione del fatto dal soggetto o dai suoi seguaci» e l’esistenza di «malattie psichiche o tendenze psicopatiche nel soggetto, che con certezza abbiano esercitato una influenza sul presunto fatto soprannaturale, oppure psicosi, isteria collettiva». Il compito di «vigilare e intervenire» – si legge nelle «Norme» – spetta innanzitutto all’Ordinario del luogo. La Sede Apostolica «può intervenire, sia su domanda dell’Ordinario stesso, sia di un gruppo qualificato di fedeli, sia anche direttamente in ragione della giurisdizione universale del Sommo Pontefice». «Se nascono in modo quasi spontaneo tra i fedeli un culto o una qualche devozione – è l’indicazione della Santa Sede – l’autorità ecclesiastica competente ha il grave dovere di informarsi con tempestività e di procedere con cura ad un’indagine». Essa, inoltre, «può intervenire in base a una legittima richiesta dei fedeli per autorizzare e promuovere alcune forme di culto o di devozione», prestando però «attenzione a che i fedeli non ritengano questo modo di agire come un’approvazione del carattere soprannaturale del fatto da parte della Chiesa». In presenza poi di «circostanze gravi», per esempio «per correggere o prevenire abusi, per condannare dottrine erronee, per evitare pericoli di un misticismo falso o sconveniente», l’autorità competente può – anzi «deve» – intervenire «motu proprio». Nei casi «dubbi», infine, che «non presentano alcun rischio per il bene della Chiesa», l’Autorità ecclesiastica competente «si asterrà da ogni giudizio e da ogni azione diretta», senza però cessare di «essere vigile per intervenire, se necessario, con celerità e prudenza». (Sir)