Vita Chiesa

Un anno fa moriva don Corso Guicciardini, la Madonnina del Grappa lo ricorda così

Il prossimo 5 novembre sarà un anno esatto da quando don Corso Guicciardini, storico presidente dell’Opera Madonnina del Grappa, ci ha lasciati congedandosi da questa vita durante i mesi in cui il Covid imperversava sulle nostre esistenze. Ci ha lasciati in silenzio, nel letto dell’Ospedale, sorretto da un sereno abbandono alla volontà di Dio cui ha affidato tutta la famiglia dell’Opera per il proseguo del suo cammino.Nel 1958, alla morte del fondatore don Giulio Facibeni, egli raccolse l’eredità che questi consegnò nelle sue mani, investendolo della missione di condurre l’Opera conservandola fedele al suo mandato e al suo carisma. Don Corso, in spirito di obbedienza e sospinto da un autentico amore per l’Opera, fece sua questa volontà del «padre» Facibeni, le cui parole rimasero sempre vive nel suo cuore: «Assumi il governo con fermezza: quella fermezza che deriva dall’assoluto abbandono in Dio». E ancora: «Assumilo con grande carità: non mi sono mai pentito d’avere atteso pazientemente e di aver perdonato anche più volte». Infine: «Ricorda sempre che l’Opera è per i più miseri, più deboli, più infelici».Queste parole, particolarmente, hanno davvero rappresentato il riferimento costante dell’apostolato di don Corso in mezzo all’Opera. Egli fu sempre uomo dedito al servizio, lui che proveniva da una delle più nobili e prestigiose famiglie fiorentine, lui che era cresciuto in un ambiente dove si era serviti da altri e che avrebbe potuto condurlo a una vita adulta di agii e ricchezze. Per un misterioso disegno della Divina Provvidenza egli scelse altre vie, che intraprese non solo per il dono della sua fede ma anche per l’esempio e l’insegnamento di illustri e santi maestri, che ebbe l’occasione di frequentare nella sua giovane età. Giganti di fede e umanità, quali Giorgio La Pira, don Lorenzo Milani e, appunto, il padre don Facibeni.Da quegli incontri nacque il progetto di una vita nuova, centrata su quello che ora, al giovane conte Guicciardini, appariva come realmente essenziale. Come in altre occasioni ebbe modo di raccontare, per lui era chiaro di essersi fatto prete perché c’era la povertà. La sua fede, oltre a essere profondamente mistica era anche concretamente incarnata nell’umanità.Per tutte queste ragioni, dal lontano 1958 fino alla sua morte, egli raccolse con gioia quelle tre parole. Il suo governo è stato fermo, della fermezza di un padre, di colui che attinge la sua certezza dal sereno abbandono alla volontà di Dio. La sua fermezza, lungi dall’essere rigidità umana, fu solo e sempre riflesso di una fede incrollabile, che si nutriva di lunghe ore quotidiane di preghiera, che si alimentava di una contemplazione incessante del Mistero, nel quale si addentrava fino ai vertici nei quali era difficile per gli altri seguirlo.Allo stesso modo, come desiderato da don Facibeni, egli è stato sempre pastore della carità, verso tutti e sempre. Perdono, pazienza, ascolto, umiltà: tutte queste cose trapelavano concrete dai suoi modi silenziosi e discreti, sempre attenti a non ferire, piuttosto inclini a sopportare e accogliere e respingenti ogni forma di giudizio o critica sterile. Verità sì, ma sempre nella carità!Infine egli è stato servo dei poveri, uomo della carità. Sotto la sua guida, che spiritualmente continua ancora oggi, l’Opera è rimasta fedele al suo mandato originario e ha continuato ogni giorno, pur tra limiti e contingenze varie, a scegliere di essere solo per i più miseri e infelici, così come volle don Facibeni. Una casa per tutti costoro, senza alcuna distinzione o scarto, dove don Corso è stato sempre padre accogliente pronto ad abbracciare.Ecco perché il vuoto lasciato dalla sua morte è grande. Ma l’Opera desidera esprimere la sua consapevolezza di avere sempre accanto a sé la sua guida. Ciò sarà l’anima che caratterizzerà la giornata del 5 novembre dedicata dall’Opera alla celebrazione di questa memoria.Lo farà affidandosi, soprattutto, alla preghiera attraverso la celebrazione della Messa in suffragio che avrà luogo alle 18 presso la basilica di San Lorenzo. A presiederla sarà mons. Franco Agostinelli, vescovo emerito di Prato, amico dell’Opera e vicino allo spirito della sua missione. A seguire, sempre all’interno della basilica, avrà luogo un evento di parole e musica, un «racconto musicale». Interverranno il coro della cappella musicale della basilica di San Lorenzo e voci recitanti del gruppo teatrale della Compagnia delle Seggiole.Prenderà forma così un viaggio simbolico attraverso la vita ed il cammino di fede di questo testimone del Vangelo, nel quale le parole, ferme e concrete, saranno immagine della solidità del suo esempio; la musica, con il suo contributo contemplativo ed emozionale, riflesso di quell’orizzonte altro cui egli ha insegnato a guardare.I sacerdoti dell’Opera Madonnina del Grappa