Vita Chiesa

Scuola: card. Bassetti, «è sacra». No a «visione aziendalistica o burocratica»

La scuola è «uno dei centri propulsori della nostra società». Ed è «sacra». Per questo «la sua funzione non può essere ridotta ad una visione aziendalistica, tutta basata sull’efficienza, sui risultati raggiunti e sugli studenti considerati alla stregua dei clienti» né «ad una visione burocratica, in cui le procedure soffocano la libertà e la capacità delle singole persone». Lo ha sottolineato il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, aprendo questo pomeriggio, all’Hotel Midas di Roma, i lavori del Convegno nazionale dei responsabili diocesani e regionali della pastorale della scuola e dell’Irc sul tema «Non abbiate paura di sognare cose grandi. La Chiesa per la scuola, guardando al Sinodo 2018».

Secondo il presidente della Cei, «la scuola è sacra» perché «ha il compito di trasmettere la cultura e il sapere di una comunità, di una nazione, di una civiltà di generazione in generazione», perché «vive in strettissimo rapporto con le famiglie, stipulando con loro un’alleanza educativa» ed infine «perché mette al centro della sua azione la dignità della persona umana: dello studente, del professore e di tutti gli operatori scolastici, partendo sempre dal più debole: ovvero il povero, il disabile, il forestiero, il precario, il pendolare».

Non a caso, il card. Bassetti, nel suo intervento ha voluto ricordare la scuola di Amatrice, «un luogo profondamente ferito e colpito al cuore, che ho avuto occasione di visitare, e che, nonostante le difficoltà e le sofferenze, riesce a testimoniare che la vita è più forte di tutto».

«Una società che non riconosce una elevata dignità sociale all’educatore è una società estremamente autolesionista e con scarse risorse di umanità». In definitiva, «una società che non ha futuro», ha proseguito il Presidente dei vescovi italiani che ha voluto rivolgere agli insegnanti il suo «vigoroso messaggio d’incoraggiamento». «Non saranno le tecnologie, né le riforme di sistema, né le nuove metodologie a salvare la scuola. La scuola sarà salvata soltanto da insegnanti motivati e consapevoli del loro ruolo di educatori, al servizio degli alunni più che delle loro materie», ha scandito il presidente della Cei, aprendo questo pomeriggio, a Roma, i lavori del Convegno nazionale dei responsabili diocesani e regionali della pastorale della scuola e dell’Irc.

Aprendo i lavori del Convegno nazionale, in programma a Roma fino a mercoledì, il card. Bassetti ha invitato «a ripensare la scuola» che resta «la più grande agenzia educativa del mondo contemporaneo e dunque non può essere pensata distrattamente». Al contrario, «merita di avere la massima attenzione da parte di tutti: non solo per denunciare ogni volta ciò che non funziona, ma per iniziare a costruire il futuro». «La scuola quindi deve essere pensata e ripensata nel suo essere un sistema complesso e dilatato sull’intero Paese», ha sottolineato il presidente della Cei per il quale «non dobbiamo farci dettare l’agenda dal piccolo cabotaggio degli interventi occasionali, degli interessi corporativi, dei ritocchi spacciati per riforme epocali». «La scuola – ha concluso – vale in quanto scuola, in quanto luogo educativo per eccellenza, in quanto bene comune per tutta la società».

«Il mestiere dell’insegnante è indubbiamente faticoso e talvolta capita di non trovare la soddisfazione desiderata», ha ammesso il card. Bassetti per il quale tuttavia «quello dell’insegnante, come di ogni educatore, rimane uno dei lavori più belli del mondo» perché «a contatto con giovani studenti che necessitano di un aiuto, non tanto per imparare una nuova nozione, ma per costruire la propria vita». Anche se con «il mutare dei tempi, entrano in crisi e cambiano i modelli di scuola, il rapporto tra allievo e maestro non può essere eliminato: è assolutamente centrale», ha evidenziato il presidente della Cei che ai genitori ha chiesto di «avere fiducia». Oggi, ha osservato, «si è insinuata una cultura del sospetto anche nella scuola; tanti episodi indubbiamente lo giustificano», ma «nonostante ciò, la scuola rimane sempre un luogo di accoglienza e di crescita insieme, una comunità in cui tutti devono potersi confrontare con franchezza e con fiducia reciproca».

L’insegnamento della religione cattolica è considerato non di rado «una disciplina diversa, debole, spesso oggetto di polemiche pretestuose o strumentali». Il presidente dei vescovi ha puntato i riflettori sulle difficoltà degli insegnanti di religione, incoraggiandoli a «continuare su questa strada, senza paura, con coraggio e senza sentirsi docenti marginali ma al contrario sentirsi orgogliosi per il prezioso servizio che svolgono alla società e alla scuola». «La forza degli insegnanti di religione sta nella relazione umana che essi instaurano con i loro alunni. Molte ricerche ci dicono che gli insegnanti di religione sono in larga maggioranza soddisfatti del loro lavoro, hanno buoni rapporti con il mondo della scuola e sono generalmente molto apprezzati dai loro alunni», ha affermato il presidente della Cei, intervenendo al Convegno nazionale dei responsabili diocesani e regionali della pastorale della scuola e dell’Irc. Proprio ai direttori degli uffici diocesani ha chiesto di «costituire con questi insegnanti una vera comunità, basata sulla reciproca stima e fiducia».

Un ulteriore appello il card. Bassetti lo ha lanciato ai «cittadini della scuola», cioè a tutti gli operatori scolastici, a «far nascere dal basso una nuova primavera della scuola che può sorgere attorno a tre concetti: libertà di pensiero, libertà educativa, valorizzazione dei talenti».

«Gli episodi di bullismo, nei confronti sia degli studenti che dei docenti, delineano un orizzonte cupo non solo della scuola ma della società occidentale», ha affermato ancora il card. Gualtiero Bassetti, per il quale siamo di fronte ad «un’avanzata inesorabile di uno stile di vita nichilista che appiattisce tutto e toglie di significato ad ogni realtà sociale». Ecco perché, ha scandito, è necessario «dare una risposta alta a questa deriva sociale e culturale, dando un senso alla vita che svolgiamo e alle istituzioni che viviamo».