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Abbonamenti, lettera all’ad di Poste: «Abbiamo bisogno di un servizio che funzioni»

Dico subito il motivo e più avanti proverò anche a chiedere che qualcuno, se non lo stesso ad, ci dia delle risposte. Siamo partiti da qualche settimana con la nuova campagna abbonamenti e proprio in questo periodo sono aumentate le mail e le telefonate di protesta dei nostri abbonati perché il settimanale non arriva o arriva con sette/dieci giorni di ritardo – «Perché dovrei pagare un abbonamento e non avere un servizio?» ci viene chiesto -. La colpa non è nostra e tutti ne sono consapevoli ma di chi dovrebbe garantire questo servizio, come faceva in passato. Perché Poste italiane sono un servizio pubblico. O almeno così ci viene descritto.

E invece no, è un’affermazione non vera. Un servizio pubblico è quello che mi viene garantito e non c’è solo quando qualcuno (il postino?) se ne ricorda o dopo le proteste, reiterate, di chi su quel servizio ci vive.

Già, perché noi, come tutti i quotidiani, i settimanali e le riviste in genere, sui nostri abbonati ci dobbiamo poter contare. Sono loro – insieme alla pubblicità, qualche abbonamento on line e alle copie distribuite nelle chiese toscane – che ci consentono di andare avanti e portare la nostra voce nelle case dei toscani, per quel che ci riguarda, ma più in generale dei cittadini. Ecco perché questa volta lo denunciamo pubblicamente e scriviamo al dottor Del Fante, come qualche nostro abbonato ci aveva suggerito di fare. Speriamo che qualcuno risponda. Da tempo Poste italiane fa tutto meno che il servizio per cui è nata. Ci dicono: ma le lettere nessuno le manda più, neppure le raccomandate. In parte è vero, però esiste ancora una grande fetta di italiani che non ha una preparazione informatica, che non sa o non può usare i computer – un 30/40 per cento del territorio non è coperto ancora dalla così detta fibra o comunque rete veloce -. Non solo: con buona pace dei sondaggi che qualcuno prova a venderci per buoni, ancora molti cittadini amano leggere il loro giornale sulla carta e non su uno schermo. Una volta l’ufficio postale nel piccolo paesino di montagna svolgeva la funzione fondamentale di collegamento con il mondo. Ora ciò è possibile, spesso, solo una o due volte la settimana. Un po’ come il postino che passa al massimo due giorni nella stessa strada, in città come nei paesi. E se quei due giorni sono il lunedì e il mercoledì si spiega perché i nostri abbonati, quando va bene, ricevono Toscana Oggi il primo giorno della settimana dopo l’uscita. Per non parlare dei quotidiani: ormai l’abbonamento per averlo ogni giorno alla porta di casa non lo fa più nessuno, oppure lo si fa solo per ritirarlo all’edicola o leggerlo appunto nel computer.

Noi non vogliamo arrenderci e a chi ha responsabilità politiche, come a chi ne ha nel rapporto con i clienti in Poste Italiane, torniamo a dire con forza che per far vivere la carta stampata c’è bisogno anche di questo servizio. Come per tanti altri ce ne accorgiamo solo quando non c’è più.

Come sarebbe bello che i nostri lettori, ma ancor di più tutti coloro che sono abbonati a una rivista o a un giornale cartaceo, spendessero un minuto e il costo di un francobollo per spedire non una mail ma una lettera o anche solo una cartolina alle Poste. Qualcuno mi dirà che così faremmo un piacere alle loro casse. È vero, ma forse riusciremmo a dimostrare anche la voglia di avere quanto ci spetta da un servizio pubblico che non è solo l’apertura di un conto corrente o la stipula di un’assicurazione di Poste italiane. Il servizio pubblico è ciò che deve essere garantito. Poi non si piangano lacrime di coccodrillo, non si dica che i giornali chiudono. Tra i motivi, forse non il principale ma certamente uno dei più importanti, c’è anche la mancata consegna degli stessi ai nostri abbonati.